Costituzionalità dell’obbligo di autorizzazione all’arbitrato

11 Maggio 2016

La Corte costituzionale ha ribadito la conformità a Costituzione della legge n. 190 del 2012 nella parte in cui, stabilendo che gli arbitrati nella fase di esecuzione dei contratti pubblici sono ammissibili se previamente autorizzati dall'amministrazione, ha sancito l'applicazione di tale divieto anche agli arbitrati conferiti dopo l'entrata in vigore della legge sulla base di clausole compromissarie antecedenti.

La questione esaminata dalla Corte costituzionale ha riguardato l'ammissibilità dell'arbitrato nel settore dei contratti pubblici. L'art. 1, comma 19, l. n. 190 del 2012 aveva modificato l'art. 241 d.lgs. n. 163 del 2006, prevedendo che: «le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario previsto dall'articolo 240, possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da parte dell'organo di governo dell'amministrazione. L'inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell'avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell'invito, o il ricorso all'arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli».

Il comma 25 della stessa legge aveva previsto che detta norma non si applica agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

Il dubbio di costituzionalità, prospettato da un collegio arbitrale in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 41, 108 e 111 Cost., ha riguardato gli arbitrati che sono stati «conferiti» dopo l'entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, sulla base di clausole compromissorie pattuite anteriormente.

La Corte, con la decisione sopra indicata, ha ribadito la legittimità di tale norma in quanto lo ius superveniens, consistente nel divieto di deferire le controversie ad arbitri senza una preventiva e motivata autorizzazione, non ha l'effetto di rendere nulle in via retroattiva le clausole compromissorie originariamente inserite nei contratti, bensì quello di sancirne l'inefficacia per il futuro, in applicazione del principio, espresso dalla costante giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la nullità di un contratto o di una sua singola clausola, prevista da una norma limitativa dell'autonomia contrattuale che sopravvenga nel corso di esecuzione di un rapporto, incide sul rapporto medesimo, non consentendo la produzione di ulteriori effetti, sicché il contratto o la sua singola clausola si devono ritenere non più operanti (in questo senso anche Corte Cost. 13 maggio 2015, n. 108).

Nell'ordinanza la Corte ha puntualizzato che si sottrae alle censure di costituzionalità anche la mancata equiparazione all'autorizzazione espressa dell'assenso tacito, in quanto solo la espressa preventiva autorizzazione motivata è in grado di assicurare – a differenza dell'assenso tacito – che la scelta dell'amministrazione di deferire ad arbitri le controversie relative ai contratti pubblici sia il risultato della ponderata valutazione degli interessi coinvolti e delle circostanze del caso concreto.

Si segnala che il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ha abrogato, con decorrenza indicata nell'art. 216, le norme, sopra riportate, della l. n. 190 del 2012. La disciplina dell'arbitrato è ora contenuta nell'art. 209 dello stesso decreto.

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