Il controllo a campione sul possesso dei requisiti si applica anche alle imprese di minori dimensioni

Marco Calaresu
12 Gennaio 2017

Il favor legislativo di cui beneficiano, ai sensi dello Statuto delle Imprese (d.lgs. n. 180 del 2011) le micro, piccole e medie imprese in relazione agli oneri dichiarativi da rendere in sede di partecipazione alle gare pubbliche, non si estende all'esclusione dell'applicazione, per le stesse, del meccanismo della verifica a campione (ai sensi dell'art. 48, comma 1, del previgente Codice dei contratti pubblici). Al riguardo, si segnala che l'innovazione principale recata dal nuovo Codice dei contratti pubblici in tema di verifica dei requisiti di partecipazione alle gare, è rappresentata dalla mancata riproposizione del meccanismo di verifica a campione. Il d.lgs. n. 50 del 2016, infatti, pur rimettendo alla valutazione discrezionale della stazione appaltante la possibilità di chiedere agli offerenti e ai candidati, in qualsiasi momento nel corso della procedura, di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi, qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura, non ripropone un meccanismo obbligatorio di controllo a campione.

Il Consiglio di Stato dichiara infondato il motivo con il quale l'appellante incidentale ha contestato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha omesso di considerare che l'istituto della verifica a campione non potrebbe trovare applicazione nei confronti delle imprese di minori dimensioni (quale, per l'appunto, l'appellante incidentale), le quali godono di una sorta di statuto privilegiato in materia di oneri dichiarativi nei confronti delle amministrazioni pubbliche, applicabile, per espressa previsione del legislatore, anche agli oneri relativi alla partecipazione alle pubbliche gare (ai sensi di quanto previsto dal d.lgs. n. 180 del 2011 - c.d. “Statuto delle Imprese”). Osserva preliminarmente il Collegio che il divieto per le amministrazioni pubbliche di richiedere documentazione già in possesso di altre amministrazioni non rappresenta una peculiarità dello Statuto delle Imprese (art. 13, comma 3), ma una mera riconferma del principio già sancito – e con valenza generale – dall'art. 18 della l. n. 241 del 1990. Inoltre, il peculiare regime di cui all'art. 48, comma 1, del previgente Codice dei contratti pubblici esprimeva un adeguato punto di bilanciamento fra (da un lato) l'esigenza di rafforzare il ricorso al meccanismo dell'autocertificazione e (dall'altro) quella di responsabilizzare le imprese partecipanti e di accelerare la tempistica delle pubbliche gare, onerando in primis della produzione documentale lo stesso soggetto dichiarante.

Alla luce di tale inquadramento la sentenza in commento rigetta la prospettazione dell'appellante incidentale secondo cui lo stesso non avrebbe potuto essere escluso in virtù della previsione, contenuta all'art. 13, comma 4, dello Statuto delle Imprese, secondo cui la pubblica amministrazione e le autorità competenti, nel caso di micro, piccole e medie imprese, chiedono solo all'impresa aggiudicataria la documentazione probatoria dei requisiti di idoneità previsti dal previgente Codice dei contratti pubblici. Precisa al riguardo il Consiglio di Stato che la richiamata previsione può, al più, derogare alla verifica dei requisiti, ex officio, di cui all'art. 48, comma 2, del previgente Codice dei contratti pubblici (verifica che, a termini di legge, deve essere effettuata nei confronti dell'aggiudicatario e del concorrente che lo segue in graduatoria). Al contrario, non emergono ragioni sistematiche per ritenere che il richiamato comma 4 dell'art. 13 possa, altresì, operare una deroga alle previsioni in tema di c.d. controllo a campione, attese le finalità di interesse generale cui risponde tale istituto (il quale, secondo un consolidato orientamento, mira a garantire la verifica dell'affidabilità e della veridicità delle dichiarazioni rese entro un tempo ragionevole, al fine di non rallentare ulteriormente la procedura di gara).

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