Tempestività delle riserve: onere di iscrizione al momento dell’insorgenza e percezione del fatto dannoso.

12 Aprile 2016

In tema di appalto di lavori pubblici, nelle ipotesi in cui l'Appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, la riserva deve essere prontamente iscritta negli atti di contabilità.
Massima

In tema di appalto di lavori pubblici, nelle ipotesi in cui l'Appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, la riserva deve essere prontamente iscritta negli atti di contabilità. Così, nel caso di inadempimento istantaneo dell'Amministrazione Appaltante che, non attuando tempestivamente le necessarie procedure espropriative, ha posto con ritardo i suoli a disposizione dell'Appaltatore, deve considerarsi tardiva la riserva formulata solo nello stato di avanzamento dei lavori successivo (non il primo dal verificarsi del danno).

Il caso

La fattispecie giunta all'esame della Corte di Cassazione trae origine dal mancato accesso dell'Appaltatore ai fondi messi a disposizione per l'esecuzione dei lavori oggetto d'appalto, in ragione dell'impossibilità di usufruire di parte delle aree interessate dalla realizzazione dell'opera, rese indisponibili dal mancato compimento dei necessari atti espropriativi da parte dell'Ente Pubblico Committente.

In particolare, l'Impresa poteva entrare in possesso di tali aree solamente dopo cinque mesi dalla consegna dei lavori, con conseguenti ingenti danni patiti. Tuttavia l'Appaltatore – pur essendosi già verificato il descritto impedimento – provvedeva a sottoscrivere il primo Stato di Avanzamento Lavori (SAL) senza apporre alcuna riserva. Della descritta circostanza ostativa alla realizzazione dell'opera secondo quanto programmato, l'Appaltatore dava conto solamente alla sottoscrizione del secondo SAL, momento in cui venivano richiesti maggiori oneri derivanti proprio dalla mancata messa a disposizione di tutte le aree da parte del Committente. Tale riserva veniva, poi, confermata nel successivo Stato Finale dei Lavori.

La questione

La questione giuridica sottesa alla decisione della Suprema Corte concerne l'importante tema della tempestività dell'iscrizione delle riserve, ovvero dello strumento messo a disposizione dal Legislatore all'Appaltatore per formulare negli atti di contabilità le richieste conseguenti ai maggiori oneri subiti.

Riprendendo una delle questioni maggiormente d'interesse, non fosse altro per la diffusione del fenomeno, caratterizzante la maggioranza delle commesse pubbliche, la Cassazione è approdata a quello che oramai può considerarsi un porto sicuro, ovvero l'affermazione del principio dell'onere di immediata iscrizione delle riserve nel primo documento contabile atto a riceverle, successivo all'insorgenza del fatto che integra la fonte delle vantate ragioni.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in oggetto, nell'affrontare un tema particolarmente delicato, quale quello del tempo delle riserve, si propone di offrire una breve ma significativa ricognizione di quello che è lo strumento offerto dall'ordinamento all'Appaltatore per far valere nel corso dei lavori le proprie richieste nei confronti del Committente.

Così, trattando l'argomento, la Suprema Corte ricorda come in base al combinato disposto degli artt. 53, 54 e 64, r.D. n. 350 del 1895 ratione temporis applicabile (oggi art. 190, d.P.R. 207 del 2010) le controversie che si concretino in pretese dell'Appaltatore nei confronti dell'Amministrazione debbano farsi valere mediante il meccanismo dell'iscrizione di riserve sui documenti contabili dell'appalto. Ciò, specifica bene il Collegio, non solo quando oggetto di contestazione sia la contabilizzazione di quanto eseguito ad opera del Direttore dei Lavori, ovvero quando vengano fatte valere questioni di natura tecnica e/o giuridica relativa alla quantità e qualità di quanto eseguito, bensì anche per tutte quelle contestazioni relative a pregiudizi e costi aggiuntivi che l'Appaltatore si sia trovato a subire.

Pertanto, lasciando fuori da tale sistema le pretese concernenti la sorte del contratto, l'onere di sottoscrizione con riserva – con esplicitazione del contenuto entro i 15 giorni successivi – investe ogni richiesta dell'Appaltatore che si concreti in una pretesa di maggiori compensi, rimborsi o indennizzi, in aggiunta a quanto contabilizzato.

Tale procedimento, rammentano i giudici di legittimità, «assolve alla funzione di consentire la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e perciò suscettibili di aggravare il compenso complessivo». Particolarmente significativo questo passaggio, in quanto viene espressamente riconosciuta come ratio dell'istituto la possibilità per l'Amministrazione di effettuare un costante monitoraggio, non solo dell'andamento dei lavori, ma anche degli ulteriori costi cui può andare incontro.

Entrando in medias res e occupandosi di fatti che determinano l'insorgenza immediata di un pregiudizio in danno dell'esecutore dei lavori, la sentenza, proprio richiamando l'esplicata ratio del sistema, afferma che «la registrazione dello stato di avanzamento dei lavori determina il limite temporale massimo insuperabile per la formulazione di riserve».

Dunque, allorché si verifichi una circostanza dalla quale scaturisca un pregiudizio in danno all'Appaltatore, del quale abbia immediata percezione, questo dovrà provvedere all'iscrizione della riserva nel primo atto d'appalto utile a riceverla, pena la decadenza dalla possibilità di far valere tale contestazione. A tale iscrizione, nonché esplicazione della pretesa, dovrà necessariamente seguire la reiterazione in tutti i SAL successivi, sino al Conto Finale.

Osservazioni

La soluzione offerta dai giudici di legittimità al caso di specie, evidentemente, non presenta spunti innovativi, e diversamente non potrebbe essere, stante il dettato normativo di riferimento. L'aspetto significativo deve cogliersi nell'aver ulteriormente sottolineato come l'onere di tempestiva iscrizione delle riserve non si attagli esclusivamente a questioni attinenti la contabilizzazione dell'eseguito, bensì a tutte quelle richieste dell'Appaltatore sorte nel periodo antecedente all'emissione del SAL, ovvero al periodo da questo preso in considerazione ai fini della contabilizzazione delle opere realizzate.

Sebbene la soluzione possa apparire scontata, con tale pronuncia la Cassazione conferma ulteriormente come non sfuggano all'istituto de quo, quei fatti che possano considerarsi sempre accertabili e controllabili, per i quali si vorrebbe ritenere che la relativa domanda possa essere fatta valere anche in un momento successivo rispetto all'emissione del SAL.

Diversamente opinando, ritiene la Suprema Corte, verrebbe meno la ratio dell'istituto, ovvero il continuo controllo su tutti i fattori incidenti sulla spesa dell'opera da parte dell'Amministrazione Appaltante.

Inoltre, la finalità cui è sotteso il sistema delle riserve costituisce il presupposto dell'obiter dictum con cui il Collegio afferma che l'onere di tempestiva iscrizione valga anche con riferimento ai c.d. “fatti continuativi”, ovvero quelli che durano nel tempo o la cui causa si ripete continuamente.

Tuttavia, seppure condivisibile – e condiviso dalla più autorevole dottrina e giurisprudenza – ancorché in astratto può dirsi che le regole siano le stesse, nelle fattispecie concrete può determinarsi una scissione temporale tra il venire in essere del fatto e la percezione dannosa (rectius onerosa) dell'Appaltatore, con conseguente possibilità di traslare in avanti il termine di tempestività dell'iscrizione.

Ed allora, sebbene dalla sentenza in commento possa evincersi che tra tempestività e decadenza tertium non datur, appare opportuno replicare che, allorquando le conseguenze dei fatti dannosi c.d. “continuativi” non offrano possibilità di immediata percezione, ovvero inizialmente appaiano lievi o trascurabili, l'onere di iscrizione della relativa riserva non potrà che venire in essere quando si renda palese all'Appaltatore la rilevanza causale del fatto dannoso.

Dunque, sono i canoni di buona fede e correttezza, in uno con l'onere di diligenza dovuto dall'esecutore della prestazione – ossia l'Appaltatore – a spostare in avanti il confine, varcato il quale, l'iscrizione della riserva debba dirsi tardiva, e, pertanto, determinare la decadenza di quanto con essa richiesto.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala A. Cianflone-G. Giovannini, L'appalto di opere pubbliche, XII edizione, Giuffrè.

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