La mancata approvazione degli atti di gara richiede un’attenta e puntuale motivazione da parte della stazione appaltante

Nicola Posteraro
12 Luglio 2016

La non approvazione degli atti di gara deve essere assistita da un'attenta e puntuale motivazione in quanto, determinando l'arresto della procedura di affidamento, si rivela fortemente incisivo dell'affidamento di quei concorrenti potenziali beneficiari di un esito favorevole del confronto competitivo.

Nel corso di un procedimento per l'affidamento di lavori di realizzazione di un centro di raccolta, all'esito della fase di ammissione, la commissione escludeva un operatore, non rivenendo nella sua busta dell'offerta economica, uno tra gli allegati richiesti dal bando.

Successivamente alla presentazione di un'istanza di riesame da parte della società, la stazione appaltante, dopo aver rilevato che la documentazione in un primo momento ritenuta mancante, invece era presente, decideva «nell'esclusivo interesse» dell'Amministrazione di:
1) non approvare, ai sensi dell'art. 12, comma 1, del d.lgs. 163 del 2006, i verbali di gara in oggetto;
2) annullare d'ufficio, in autotutela, l'aggiudicazione provvisoria dell'appalto alla società prima classificata;
3) riapprovare la procedura di aggiudicazione pubblicando un nuovo bando di gara.

La società designata come aggiudicataria provvisoria proponeva ricorso contestando la mancata approvazione della gara, l'annullamento dell'aggiudicazione provvisoria e il nuovo bando.

Il Collegio, in primo luogo, precisa che il potere di non approvazione degli atti di gara non rientra, a rigore, nel genus dell'autotutela: si tratta, infatti, di potere che dà origine ad atti non conclusivi di sequenze procedimentali in senso proprio; per tali motivi, esso, non è assistito dai limiti di esercizio propri della funzione generale di riesame.

Tuttavia, evidenzia il TAR, non vi è dubbio che l'esercizio del suddetto potere impone un'attenta e puntuale motivazione, da parte della P.A. che lo esercita; e ciò in quanto si tratta pur sempre dell'attivazione di un controllo formale e sostanziale, il cui eventuale esito negativo si rivela fortemente incisivo dell'affidamento di quei concorrenti potenziali beneficiari di un esito favorevole del confronto.

Al contrario, nel caso di specie, «non vi è stata alcuna motivazione che possa in qualche modo adeguatamente giustificare la mancata approvazione degli atti di gara e nemmeno l'annullamento dell'aggiudicazione provvisoria», riscontrando peraltro nella determinazione della stazione appaltante, «una disarmonia, dal momento che la mancata approvazione non avrebbe che potuto includere anche l'ultimo atto endoprocedimentale di competenza della commissione di gara, ove non annullato per ulteriori e specifici motivi».

Difatti, conclude la sentenza, non si comprende la ragione per cui il rinvenimento di un documento in un primo momento ritenuto mancante abbia indotto l'amministrazione a non approvare gli atti di gara, piuttosto che riammettervi tale concorrente e giungere così alla fisiologica conclusione del procedimento. Peraltro proprio perché la motivazione della scelta compiuta si rivela «oscura e pressoché inesistente» non vi è nemmeno la possibilità per il Collegio di rilevare la sussistenza di un'ulteriore ragione di interesse pubblico, magari in termini di un possibile vulnus alla par condicio o anche criticità connesse alla formulazione della lex specialis, così come nemmeno una condizione sintomatica di eccesso di potere per sviamento.

Il TAR dunque annulla tutti gli atti impugnati, ma sancisce il dovere per l'amministrazione di rinnovare il procedimento di gara, a partire dalla riammissione della società originariamente esclusa, in modo tale da «giungere alla sua fisiologica conclusione».

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