CGUE: nessuna riduzione dell’oggetto del contratto di appalto in corso di esecuzione se tale facoltà non è disciplinata dalla lex specialis

Sabrina Tranquilli
13 Settembre 2016

La sentenza afferma che, dopo l'aggiudicazione di un appalto pubblico, le parti non possono concordare, neanche in via transattiva, alcuna modifica sostanziale all'oggetto del contratto. Qualora emergano difficoltà, anche non prevedibili, nell'esecuzione del contratto e sia necessario modificarne l'oggetto, l'Amministrazione non potrà procedere ad una conciliazione negoziata con l'aggiudicatario, ma dovrà necessariamente indire una nuova procedura di gara. Precisa la Corte che il suddetto principio non trova applicazione qualora, nel rispetto del principio di trasparenza, la legge di gara abbia previsto la facoltà per le parti di adeguare talune condizioni alle evenienze dell'esecuzione disciplinando anche le modalità operative.

La CGUE, confermando il proprio orientamento giurisprudenziale, afferma che le modifiche sostanziali all'oggetto del contratto di appalto in corso di esecuzione non sono consentite e, laddove necessarie, impongono all'Amministrazione l'avvio di una nuova procedura di gara. Nella specie, durante l'esecuzione di un appalto per l'affidamento del servizio di fornitura e manutenzione di un sistema globale di comunicazioni per servizi di emergenza, le parti riscontravano difficoltà connesse alla peculiare la natura della prestazione, che rendevano necessaria una modifica dell'oggetto del contratto. Al fine di proseguire nell'esecuzione, le parti giungevano ad una composizione transattiva della controversia riducendo considerevolmente l'oggetto dell'appalto e rinunciando ad ogni diritto derivante dal contratto inizialmente stipulato. Prima di concludere tale transazione, l'Amministrazione pubblicava l'accordo sulla GU dell'UE. A seguito di tale adempimento, un terzo operatore economico impugnava il suddetto accordo contestando la violazione del principio di parità di trattamento e trasparenza derivante dal mancato avvio di una nuova procedura di gara. La questione diveniva oggetto di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE da parte della Corte suprema danese.

La CGUE, richiamando la propria costante giurisprudenza (CGUE, 19 giugno 2008, C-454/06), afferma che il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l'aggiudicazione di un appalto pubblico, l'amministrazione aggiudicatrice e l'aggiudicatario apportino modifiche che rendano il contratto sostanzialmente diverso rispetto a quello inizialmente sottoscritto.

In particolare, la Corte evidenzia che una modifica degli elementi di un appalto consistente in una riduzione dell'entità dell'oggetto dello stesso può avere come conseguenza di renderlo alla portata di un numero maggiore di operatori economici anche di dimensioni minori. Invero, sottolinea la sentenza, i livelli minimi di capacità richiesti per un appalto, ai sensi dell'art. 44, par. 2, comma 2, della direttiva 2004/18/CE, devono essere connessi e proporzionati all'oggetto dell'appalto, cosicché una riduzione dell'oggetto comporta una riduzione proporzionale dei requisiti di capacità richiesti ai candidati o agli offerenti.

La Corte inoltre precisa che è del tutto irrilevante la motivazione (nella specie lo scopo transattivo) che ha indotto le parti ad una negoziazione, giacché la modifica del contratto deve essere analizzata da un punto di vista obiettivo senza prescindere dai principi di parità di trattamento e di non discriminazione, nonché dall'obbligo di trasparenza che essi implicano, sanciti dal TFUE e dall'art. 2 della direttiva 2004/18/CE. Per quanto riguarda il carattere obiettivamente aleatorio di talune prestazioni e dunque l'imprevedibilità di alcune difficoltà che possono sorgere in sede di esecuzione, la sentenza precisa che, sebbene il rispetto del principio della parità di trattamento e dell'obbligo di trasparenza debba essere garantito anche riguardo agli appalti pubblici particolari, ciò non impedisce di prendere in considerazione le specificità degli stessi. La conciliazione di tali principi consente che i documenti di gara prevedano «la facoltà per l'amministrazione aggiudicatrice di adeguare talune condizioni, anche importanti, di detto appalto dopo la sua aggiudicazione» e fissino «le modalità di applicazione» delle modifiche che si rendano necessarie. Solo in tal modo, conclude la sentenza, «l'amministrazione aggiudicatrice garantisce che tutti gli operatori economici interessati a partecipare a tale appalto ne siano a conoscenza fin dall'inizio e si trovino pertanto su un piede di parità nel momento della formulazione dell'offerta. Per contro, in mancanza di siffatte previsioni nei documenti dell'appalto, la necessità di applicare, per un determinato appalto pubblico, le stesse condizioni a tutti gli operatori economici richiede, in caso di modifica sostanziale dello stesso, di avviare una nuova procedura di aggiudicazione».