Giochi e scommesse: la CGUE si pronuncia sulla clausola del cd. “bando Monti” in materia di doppia referenza bancaria

13 Settembre 2016

La CGUE ha sancito la compatibilità con il diritto euro-unitario della clausola del bando che, nell'ambito della procedura di affidamento dell'esercizio in concessione dei giochi e scommesse, imponeva all'operatore economico di dimostrare la propria capacità economica e finanziaria tramite dichiarazioni rilasciate da almeno due istituti bancari, senza ammettere la produzione di altri documenti probatori. La suddetta previsione, evidenzia la Corte, non costituisce una restrizione della libertà di stabilimento e/o della libera prestazione di servizi e, dunque non viola l'art. 49 TFUE, sempreché la normativa operi conformemente al principio di proporzionalità come interpretato dalla giurisprudenza della stessa Corte (verifica, quest'ultima, che spetta al giudice del rinvio).

La CGUE ha sancito la legittimità dell'art. 3.2 del cd. “bando Monti” che, per l'affidamento dell'esercizio in concessione dei giochi e scommesse, imponeva agli offerenti costituiti da meno di due anni e i cui ricavi complessivi relativi all'attività di operatore di gioco erano inferiori a due milioni di euro nel corso degli ultimi due esercizi, di presentare attestazioni rilasciate da almeno due istituti bancari, comprovanti la loro capacità economica e finanziaria.

Nella specie, il Tribunale penale di Reggio Calabria, chiamato a decidere sulla legittimità della raccolta di scommesse esercitata da un operatore in assenza di concessione, aveva evidenziato il potenziale contrasto della suddetta disposizione con:

(i) l'art. 47 della direttiva 2004/18/CE, recante i criteri per la valutazione della capacità economico-finanziaria, degli operatori economici;

(ii) l'art. 49 TFUE, ossia con i principi in materia di libertà di stabilimento e/o della libera prestazione di servizi.

In primo luogo la Corte dopo aver qualificato l'attività oggetto dell'affidamento come “concessione di servizi”, ha conseguentemente escluso l'applicazione della richiamata disposizione della direttiva n. 2004/18/CE.

In secondo luogo, pur riconoscendo che l'obbligo di una doppia referenza possa «dissuadere gli operatori economici dal partecipare ad una gara» costituendo «una restrizione della libertà di stabilimento ai sensi dell'articolo 49 TFUE», evidenzia che la disciplina dei giochi d'azzardo rientra nei settori in cui sussistono tra gli Stati membri «divergenze considerevoli di ordine morale, religioso e culturale». In assenza di un'armonizzazione della disciplina a livello euro-unitario, gli Stati membri godono, pertanto, di «un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta del livello di tutela dei consumatori e dell'ordine sociale» e sono «liberi di fissare gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d'azzardo e, eventualmente, di definire con precisione il livello di tutela perseguito». In tale contesto, precisa la sentenza, le suddette restrizioni, benché in astratto ammissibili, devono comunque essere giustificate dall'esistenza di «motivi imperativi di interesse generale» e rispettare il principio di proporzionalità. Quanto al primo aspetto, evidenzia la Corte che la clausola del bando appare finalizzata «a garantire la continuità dell'attività legale di raccolta di scommesse, al fine di arginare lo sviluppo di un'attività illegale parallela, e dall'interesse di tutelare i consumatori» cosicché «la suddetta restrizione è idonea a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito consentendo di dimostrare la capacità economica e finanziaria dell'offerente di svolgere l'attività di raccolta di scommesse e di far fronte agli obblighi che potrebbe contrarre nei confronti dei vincitori delle scommesse».

Per quanto riguarda il controllo circa il rispetto del principio di proporzionalità spetta invece al giudice del rinvio verificare, tramite una valutazione globale delle circostanze proprie del rilascio delle nuove concessioni, se le restrizioni imposte dallo Stato membro interessato soddisfino i requisiti risultanti dalla giurisprudenza della Corte in materia.

Sulla questione cfr. l'ordinanza del Cons. St., Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2078 che, in attesa della sentenza della CGUE, sospendeva il giudizio di appello della sentenza del TAR Lazio, Sez. II, 23 luglio 2014, n. 8044 dove era stato respinta l'impugnazione della surrichiamata clausola.

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