I provvedimenti successivi all’informativa antimafia interdittiva

10 Febbraio 2016

Con il presente focus si intende analizzare l'efficacia dei provvedimenti di aggiornamento dell'interdittiva antimafia, che abbia causato l'esclusione dalla gara pubblica di un'impresa destinataria della medesima, verificando – nello specifico – se un aggiornamento in senso positivo possa dare (legittimamente) luogo alla revoca dell'esclusione o, diversamente, l'intervenuta esclusione debba essere regolata dal princìpio del tempus regit actum.
Abstract

Con il presente focus si intende analizzare l'efficacia dei provvedimenti di aggiornamento dell'interdittiva antimafia, che abbia causato l'esclusione dalla gara pubblica di un'impresa destinataria della medesima, verificando – nello specifico – se un aggiornamento in senso positivo possa dare (legittimamente) luogo alla revoca dell'esclusione o, diversamente, l'intervenuta esclusione debba essere regolata dal princìpio del tempus regit actum.

I provvedimenti di aggiornamento dell'informativa

Com'è noto, l'art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159 del 2011 attribuisce al prefetto, anche in séguito a documentata richiesta dell'interessato, il potere di aggiornare l'esito dell'informazione al venire meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa. La norma non chiarisce che tipo di efficacia abbiano questi provvedimenti susseguenti e modificativi del primo esito dell'informativa.

Un tema che si è posto nella casistica giurisprudenziale è stato, quindi, se l'aggiornamento di un'interdittiva possa incidere sull'avvenuta esclusione di un'impresa (precedentemente destinataria della medesima) rimettendola in gara e quindi riconoscendo efficacia ex tunc al nuovo provvedimento o, secondo un'altra impostazione, se conservi una mera efficacia ex nunc lasciando – di conseguenza – impregiudicata l'esclusione dalla gara.

Secondo la prima soluzione adottata dalla giurisprudenza, l'aggiornamento dell'interdittiva è stato visto come un atto di accertamento con “effetti assolutori” di condotte penalmente rilevanti e, come tale, non potrebbe che comportare il ripristino della situazione quo ante.

Per il secondo approccio, diversamente, le informative c.d. liberatorie costituiscono un provvedimento di adeguamento o – appunto – di aggiornamento alla nuova situazione, differendo dall'istituto dell'annullamento d'ufficio. Il nuovo provvedimento non risponde, quindi, alla necessità di porre rimedio a un errore di valutazione iniziale ma – diversamente – si pone in una logica di adeguamento rispetto a sopravvenienze che, lungi dall'invalidare il pregresso, esigono una nuova valutazione attuale sull'impresa rispetto al pericolo di inquinamento mafioso all'interno della medesima.

L'orientamento che si è senza dubbio affermato è per la non retroattività del provvedimento “novativo”, poiché non si tratterebbe di una manifestazione del potere di autotutela dell'amministrazione, ma di salvaguardare l'interesse dell'impresa – precedentemente destinataria di un'informativa interdittiva e, in séguito, libera da condizionamenti mafiosi – a instaurare rapporti con la P.A.

Invero, è pacifico che l'art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159 del 2011 non disciplina l'ipotesi di revoca dell'interdittiva e – tanto meno – una revoca avente carattere eccezionalmente retroattivo in deroga (rectius, violazione) dell'art. 21-quinquies, l. n. 241 del 1990 ma, al contrario, costituisce un aggiornamento della stessa sulla base del venire meno degli elementi rilevanti con efficacia esclusivamente ex nunc (ex multis, TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 16 ottobre 2015, ord. n. 511; Cons. St., Sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4119). Ciò che sembra non in dubbio, in particolare, è che l'attualità degli elementi indizianti permanga fino all'intervento di fatti nuovi sottoposti a una nuova valutazione e l'esito positivo del riscontro dispiega necessariamente efficacia ex nunc, con effetti dal giorno dell'adozione del nuovo provvedimento (cfr. Cons. St., Sez. III, 27 maggio 2014, n. 2718).

Questa opinione, inoltre, è stata anche giustificata alla luce di un argomento di carattere generale. Segnatamente, il provvedimento amministrativo dispone fisiologicamente pro futuro e i casi di retroattività sono eccezionali nonché discrezionali (c.d. retroattività per disposizione espressa). Ogni volta che l'amministrazione sceglie di fare retroagire un provvedimento, inoltre, l'esercizio di tale facoltà incontra dei limiti. In primo luogo è necessaria la verifica della preesistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti per l'emanazione dell'atto sin dalla data dal quale si vogliono fare decorrere gli effetti. In aggiunta, è necessario tenere conto dei fatti già avvenuti in epoca anteriore e dei fatti non compiuti, vale a dire che se per uno specifico provvedimento è necessaria la sussistenza di determinati presupposti, questi non possono considerarsi come avvenuti (o, viceversa, non avvenuti) resistendo, quindi, alla rimozione dell'atto.

Pertanto, il provvedimento amministrativo è retto dal principio del tempus regit actum, vale a dire che i provvedimenti amministrativi non possono legittimare o delegittimare ex post precedenti atti amministrativi (sul punto, cfr., TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 13 gennaio 2016, n. 328, nel quale si afferma l'irrilevanza delle circostanze sopravvenute rispetto all'adozione del provvedimento di esclusione; TAR Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 10 dicembre 2015, n. 814; TAR Lazio, Roma, Sez. III, n. 3493 del 2014).

E' facile affermare – in questo contesto – che se i presupposti legittimanti l'emissione dell'informativa a carattere interdittivo esistevano in quel momento, il fatto che siano venuti meno in séguito non vale a delegittimare ex post il provvedimento di interdizione.

In definitiva, nell'ipotesi in cui nei provvedimenti successivi all'informativa interdittiva siano considerati nuovi elementi sopravvenuti senza formulare un giudizio di illegittimità rispetto all'interdittiva preesistente, si dovrà riconoscere efficacia ex nunc all'aggiornamento poiché, affinché si possa riconoscere efficacia retroattiva, è necessario un ripensamento ex tunc da parte della prefettura circa l'effettiva sussistenza dei presupposti dell'informativa antimafia precedente (cfr. TAR Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 10 dicembre 2015, n. 814; TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 30 ottobre 2015, ord. n. 1415; TAR Sardegna, Sez. I, 29 ottobre 2015, ord. n. 270).

L'estromissione dalla società esclusa della compagine sociale colpita dall'interdittiva

Il tema dell'efficacia dei provvedimenti successivi all'interdittiva si è posto non solo sic et simpliciter con riferimento agli aggiornamenti disciplinati dall'art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159 del 2011 ma, anche e soprattutto, nelle ipotesi in cui non si sia avuto un provvedimento espresso da parte del prefetto incidente sulla precedente informazione antimafia, bensì l'estromissione dalla società esclusa della compagine sociale colpita dall'interdittiva.

La gamma degli ultimi casi risolti dal Giudice Amministrativo, infatti, ha avuto per oggetto la richiesta di reintroduzione in gara da parte delle concorrenti escluse (sulla base dell'informativa antimafia resa in senso negativo) fondata sul venire meno del pericolo di condizionamento mafioso in ragione della sostituzione degli elementi che erano stati ritenuti inquinati dall'infiltrazione criminosa.

Il contrasto giurisprudenziale è sorto in relazione ai provvedimenti di nomina dei nuovi amministratori e, in particolare, in merito alla possibilità che i predetti atti siano in grado di superare ab origine gli effetti del provvedimento interdittivo prefettizio.

Segnatamente, si sono avuti arresti giurisprudenziali nei quali è stata attribuita rilevanza dirimente all'arco temporale di efficacia dell'interdittiva. Nello specifico, si sono avuti casi nei quali la società colpita dall'interdittiva per un breve periodo – successivo alla formazione della graduatoria e anteriore all'aggiudicazione provvisoria – è stata riammessa in gara dalla stazione appaltante sulla base di provvedimenti adottati dal giudice penale (in particolare, dal Tribunale per le misure di prevenzione) che hanno consentito alla società di proseguire la propria attività aziendale, includendo anche la partecipazione alle gare di appalto le cui offerte sono state presentate prima dell'adozione del provvedimento prefettizio recante l'informativa interdittiva. Seguendo questa impostazione, quindi, non dovrebbero essere considerate inficiate le offerte presentate prima dell'adozione del provvedimento prefettizio recante l'informazione interdittiva (in questo senso, Cons. St., Sez. III, 13 novembre 2015, n. 5109).

Secondo un'altra opinione, la nomina giudiziale di un nuovo amministratore conserva un effetto sanante meramente ex nunc, non potendo comunque elidere in radice la portata inquinante della possibile infiltrazione mafiosa. Ciò che viene evidenziato è che la nomina di nuovi amministratori può garantire l'agibilità partecipativa della società solo in relazione alle nuove gare, non potendo intaccare le procedure a evidenza pubblica nel corso delle quali è sopraggiunto l'accertamento antimafia nei confronti dei soggetti appartenenti agli organi decisionali della società (cfr., TAR Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 10 settembre 2015, ord. n. 185).

Questa impostazione, per altro verso, è conforme alla ratio dell'istituto dell'informativa antimafia, la quale – per consolidato orientamento del Giudice Amministrativo – obbedisce a una logica di anticipazione della tutela dell'ordine pubblico potendo, di conseguenza, rimanere legittima anche al solo rilievo di elementi sintomatici che dimostrino il concreto pericolo (anche se non la certezza) di infiltrazioni della criminalità organizzata nell'attività imprenditoriale (sul punto, Cons. St., Sez. III, 28 luglio 2015, n. 3707).

In conclusione

Sulla base dell'esame svolto, il sistema sembra essersi consolidato nel ritenere efficaci pro futuro i provvedimenti adottatati ai sensi dell'art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159 del 2011. L'unica ipotesi per la quale è (plausibilmente) ammissibile la rimozione ab origine del provvedimento interdittivo è quando esso stesso sia viziato da illegittimità, non essendo quindi sufficiente il mero mutamento della situazione di fatto per elementi sopravvenuti.

In adesione all'opinione maggioritaria, inoltre, si può ritenere non dirimente la nomina di una nuova compagine sociale al fine di fare salvi gli effetti delle offerte a gare pubbliche presentate prima dell'emanazione dell'interdittiva. A sostegno di questa impostazione, militano anche gli istituti di amministrazione straordinaria disciplinati dall'art. 32, d.l. n. 90 del 2014, in virtù dei quali il prefetto può consentire la prosecuzione in via straordinaria dell'esecuzione dei contratti in essere ma non anche la partecipazione a nuove gare. L'assunto, peraltro, è stato chiarito anche dalle “Seconde Linee guida per l'applicazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione antimafia” adottate dall'ANAC d'intesa con il Ministero dell'Interno il 28 gennaio 2015. Del pari, anche l'amministrazione giudiziaria regolata dall'art. 34, d.lgs. n. 159 del 2011 apre la strada alla sola partecipazione alle gare bandite dopo l'informativa negativa.

Qualche dubbio può presentarsi in relazione ai provvedimenti del giudice penale (ad esempio, come si è visto, quelli adottati dal Tribunale per le Misure di Prevenzione) che affermano la loro valenza anche per le gare in corso e gli (eventuali) riflessi sull'avvenuta esclusione. Anche in questo caso, appare opportuno ragionare tenendo fermi gli argomenti di teoria generale. In particolare, non sembrano ovviabili i presupposti che hanno motivato l'adozione dell'interdittiva, finché non intervenga un nuovo provvedimento prefettizio che dichiari il venire meno del pericolo di inquinamento mafioso. In altre parole, anche in queste ipotesi sembra necessario un nuovo pronunciamento da parte del prefetto in séguito al vaglio dei nuovi elementi e non potrà che valere ex nunc, poiché al momento della partecipazione comunque la determinazione proveniva da una società condizionata mafiosamente. Ovviamente, ed è utile ribadirlo, resta salva l'ipotesi dell'illegittimità dell'informativa originaria o di erronea individuazione dei presupposti di fatto della medesima. In quest'ultimo caso dovrebbe essere il provvedimento di aggiornamento ad autodefinirsi come retroattivo.

Fermi gli argomenti esposti in precedenza, le soluzioni adottate dalla giurisprudenza maggioritaria sembrano congrue anche alla luce del giusto bilanciamento tra interessi costituzionalmente tutelati, quali l'iniziativa economica privata e la tutela dell'ordine pubblico.

Sommario