L’ammissione alla procedura di concordato preventivo dell’impresa capogruppo di un RTI impedisce la stipula del contratto.

Ester Santoro
14 Luglio 2017

Il Consiglio di Stato ha precisato che, ai sensi dell'art. 186-bis, comma 6, della Legge Fallimentare, l'ammissione alla procedura di concordato preventivo dell'impresa che riveste la qualifica di mandataria di un RTI non consente all'Amministrazione di addivenire alla stipula del contratto d'appalto, anche se l'ammissione al concordato avviene in sede di verifica dei requisiti di ordine generale in capo all'aggiudicatario, dunque, dopo la conclusione della procedura di gara.

La pronuncia in esame interviene a conclusione di una sequela di giudizi che hanno riguardato l'aggiudicazione di un appalto di lavori per la realizzazione di una strada provinciale. Dopo l'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, la società capogruppo del RTI aggiudicatario veniva ammessa alla procedura di concordato con continuità aziendale (la cui domanda aveva presento nelle more della gara); la società terza classificata, venuta a conoscenza di detta circostanza, impugnava l'aggiudicazione dinanzi al TAR chiedendo l'esclusione del RTI aggiudicatario e della seconda classificata, il cui ricorso veniva accolto nei limiti dell'obbligo della stazione appaltante di verificare la possibilità di sostituire la mandataria del RTI, stante la perdita dei requisiti di carattere generale. Successivamente, l'Amministrazione avviava, previa richiesta di parere all'ANAC, il procedimento di revoca dell'aggiudicazione, che si concludeva con la revoca della medesima e l'affidamento dell'appalto alla terza classificata, dopo avere escluso la seconda. La sentenza in esame ha ad oggetto la legittimità del provvedimento di revoca dell'aggiudicazione a fronte dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo dell'impresa capogruppo del RTI originario aggiudicatario. Il TAR aveva annullato il provvedimento di revoca rilevando, tra le altre cose, che sull'ammissione alla gara dell'impresa in concordato con continuità ci sarebbe una sorta di competenza esclusiva del giudice fallimentare, con conseguente preclusione per la stazione appaltante, e per il G.A., di applicare l'art. 186-bis, comma 6, della L. Fallimentare, per cui solo il giudice della procedura concorsuale potrebbe vietare la partecipazione alle gare.

Il Consiglio di stato ha riformato la sentenza di primo grado precisando che, in realtà, l'Amministrazione deve valutare, come condizione ostativa alla stipula del contratto d'appalto, la violazione dell'art. 186-bis, comma 6, della L. Fallimentare, in quanto l'ammissione alla procedura di concordato, ancorchè intervenuta dopo l'aggiudicazione (nella fase di verifica dei requisiti, prodromica alla stipula del contratto), comporta il venir meno del requisito di carattere generale di cui all'art. 38, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 163/2006 in capo all'aggiudicataria. Sotto tale aspetto, la sentenza in esame puntualizza che la lettera del cit. comma 6 dell'art. 186-bis L. F., non consente alla società capogruppo di un RTI di concorrere ad una gara d'appalto (e, per logica, se aggiudicataria di stipulare il relativo contratto), per cui se l'ammissione al concordato sopravvenga dopo l'aggiudicazione, l'Amministrazione dovrà tenere conto della preclusione verificatasi. Inoltre, contrariamente a quanto rilevato dal TAR, non può essere ritenuto che la preclusione di cui al cit. art. 186-bis sia di competenza esclusiva del giudice della procedura concorsale, in quanto viene in rilevo un requisito soggettivo di carattere generale, la cui sussistenza fino al momento della conclusione del contratto rientra nei poteri di verifica spettanti all'Amministrazione e, indirettamente, in sede di sindacato giurisdizionale, del giudice amministrativo.

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