Termine di decadenza per la proposizione di domanda risarcitoria autonoma

Simone Abrate
14 Novembre 2016

La sentenza precisa che il termine di decadenza di centoventi giorni, previsto dai commi terzo e quinto dell'art. 30 c.p.a. ai fini della proponibilità dell'azione di risarcimento dei danni derivanti dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa, non trova applicazione agli illeciti perfezionatisi anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010. Aggiunge poi che, anche se il principio dell'assenza di una stretta pregiudiziale amministrativa, contenuto nel d.lgs. n. 104 del 2010, deve ritenersi estensibile in via interpretativa anche a situazioni anteriori alla sua entrata in vigore la domanda di annullamento proposta prima dell'entrata in vigore del c.p.a., è comunque idonea a interrompere la prescrizione dell'azione di risarcimento, di talché il decorso del termine di prescrizione deve considerarsi come sospeso per tutta la durata di quel giudizio.

Con atto del 31 agosto 2007, all'esito di gara ufficiosa, taluni Enti comunali hanno aggiudicato in concessione, in favore di un'associazione sportiva dilettantistica, la gestione di una piscina coperta.

Il secondo classificato ha impugnato l'aggiudicazione, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica poi trasposto in sede giurisdizionale, ex art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, dinanzi al TAR Toscana.

Quest'ultimo, poi, ha annullato con sentenza l'affidamento, rilevando la mancata sottoscrizione dell'offerta presentata dall'associazione aggiudicataria, che avrebbe pertanto dovuto essere esclusa dalla gara.

La ricorrente, infine, all'esito del giudizio ha agito per l'ottemperanza e per il risarcimento dei danni.

Il TAR Toscana ha dapprima rilevato che la domanda proposta deve essere intesa quale cumulo di pretese risarcitorie per equivalente, e segnatamente si ha una domanda risarcitoria autonoma e successiva all'azione di annullamento ex art. 30, comma 5, c.p.a. ed una domanda ex art. 112, comma 3, c.p.a., connessa al risarcimento derivante dall'impossibilità di eseguire la sentenza in forma specifica, attesa la sopravvenuta inagibilità dell'impianto sportivo.

Gli Enti resistenti hanno, in via preliminare eccepito l'intervenuta prescrizione dell'azione risarcitoria, essendo decorso il relativo termine quinquennale, decorrente dal momento del verificarsi dell'illecito (anno 2007), mentre l'azione risarcitoria è stata proposta nel 2014, ed inoltre hanno eccepito l'inapplicabilità del termine decadenziale ex art. 30, comma 5, c.p.a.

Il TAR Toscana ha ritenuto l'eccezione infondata, osservando che il termine di decadenza di centoventi giorni, previsto dai commi terzo e quinto dell'art. 30 c.p.a., ai fini della proponibilità dell'azione di risarcimento dei danni derivanti dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa, non trova applicazione agli illeciti perfezionatisi anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010.

Il c.p.a., infatti, ha introdotto una compressione della prerogative del danneggiato rispetto all'ordinario sistema della prescrizione disciplinata dall'art. 2947 c.c., pertanto non può ammettersi che ciò determini una retroattiva reformatio in peius di fattispecie sostanziali anteriori.

E ciò anche tenuto conto della norma transitoria di cui all'art. 2 dell'Allegato 3 al c.p.a., secondo la quale «per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti»: osserva sempre il TAR Toscana che tale previsione va interpretata, come chiarito dalla Corte Costituzionale con sentenza 31 maggio 2015, n. 57, nel senso della sua riferibilità anche all'ipotesi di successione tra un termine sostanziale, qual è quello di prescrizione, e un termine processuale precedentemente non previsto, quale appunto il termine di decadenza stabilito dall'art. 30, comma 5, c.p.a.

Conseguentemente, per le cause proposte in vigenza del c.p.a., ma che assumono come presupposto vicende e sentenze ad esso anteriore, si continuano ad applicare i termini generali di prescrizione (come precisato anche da Cons. St., sez. III, 13 gennaio 2016, n. 72; Id., Ad. plen., 6 luglio 2015, n. 6).

Ciò fermo, ai fini dell'individuazione del dies a quo di decorrenza del termine quinquennale di cui all'art. 2947 c.c., va preliminarmente stabilito se esso decorra dal momento dell'illecito, oppure soltanto dalla definizione del giudizio di annullamento (in ossequio alla teoria della c.d. “pregiudiziale amministrativa”).

Osserva il Tar Toscana, infatti, che soltanto con l'entrata in vigore del c.p.a., è stato affermato in maniera esplicita il principio secondo cui la tutela risarcitoria può essere praticata dall'interessato a prescindere dalla preventiva proposizione dell'azione di annullamento del provvedimento illegittimo e, al contempo, causativo di danno.

Sul punto, viene dapprima richiamata l'Ad. plen.. 23 marzo 2011, n. 3, secondo cui il c.p.a., pur non applicabile alle fattispecie anteriori alla sua entrata in vigore, è pervenuto a una soluzione delle divergenze interpretative «estensibile a situazioni anteriori in quanto ricognitiva dei principi evincibili dal sistema normativo».

Tuttavia, tale soluzione non può aver pregiudicato, anziché migliorarla, la posizione del privato danneggiato il quale, confidando nella regola pretoria della pregiudiziale, abbia impugnato l'atto con l'intento di agire per il risarcimento successivamente all'annullamento.

Ne discende che la «falsa convinzione della pregiudizialità di annullamento, non impedisce di ritenere che ove sia stata proposta domanda di annullamento dell'atto amministrativo, quale (male-inteso) prodromo alla condanna al risarcimento per la lesione del diritto di proprietà (domande attribuite, all'epoca dei fatti, a giurisdizioni diverse), essa sia stata comunque idonea a interrompere la prescrizione dell'azione di risarcimento, e che il decorso sia rimasto sospeso per tutta la durata di quel giudizio» (così Cass., SS.UU., 8 aprile 2008, n. 9040).

In altre parole, la domanda di annullamento proposta prima dell'entrata in vigore del c.p.a., pur non costituendo un necessario presupposto del risarcimento, è comunque idonea a interrompere la prescrizione dell'azione di risarcimento, di talché il decorso del termine di prescrizione deve considerarsi come sospeso per tutta la durata di quel giudizio.