L’irrilevanza della regolarizzazione postuma del DURC

14 Dicembre 2016

Non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale ai fini dell'ammissione alla gara, dal momento che l'impresa concorrente deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali, dal momento della partecipazione fino alla conclusione della procedura. Le censure relative al DURC sono sottratte al giudice amministrativo, atteso che il documento di regolarità contributiva involge diritti soggettivi che attengono al sottostante rapporto contributivo e devono essere devoluti al giudice ordinario o, in quanto atti fidefacenti, possono essere oggetto di querela di falso.

Un raggruppamento temporaneo di imprese impugna il provvedimento di esclusione dalla gara disposto a seguito dell'emissione di documento unico di regolarità contributiva con esito negativo.

Il TAR Lazio rigetta il ricorso, affermando la legittimità del provvedimento di esclusione. Il Collegio, nel richiamare quanto da ultimo ribadito dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, statuisce come «anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 31 del D.L. n. 69 del 2013, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale ai fini dell'ammissione alla gara, dovendo l'impresa concorrente essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura, restando dunque irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva (Cfr. da ultimo, Corte di Giustizia, 10 novembre 2016, causa C 199/2015)».

Il TAR Lazio – in linea con i precedenti delle Adunanze Plenarie n. 8 del 2012 nonché n. 6 e 10 del 2016 – afferma il principio per il quale l'istituto dell'invito alla regolarizzazione rilevi esclusivamente nei rapporti tra impresa ed ente previdenziale e che, in ogni caso, le relative censure andrebbero dedotte autonomamente, evocando in giudizio anche il soggetto preposto alla riscossione contributiva.

Nel caso di specie, parte ricorrente aveva omesso di instaurare il contraddittorio nei confronti dell'ente previdenziale. In disparte da ciò, il Collegio precisa che, anche qualora ritualmente dedotte le censure inerenti il DURC, il relativo esame sarebbe comunque sottratto alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Il TAR Lazio afferma difatti come «eventuali errori contenuti nel DURC, involgendo posizioni di diritto soggettivo afferenti al sottostante rapporto contributivo, vanno devoluti alla cognizione del giudice ordinario, o all'esito di proposizione di querela di falso, o a seguito di ordinaria controversia in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria».

Il Collegio si sofferma, altresì, sulla gravità della violazione contributiva, la cui valutazione resta preclusa alla stazione appaltante, discendendo esclusivamente dalla disciplina previdenziale.

Ne consegue che la stazione appaltante non sia gravata da alcun obbligo di ulteriore istruttoria stante la natura del DURC, che va inteso come «dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, nonché fidefacienti fino a querela di falso».

Alla luce del predetto iter argomentativo, il TAR Lazio conclude nel senso della legittimità del provvedimento di esclusione, la cui adozione si configura a tutti gli effetti come un atto obbligato per la stazione appaltante a fronte di un presupposto DURC irregolare dell'impresa.

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