Responsabilità precontrattuale c.d. spuria e criteri di liquidazione delle diverse voci di danno risarcibile

Carmine Nuzzo
15 Marzo 2017

La pronuncia si sofferma sulla qualificazione giuridica della responsabilità precontrattuale c.d. spuria, sul relativo regime processuale, nonché sui criteri di determinazione delle voci di danno risarcibile da mancata aggiudicazione.

All'esito di una procedura di gara negoziata, l'impresa risultata non aggiudicataria impugnava gli atti della stessa, contestando sia l'illegittimità delle modalità di svolgimento sia dell'aggiudicazione. Contestualmente, la ricorrente domandava, in via principale, la dichiarazione di inefficacia del contratto medio tempore stipulato e il subentro ovvero, in via subordinata, il risarcimento per equivalente.

Accertata l'illegittimità dell'intera gara per mancata predeterminazione nel bando dei criteri di valutazione dell'offerta, integrati illegittimamente solo con atto successivo, la pronuncia risulta d'interesse sotto il profilo della qualificazione della responsabilità della S.A. e della quantificazione del danno risarcibile.

Nel caso di specie, il contratto era già stato stipulato e portato ad esecuzione. Pertanto, non è possibile naturalisticamente dichiararlo inefficace e disporre il subentro. Parimenti, trattandosi di ipotesi diversa dal ricorrere di esigenze imperative connesse ad un interesse generale, non è possibile l'applicazione delle sanzioni alternative. L'unica tutela accordabile è quella per equivalente.

Sotto il profilo qualificatorio, la responsabilità della S.A. per mancata aggiudicazione viene considerata come responsabilità precontrattuale c.d. spuria, cioè responsabilità solo cronologicamente precontrattuale, atteso che sorge in conseguenza dell'illegittima aggiudicazione in una fase precedente alla stipula del contratto. Questa considerazione giustifica, secondo quanto emerge dalla pronuncia, la riconduzione della responsabilità della S.A. nel modello aquiliano di cui all'art. 2043 c.c.

È importante precisare, infatti, che la natura spuria della responsabilità precontrattuale vale a differenziare la stessa dalla responsabilità precontrattuale in senso stretto ormai qualificata dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione come responsabilità contrattuale o, più correttamente, da inadempimento di obbligazioni nascenti da un contatto sociale qualificato.

Inoltre, in applicazione della nota pronuncia “Stadt Graz” della Corte di Giustizia U.E., si tratta di una responsabilità oggettiva, in cui l'illegittimità del provvedimento è di per se sola sufficiente a provare la colpa dell'amministrazione, senza possibilità di controprova circa la sussistenza dell'errore scusabile.

Quanto, invece, al danno risarcibile, la pronuncia analizza specificamente le singole voci di danno-conseguenza.

Il danno emergente, inteso come l'insieme delle spese sostenute per la partecipazione alla gara, è irrisarcibile, per giurisprudenza consolidata, stante la sua inqualificabilità come danno. Si tratta di spese che l'impresa avrebbe comunque sostenuto anche laddove fosse risultata aggiudicataria della gara.

Il lucro cessante, invece, deve essere parametrato alla percentuale di utile effettivo che si sarebbe ricavato dalla stipula del contratto. Nella liquidazione dello stesso ed in rapporto al danno da perdita di chance, si utilizza il criterio della c.d. gara virtuale. Attesa l'illegittimità dell'aggiudicazione e dell'operato della commissione giudicatrice, è risarcibile il danno da mancato aggiudicazione ove sia provato, con alto grado di probabilità prossimo alla certezza, che il ricorrente, in assenza delle suesposte illegittimità, avrebbe conseguito l'aggiudicazione.

L'utile netto viene quantificato nei termini del 10% del prezzo a base d'asta ridotto del ribasso proposto con l'offerta economica.

L'importo sopra descritto dovrebbe essere ulteriormente decurtato equitativamente, tenendo conto del c.d. aliunde perceptum. Tuttavia, secondo il Collegio, sulla parte istante grava l'onere di provare l'assenza dell'aliunde perceptum sotto forma di impossibilità di utilizzo di mezzi e maestranze per ulteriori lavori.

Viene risarcito anche il c.d. danno curriculare, inteso dalla pronuncia come “una sorta di danno da immagine depotenziata”, che dovrebbe essere quantificato riconoscendo una somma pari ad una percentuale che va dall'1% al 5% della somma già liquidata a titolo di lucro cessante.

Si segnala che la pronuncia affronta altresì questioni attinenti alla legittimità della nomina e del modus operandi della Commissione giudicatrice.

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