Approvato il decreto “correttivo” al T.U.S.P.P.: bullet points delle novità sulla disciplina delle società in house

15 Giugno 2017

Il 9 giugno 2017 il Consiglio dei Ministri ha definitivamente approvato il primo decreto “correttivo” alla Legge Madia, intervenendo sul Testo Unico delle società a partecipazione pubblica (d.lgs. n. 175 del 2016). Numerose modifiche incidono sulla disciplina delle società in house, che seppur originariamente non toccata dallo schema di decreto “correttivo”, è stata modificata su suggerimento del Parere reso lo scorso 14 marzo dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato. Si segnalano i bullet points del decreto.

Nella riunione del 9 giugno 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto “correttivo” al d.lgs. n. 175 del 2016, che aveva ricevuto il Parere favorevole (con osservazioni) della Commissione speciale del Consiglio di Stato (Comm. Spec., 14 marzo 2017, n. 638).

L'art. 2 del decreto “correttivo” dà conto dell'avvenuta intesa in sede di Conferenza Unificata la cui assenza, come noto, aveva provocato la pronuncia di incostituzionalità di parte della cd. “Legge Madia”. L'intervento integrativo e correttivo sul predetto decreto legislativo discende infatti anche dalla necessità di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 2016 con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale, tra gli altri, dell'articolo 18 nella parte in cui, in combinato disposto con l'articolo 16, commi 1 e 4, prevedeva che i decreti legislativi attuativi fossero adottati previa acquisizione del parere reso in Conferenza unificata, anziché “previa intesa”.

Interpellato dal Governo per un chiarimento sugli effetti della predetta pronuncia della Corte Costituzionale, il Consiglio di Stato (Comm. Spec. parere 17 gennaio 2017 n. 83), aveva individuato il percorso “più ragionevole” e “compatibile” con l'impianto della sentenza suggerendo l'adozione di decreti “correttivi” ai decreti legislativi finalizzati all'applicazione della disciplina della delega – come modificata dalla Corte costituzionale – nel processo di riforma in corso.

L'intervento correttivo al T.U.S.P.P. introduce numerose modifiche alla disciplina delle società a partecipazione pubblica e in particolare delle società in house. Quest'ultima disciplina seppur originariamente non toccata dallo schema di decreto correttivo, era stata oggetto di numerose osservazioni da parte della Commissione Speciale del Consiglio di Stato nel predetto Parere reso lo scorso 14 marzo (come segnalato nella News, Il Parere del Consiglio di Stato sullo schema di correttivo al T.U.S.P.: bullet points delle osservazioni sulle società in house).

Si segnala in particolare:

  • la modifica all'art. 2, comma 1, lett. o) del suddetto T.U., dove è contenuta la definizione di società in house, corretta nei termini evidenziati che seguono: «le società sulle quali un'amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, nelle quali la partecipazione di capitali privati avviene nelle forme di cui all'art. 16 comma 1, e che soddisfano il requisito dell'attività prevalente di cui all'art. 16 comma 3»;

  • la modifica all'art. 4 comma 1 lett. d) che amplia il raggio delle attività consentite alle predette società, giacché ora la loro attività potrà avere ad oggetto «l'autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni [inciso inserito dal correttivo], nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento»;

  • l'estensione del potere di derogare alle disposizioni dell'intero art. 4, già previsto al comma 9 in capo al Presidente del Consiglio e ora attribuito anche al Presidente della Regione e delle Province Autonome di Trento e Bolzano. Nel caso di partecipazioni regionali o delle province autonome di Trento e Bolzano, il Presidente della Regione e delle suddette Province autonome potranno quindi determinare l'esclusione, totale o parziale, di singole società dall'ambito di applicazione della disciplina di cui all'art. 4 del T.U.S.P.P., con provvedimento motivato, adottato in ragione di precise finalità pubbliche nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità. Il suddetto provvedimento di esclusione dovrà essere trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, alla struttura di monitoraggio del Ministero dell'economia e delle finanze.

Viene dunque mantenuta la disposizione su cui la Commissione Speciale del Consiglio di Stato aveva espresso il proprio Parere negativo richiamando sia le criticità già espresse sul similare potere governativo previsto (e mantenuto) dal comma 9 e sottolineando che la suddetta previsione «provoca un vulnus nell'omogeneità e nell'uniformità̀ dell'applicazione del diritto privato che non trova alcun fondamento, non soltanto nella legge delega, ma neppure nei principi generali dell'ordinamento». Osservava la Commissione inoltre che «la ratio della correzione sembra muovere anche da un presupposto inesatto. La volontà di contemplare un sistema di garanzia delle autonomie regionali non dovrebbe riguardare tutte le “società̀ a partecipazione regionale”, ma soltanto le “società strumentali” all'esercizio di funzioni di competenza della Regione. Infatti, le competenze regionali possono venire in rilievo, in via prevalente, quando si tratta di società pubbliche che si inseriscono nell'ambito dell'organizzazione regionale. E ciò accade nel caso in cui le società regionali non svolgono attività in un libero mercato (sia pure in modo conformato dai nuovi vincoli legali che escludono lo svolgimento della ordinaria attività di impresa) ma pongono in essere «attività amministrativa in forma privatistica» in favore dell'ente regionale stesso. Ne consegue che soltanto nel caso in cui vengano in rilievo tali tipologie societarie – che costituiscono il risultato di una «delle possibili modalità di svolgimento dei servizi strumentali alle (…) finalità istituzionali» delle Regioni (cfr. Corte cost. n. 229 del 2013) – si potrebbe giustificare un intervento derogatorio, che comunque non sembra poter mai giungere fino alla previsione di un potere amministrativo regionale tout court di esclusione delle stesse dal perimetro della riforma, ma dovrebbe comunque avvenire di intesa con l'autorità statale»;

  • l'inserimento, nello stesso art. 4, di un comma 9-bis in cui si prevede la possibilità, per le amministrazioni pubbliche, di acquisire o mantenere partecipazioni in società che producono servizi di interesse economico generale fuori dall'ambito territoriale della collettività di riferimento, purché queste ultime abbiano in corso o ottengano l'affidamento del servizio tramite procedure a evidenza pubblica. Resta ferma in ogni caso l'applicazione di quanto previsto per le società in house, al fine di salvaguardare la disciplina europea e con essa la previsione secondo la quale tali società devono garantire che oltre l'80% del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci, potendo agire fuori da tale ambito solo ed esclusivamente per il restante 20%;

  • non viene invece modificato l'art. 12 e dunque non vengono chiariti i dubbi sollevati anche dalla dottrina a prima lettura sull'esclusività della giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. La Commissione Speciale aveva evidenziato che l'utilizzo dell'espressione «salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house» che segue la previsione che attribuisce la giurisdizione al giudice ordinario, «potrebbe infatti indurre a ritenere che vi possa essere una concorrenza di giurisdizioni anche in relazione alla medesima condotta. Tale dubbio potrebbe essere fugato introducendo, ad esempio, la parola “esclusiva” dopo la parola “giurisdizione”, riferita alla Corte dei conti»;

  • la modifica dell'art. 16, dove, viene soppressa una parte del comma 3: «Gli statuti delle società di cui al presente articolo devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società» riformulata nel seguente comma 3-bis a norma del quale «la produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui al comma 3, che può essere rivolta anche a finalità diverse, è consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società».

Il legislatore delegato sembra aver solo in parte recepito quanto rilevato dal sopracitato Parere del Consiglio di Stato che, in merito alla possibilità di svolgere “attività extra moenia” condizionata al conseguimento di economie di scala o altri recuperi di efficienza, aveva osservato che: «Questa prescrizione non è prevista dal legislatore e dalla giurisprudenza europea e pertanto, malgrado se ne apprezzi l'intento di garantire un atteggiamento virtuoso, va eliminata».

La stessa Commissione già nel Parere reso sullo schema del T.U.S.P.P. aveva peraltro suggerito di chiarire che «anche l'attività “ulteriore” svolta a favore non degli enti costituenti o partecipanti è soggetta, come già rilevato, al “vincolo di attività” nel senso che può essere svolta soltanto se presenta le caratteristiche indicate nell'art. 4». Il Parere aveva quindi proposto di aggiungere un nuovo comma 3-bis, declinando la predetta finalità in termini non si “obbligo” ma di “possibilità”, formulando una proposta dal seguente tenore: «È possibile rivolgere a finalità diverse la produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui al comma 3 a condizione che ciò consenta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società»;

  • che non viene meglio specificata, nel suddetto art. 16, la formulazione della definizione di “controllo analogo congiunto” su cui la Commissione speciale aveva evidenziato l'esigenza di chiarire la possibilità di gestione diretta tramite modello in house congiunto da parte di enti partecipanti al capitale sociale in percentuale minima. Il Parere aveva suggerito di chiarire che «le pubbliche amministrazioni locali partecipanti possono mantenere la partecipazione e far gestire direttamente i servizi dalle in house cui partecipano in minima parte». Non viene inoltre accolta la proposta della Commissione si stabilire che anche il socio privato della società in house possa essere solo un “socio finanziatore” (e non “operativo”) scelto tramite procedura ad evidenza pubblica;

  • che permane inoltre, come aveva avvertito il Parere del Consiglio di Stato, il difetto di coordinamento con le definizioni di ente in house con il Codice dei contratti e in particolare l'art. 5 (inciso, per adeguare la definizione di ente in house alle direttive del 2014, dal decreto “correttivo” n. 56 del 2017). La Commissione speciale aveva infatti proposto di recepire la definizione di ente in house contenuta nel Codice «non potendosi proporre una eliminazione di quest'ultima in ragione del fatto che, sebbene il decreto in esame sia la sede naturale della disciplina delle società partecipate, quindi anche di quelle in house, il fenomeno in questione può assumere anche caratteristiche diverse rispetto alla struttura societaria, quindi, è indispensabile mantenerne una definizione anche all'interno del codice dei contratti pubblici».

  • la modifica all'art. 21 dove viene aggiunto un comma 3-bis ai sensi del quale «Le pubbliche amministrazioni locali partecipanti possono procedere al ripiano delle perdite subite dalle società partecipate con le somme accantonate ai sensi del comma 1, nei limiti della loro quota di partecipazione e nel rispetto dei principi e della legislazione dell'Unione europea in tema di aiuti di Stato». Il legislatore delegato ha recepito totalmente la formulazione proposta dal Consiglio di Stato che aveva evidenziato la necessità di introdurre un limite alla possibilità del ripiano delle società partecipate da parte delle pubbliche amministrazioni locali partecipanti allo scopo di evitare che l'intervento finanziario in questione si risolva in un indebito aiuto di Stato.

Quanto alle “scadenze” precedentemente programmate dal T.U.S.P.P. viene stabilita:

  • la proroga al 30 settembre 2017 del termine per la ricognizione, in funzione della revisione straordinaria, di tutte le partecipazioni possedute;
  • la proroga al 30 settembre 2017 del termine entro il quale le società a controllo pubblico effettuano una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze;
  • la fissazione al 31 luglio 2017 del termine per l'adeguamento delle società a controllo pubblico alle disposizioni in tema di governance societaria

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