Sulla disponibilità di determinati beni (nel caso di specie: centri cottura) quale condizione di aggiudicazione della gara e di stipulazione del contratto, e non di partecipazione alla gara

Giusj Simone
15 Luglio 2016

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, chiarisce che la previsione della lex specialis di gara circa la disponibilità di determinati beni (nel caso di specie: centri cottura) – non deve intendersi quale condizione di partecipazione alla gara, bensì quale condizione di aggiudicazione e di stipulazione del contratto, ponendosi una diversa interpretazione in palese e irrimediabile contrasto con i principi di libera concorrenza, di libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi e di parità di trattamento.Peraltro, pur costituendo detta disponibilità dei centri di cottura anche un parametro di valutazione dell'offerta, si deve ritenere che la natura duplice e “ancipite” di questa previsione e l'apparente contraddizione che essa può comportare debba essere ricomposta e superata, in applicazione del superiore principio del favor partecipationis, dalla considerazione che l'impegno assunto dall'impresa nell'offerta non cristallizza ad aeternum la disponibilità di quegli stessi centri in favore della stazione appaltante per un periodo superiore ai giorni previsti dalla legge di gara, assumendo altrimenti tale impegno, sia per ragioni topologiche (la prossimità dei centri di cottura agli enti aggiudicatori) che cronologiche (la durata di tale impegno per un tempo indefinito), una valenza irragionevolmente onerosa e intollerabilmente anticoncorrenziale.

Nella fattispecie in esame l'appellante ha impugnato la sentenza del TAR Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 22 ottobre 2015, n. 703, concernente l'affidamento del servizio di ristorazione per pazienti ricoverati presso presidi ospedalieri della A.S.L. per il lotto B (ambito territoriale de L'Aquila), per non aver il primo giudice colto la fondatezza dei tre motivi di ricorso proposti: l'aggiudicatario, cioè, avrebbe modificato l'offerta in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta medesima, avrebbe reso una dichiarazione inveritiera in sede di gara e avrebbe, infine, formulato, e successivamente giustificato, la propria offerta economica sulla scorta di un dato presuntivo del tutto inconsistente.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondato l'appello e, per l'effetto, lo ha respinto confermando pienamente la sentenza impugnata.

In ispecie, è corretta, anzitutto, l'interpretazione del primo giudice, secondo cui il requisito – di cui alla lex specialis di gara – della piena disponibilità di uno o più centri di cottura debitamente autorizzato nella fase transitoria di realizzo/ristrutturazione cucina interna dei presidi e/o durante le emergenze, non è condizione di partecipazione alla gara, ma condizione di aggiudicazione e di stipulazione del contratto, ponendosi una diversa interpretazione, quale quella propugnata dall'appellante (secondo cui l'aggiudicatario avrebbe modificato la propria offerta, presentando in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta ulteriori giustificazioni con le quali avrebbe espressamente dichiarato che «i due centri cottura d'emergenza (…) sostituiscono quelli indicati in gara tenuto conto che sono trascorsi più di 2 anni dalla data di formulazione del progetto tecnico e che durante tale lasso di tempo sono intervenute variazioni organizzative e logistiche impreviste e imprevedibili». L'aggiudicatario avrebbe in tal modo modificato illegittimamente l'offerta e la stazione appaltante, anziché sanzionare tale inammissibile modifica dell'offerta con l'esclusione dalla gara, o quantomeno con l'elisione dei punteggi assegnati allo stesso per tale criterio valutativo, gli avrebbe addirittura aggiudicato la gara medesima), in palese e irrimediabile contrasto con i principi di libera concorrenza, di libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi e di parità di trattamento. In questo stesso senso si erano già espressi il Consiglio di Stato, con sentenze della Sez. V, 22 giugno 2010, n. 3887 e 13 aprile 2012, n. 2101, e l'allora AVCP (ora ANAC), con deliberazione n. 22 dell'8 maggio 2013: la disponibilità dei centri di cottura nello stesso ambito territoriale deve essere prevista e intesa solo come forma di “impegno” per l'aggiudicatario, affinché risulti in linea con i principi di libera concorrenza, di libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi e di parità di trattamento, favorendosi altrimenti le sole imprese operanti nel territorio interessato dalla fornitura del servizio. Trattasi, pertanto, non di requisito essenziale di ammissione alla gara, ma più semplicemente (e ragionevolmente) di elemento di valutazione («quello relativo all'organizzazione gestionale del servizio con specifico riferimento ai piani di emergenza da attuare nel caso in cui la cucina non fosse in grado di funzionare per guasti o altre sopravvenienze»), al quale deve attenersi la Commissione.

Privo di fondamento è, altresì, il secondo motivo di ricorso, secondo cui l'aggiudicatario sarebbe incorso nella violazione dell'art. 38, comma 1, lett. f) d.lgs. n. 163 del 2006 per aver dichiarato, in sede di gara, l'insussistenza di grave negligenza o malafede nella esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che ha bandito la gara, nonché di errori gravi nell'esercizio dell'attività professionale, accertati con qualsiasi prova dalla stazione appaltante, quando invece risulterebbe una risoluzione disposta, ai sensi dell'art. 1456 c.c., dalla medesima stazione appaltante di un precedente contratto di appalto con il medesimo aggiudicatario.

Secondo l'adito Consiglio di Stato, tuttavia, il giudice di primo grado ha correttamente ritenuto che gli addebiti mossi all'aggiudicatario sono stati cancellati dall'adozione di una successiva deliberazione con cui la stazione appaltante aveva revocato la precedente deliberazione di risoluzione. Una volta, invero, che la delibera con la quale si è proceduto alla risoluzione per inadempimento del contratto di appalto è stata revocata, anche se per una pluralità di ragioni, la delibera è tamquam non esset e, cioè, privata di effetti giuridici e, pertanto, non può essere utilizzata per far valere la negligenza commessa dal concorrente nell'esecuzione di un precedente rapporto contrattuale con la medesima stazione appaltante.

Del pari infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso per aver l'aggiudicatario correttamente considerato, nel formulare la propria offerta economica, il dato presuntivo riferito non al numero dei pasti giornalieri erogati nel compendio territoriale de L'Aquila – come erroneamente sosteneva l'appellante –, bensì al numero dei posti letto, come del resto chiarito dalla stazione appaltante in corso di gara.

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