Il TAR Lazio sulle cause di incompatibilità giustificative dell’esclusione dalla gara

Giusj Simone
15 Luglio 2016

La circostanza che il legale rappresentante della società mandante del RTI aggiudicatario di un lotto relativo ad ASL operante nell'ambito territoriale in cui il medesimo ricopre anche la carica di Sindaco non costituisce causa di incompatibilità tanto da determinarne l'esclusione, laddove non emerga lo svolgimento di alcuna attività interferente con la gara di appalto né, più a monte, di attività decisionale in grado di incidere sul processo deliberativo della Stazione Appaltante così da poterne risultare favorito, a discapito delle altre ditte partecipanti alla procedura.

Il TAR Lazio, sede di Roma, investito di un ricorso – avverso l'aggiudicazione definitiva dei lotti per «l'affidamento del multiservizio tecnologico e di fornitura dei vettori energetici agli immobili di proprietà o nella disponibilità delle Aziende Sanitarie della Regione Lazio» – variamente articolato nelle numerose censure e domande formulate dalla ricorrente, nonché nelle altrettanto numerose eccezioni formulate dalle controparti resistenti, ritiene di respingerlo perché infondato, soffermandosi in particolare sul preteso conflitto di interessi tra la stazione appaltante e il RTI aggiudicatario che, a dire di parte ricorrente, avrebbe dovuto determinare l'esclusione dalla gara del medesimo RTI.

Il TAR, al riguardo, ritiene di dover precisare, preliminarmente, che nel processo amministrativo la legittimazione passiva, in aderenza ai caratteri impugnatori propri del processo medesimo (cfr. art. 41, comma 2, cod. proc. amm.), deve essere riferita all'Amministrazione che ha effettivamente emesso l'atto amministrativo e la notificazione del ricorso, in quanto volto all'ottenimento dell'annullamento di un atto amministrativo, deve essere effettuata presso l'Amministrazione che ha adottato il provvedimento impugnato ovverosia all'Amministrazione cui è ex lege attribuito il potere di porre in essere i provvedimenti reclamati, alla stregua di quanto disposto dal cit. art. 41, comma 2, cod. proc. amm. Tanto è valso al TAR per chiarire la corretta individuazione dell'Amministrazione resistente (nel caso di specie, la sola Regione Lazio in qualità di Stazione Appaltante e non anche l'ASL Roma 2, estromessa per l'effetto dal giudizio) e, conseguentemente, escludere la sussistenza della pretesa incompatibilità del legale rappresentante della società mandante del RTI aggiudicatario di un lotto relativo ad ASL operante nell'ambito territoriale in cui il medesimo ricopre anche la carica di Sindaco: sia l'ASL sia il Comune sono del tutto estranei alle decisioni inerenti la necessità di indizione della gara nonché a tutte quelle occorse per l'espletamento della stessa, riconducibili unicamente alla Stazione Appaltante, cosicché deve escludersi che la sovrapposizione in capo alla medesima persona delle due figure (di legale rappresentante della mandante del RTI aggiudicatario e di Sindaco del Comune nel cui ambito territoriale opera l'ASL cui si riferisce il lotto oggetto di aggiudicazione) possa avere in qualche modo favorito il RTI aggiudicatario, tanto più in mancanza di prove.

Si sofferma, altresì, l'adito TAR sulla controversa composizione della Commissione giudicatrice e chiarisce, al riguardo, che dalla semplice lettura dell'art. 84 d.lgs. n. 163 del 2006 emerge che nelle gare pubbliche la competenza della Commissione giudicatrice può ritenersi concretamente soddisfatta ancorché due dei suoi tre componenti, come nel caso di specie, siano portatori di una specifica competenza nel settore cui il singolo appalto si riferisce ed il terzo membro vanti comunque una competenza tecnica generale in materia di pubbliche gare, specificità altrettanto necessaria per i fini di cui si tratta. Occorre, infatti, considerare che è la Commissione giudicatrice nel suo complesso a dover garantire il possesso di tutte le competenze occorrenti per la valutazione delle offerte delle singole gare, senza che possa inferirsi, a contrario, la necessità che i componenti siano tutti dotati di competenze specifiche, essendo senz'altro sufficiente che la maggioranza dei membri sia composta da soggetti forniti delle speciali conoscenze rispetto all'oggetto di gara.

Ribadendo, infine, il consolidato orientamento giurisprudenziale in punto di modalità di custodia dei plichi e degli strumenti utilizzati per garantire la segretezza delle offerte (cfr. per tutte, Cons. Stato, Ad. Plen., 3 febbraio 2014, n. 8), il TAR torna a precisare che la mancata dettagliata indicazione nei verbali di gara delle specifiche modalità di custodia dei plichi e degli strumenti utilizzati per garantire la segretezza delle offerte non costituisce di per sé motivo di illegittimità del verbale e della complessiva attività posta in essere dalla commissione di gara, dovendo invece aversi riguardo al fatto che, in concreto, sia stata alterata la genuinità delle offerte. La legittimità della procedura deve essere, invero, valutata in modo sostanziale e non meramente formale, dovendosi accertare che non si sia verificata, in concreto, alcuna violazione della segretezza delle offerte che abbia comportato l'eventuale alterazione della documentazione rimasta incustodita, o anche solo il pericolo che una tale manipolazione possa essersi verificata. Il che, nel caso di specie, non è stato, mancando indicazioni circa la lesione del principio di segretezza.