Risarcimento del danno e onere della prova

Nicola Posteraro
15 Dicembre 2016

Nel formulare la richiesta di risarcimento del danno per danno emergente e lucro cessante, il ricorrente deve provare la reale consistenza del danno subito, dimostrando altresì che la sua sfera giuridica non si è accresciuta nella misura che avrebbe raggiunto se il provvedimento viziato non fosse stato adottato o eseguito.

La sentenza ricorda che, nel formulare la richiesta di risarcimento, il ricorrente non può unicamente evocare, in punto di ricostruzione teorica della pretesa, le due componenti «del danno emergente e del lucro cessante», limitandosi ad affermare che l'ammontare del danno «andrà dunque quantificato tenendo conto sia delle spese sostenute per la partecipazione alla gara e del pregiudizio all'immagine, sia in particolare dell'utile che la ricorrente avrebbe conseguito dall'esecuzione dell'appalto» ed invitando il TAR ad indicare i criteri per la liquidazione del danno ai sensi dell'(allora vigente) art. 35, comma 2, d.lgs. n. 80 del 1998.

Così formulata, infatti, la domanda è del tutto generica in ordine sia all'an che al quantum oggetto di richiesta, non essendo fornita alcuna prova (e, in verità, neanche meri indizi) circa la reale consistenza del danno subito.

Secondo la giurisprudenza amministrativa, invece, se per la prima voce di danno (quello emergente) non si pongono particolari problemi nell'assolvimento dell'onere della prova, essendo sufficiente documentare le spese sostenute, per la seconda (lucro cessante) l'interessato, per avere accesso al risarcimento, deve dimostrare non solo che la sua sfera giuridica ha subito una diminuzione per effetto dell'atto illegittimo, ma anche che non si è accresciuta nella misura che avrebbe raggiunto se il provvedimento viziato non fosse stato adottato o eseguito (cfr., analogamente, da ultimo, ex multis: TAR Toscana, Sez. II, sent. n. 1187 del 2016; TAR Campania, Napoli, Sez. I, sent. n. 2212 del 2016; Cons. St., Sez. IV, sent. n. 1708 del 2015).

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