Sulla liquidazione equitativa del danno ai sensi dell’articolo 1226 c.c.

Enrico Zampetti
16 Febbraio 2017

Il danno da mancato affidamento dell'appalto o del subappalto è in re ipsa nel pregiudizio economico subito dall'operatore economico per non avere potuto eseguire il contratto. Tale danno può essere liquidato equitativamente dal giudice ai sensi dell'art. 1226 c.c., tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto. Non impedisce la liquidazione equitativa del giudice la circostanza per cui la ricorrente non abbia specificamente provato l'entità del pregiudizio sofferto.

Il caso in esame origina dal provvedimento con cui la stazione appaltante nega all'aggiudicataria l'autorizzazione al subappalto di una parte del servizio oggetto di affidamento. Avverso il diniego ricorre al TAR Lazio la ditta indicata dall'aggiudicataria come subappaltatrice, formulando contestualmente domanda risarcitoria. La sentenza in commento rileva l'illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di motivazione e contrasto con l'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e, conseguentemente, accoglie la domanda risarcitoria sul presupposto che il danno sarebbe in re ipsa nel pregiudizio subito dal mancato affidamento del subappalto. Nel dare atto che la ricorrente non ha comunque provato l'entità del pregiudizio sofferto, la pronuncia liquida equitativamente il danno, ai sensi dell'art. 1226 c.c., nell'importo del 2% del valore del subappalto.

Così sinteticamente ricostruita la vicenda, l'aspetto di maggiore interesse della sentenza riguarda essenzialmente la riconosciuta possibilità di ricorrere al potere equitativo del giudice pur in assenza di prova da parte della ricorrente sull'entità del pregiudizio sofferto. Si tratta di un profilo di particolare attualità rispetto al quale non si registrano in giurisprudenza posizioni unanimi. Sebbene infatti l'orientamento prevalente escluda ormai l'utilizzazione di criteri forfettari ai fini della quantificazione del danno, ma richieda piuttosto al ricorrente di fornire prova della percentuale di utile effettivo che avrebbe concretamente conseguito se si fosse visto aggiudicare l'appalto (ex multis, Cons. St., Sez. V, 17 ottobre 2016, n. 4272), non risulta allo stato chiaramente definito se, in assenza di specifica prova sul quantum del danno, la domanda risarcitoria possa essere comunque accolta riconoscendo al giudice il potere di liquidare equitativamente il danno lamentato. Al riguardo, una parte della giurisprudenza tende ad ammettere in via generale il potere equitativo del giudice ritenendo sufficiente, ai fini dell'accoglimento della domanda risarcitoria, che il danno sia allegato e provato (almeno) nell'an della sua esistenza (Cons. St., Sez, III, 10 aprile 2015, n. 1839; Cons. St., Sez. V, 19 gennaio 2017, n. 222). Al contrario, una posizione più restrittiva parrebbe invece escludere un ricorso generale al potere equitativo del giudice, ammettendolo soltanto nelle ipotesi in cui la prova del danno si riveli particolarmente difficile ovvero l'entità del pregiudizio sia oggettivamente incerta (TAR Lazio, Roma, Sez. III, 15 giugno 2016, n. 6888; Cons. St., Sez. V, 31 ottobre 2016 n. 4562; Cons. St., Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4298). Secondo questa ricostruzione, la mancata allegazione della prova del (quantum) del danno da parte del ricorrente comporterebbe l'inammissibilità della domanda o comunque il suo rigetto, non potendosi ravvisare nel potere equitativo del giudice il rimedio generale per supplire alle carenze probatorie della domanda risarcitoria.

La sentenza in commento si pone in linea con la posizione meno restrittiva, con la particolarità che le relative conclusioni vengono estese alle fattispecie di danno riconducibili alla mancata autorizzazione al subappalto.

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