Rimesse all’Adunanza Plenaria due questioni in ordine agli effetti della cessione di ramo d’azienda sul possesso della qualificazione SOA

Riccardo Pappalardo
16 Marzo 2017

La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza Plenaria le seguenti questioni: a) se, in mancanza di una nuova richiesta di attestazione SOA di cui all'art. 76, comma 11, d.P.R. n. 207 del 2010, la cessione di ramo d'azienda, in virtù dell'effetto traslativo, comporti sempre e comunque il venir meno della qualificazione, oppure, se debba verificarsi in concreto l'effettiva perdita in capo al cedente della consistenza che gli ha consentito di ottenere le attestazioni SOA; b) se, ai fini della conservazione della qualificazione, possa assumere rilevanza una successiva attestazione “sanante” con cui l'organismo SOA accerti che, in seguito alla cessione di una parte del compendio aziendale, l'impresa cedente mantenga comunque tutti i prescritti requisiti.

La Terza Sezione del Consiglio di Stato (con ordinanza del 13 marzo 2017, n. 1152) ha rimesso all'Adunanza Plenaria due articolate questioni concernenti tanto l'incidenza della cessione di ramo d'azienda sull'efficacia delle attestazioni SOA, quanto l'eventuale capacità “sanante” di una attestazione SOA, rilasciata successivamente alla cessione, che accerti il mantenimento dei requisiti di qualificazione.

Con riferimento alla prima questione, dando atto dell'attuale contrasto giurisprudenziale, la Sezione ha chiesto all'Adunanza Plenaria di chiarire quali effetti produca la cessione di ramo d'azienda sulle attestazioni SOA rilasciate al cedente.

Si sono ipotizzate due diverse soluzioni.

Un primo orientamento della IV Sezione del Consiglio di Stato (cfr. sentenze, 29 febbraio 2016, nn. 811, 812 e 813) ha ritenuto che, qualora non si sia attivato il procedimento per l'ottenimento di una nuova attestazione SOA, così come previsto dall'art. 76, comma 11, d.P.R. n. 207 del 2010, la cessione del ramo d'azienda comporta, in virtù dell'effetto traslativo, la perdita di efficacia della qualificazione indipendentemente da quali e quanti requisiti vengano realmente trasferiti. Tale effetto decadenziale opererebbe automaticamente (e, dunque, indipendentemente dall'adozione di un provvedimento dichiarativo espresso), persino nell'ipotesi in cui, a seguito di una verifica ex post da parte della SOA, sia espressamente escluso un effetto della cessione sui requisiti di qualificazione.

A tale indirizzo si contrappone la coeva giurisprudenza della V Sezione del Consiglio di Stato (cfr. sentenze, 18 ottobre 2016, nn. 4347 e 4348), la quale afferma che non ogni trasferimento di ramo d'azienda comporta di per sé l'automatica decadenza delle attestazioni SOA, dovendosi, al contrario, verificare in concreto se il cedente abbia effettivamente perduto i requisiti di qualificazione.

Il Collegio remittente aderisce a quest'ultimo orientamento e riprende un proprio precedente conforme in cui si sosteneva che occorresse escludere qualsiasi automatismo decadenziale conseguente alla cessione d'azienda, occorrendo, viceversa, aver riguardo alla causa in concreto del negozio di cessione e al sottostante regolamento di interessi voluto dalle parti, in tutta la sua ampiezza, complessità e particolarità, per determinare se la cessione dei beni aziendali comportasse, o meno, la perdita dei requisiti di cui alle attestazioni SOA in capo alla cedente (si v. Cons. St., sez. III, 17 dicembre 2015, n. 5706).

In particolare, ad avviso del Collegio, l'orientamento per cui la decadenza della qualificazione interverrebbe solamente nel caso in cui il cedente abbia concretamente perso la consistenza aziendale che gli aveva consentito di ottenere le attestazioni SOA risulterebbe rafforzato allorché si consideri che se il cessionario, in virtù della cessione, non acquista automaticamente la qualificazione, allora, ex adverso, non vi è ragione per ritenere che la controparte contrattuale cedente possa automaticamente perderla.

Tantoché, prosegue l'ordinanza, l'art. 76, comma 11, del d.P.R. n. 207 del 2010, prende a riferimento solo quelle cessioni di ramo d'azienda che abbiano determinato (o siano idonee a determinare) in capo al cessionario il diritto al conseguimento dell'attestazione sulla base dei requisiti speciali ceduti. Pertanto, deve ritenersi che la fattispecie di cessione contemplata dalla disposizione sia soltanto quella in cui il cedente si spogli definitivamente di tutte quelle risorse aziendali che sostanzino la sua qualificazione.

Con l'ordinanza in esame, è stato rimesso all'Adunanza anche un secondo quesito strettamente collegato al primo. Il Collegio, infatti, si interroga se, ai fini della conservazione della qualificazione SOA, possa assumere rilevanza l'attestazione successiva con cui l'organismo SOA accerti che, anche a seguito della cessione di una parte del compendio aziendale, l'impresa cedente mantenga tutti i requisiti richiesti. Opinando in senso contrario, ossia ritenendo che l'accertamento effettuato dalla SOA possa valere solo per il futuro, senza alcuna capacità di “sanare” la perdita dell'attestazione, si andrebbe incontro, ad avviso del Collegio, a possibili censure di incostituzionalità nella misura in cui si equiparerebbe irragionevolmente la situazione del cessionario (per cui deve essere accertato da parte della SOA che i requisiti acquistati dallo stesso siano in concreto sufficienti a conseguire la qualificazione) a quella del cedente (che, invece, possedeva i requisiti e che si presume continui a possederli sino a quando la SOA, in sede di verifica, non lo escluda).

In conclusione, a fronte di questo quadro di profonda incertezza, la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza Plenaria i seguenti quesiti, così formulati:

1. Se, ai sensi dell'art. 76, comma 11, del d.P.R. n. 207 del 2010 debba affermarsi il principio per il quale, in mancanza dell'attivazione del procedimento ivi contemplato (in sostanza, nuova richiesta di attestazione SOA), la cessione del ramo d'azienda comporti sempre, in virtù dell'effetto traslativo, il venir meno della qualificazione, o piuttosto, se debba prevalere la tesi che alla luce di una valutazione in concreto limita le fattispecie di cessione, contemplate dalla disposizione, solo a quelle che in quanto suscettibili di da dar vita ad un nuovo soggetto e di sostanziarne la sua qualificazione, presuppongono che il cessionario se ne sia definitivamente spogliato, ed invece esclude le diverse fattispecie di cessione di parti del compendio aziendale, le quali, ancorché qualificate dalle parti come trasferimento di “rami aziendali”, si riferiscano, in concreto, a porzioni prive di autonomia funzionale e risultano pertanto inidonee a consentire al soggetto cedente di ottenere la qualificazione.

2. Se l'accertamento effettuato dalla SOA, su richiesta o in sede di verifica periodica, valga sempre e solo per il futuro, oppure se, nei casi in cui l'organismo SOA accerti ex post il mantenimento dei requisiti speciali in capo al cedente, nonostante l'avvenuta cessione di una parte del compendio aziendale, l'attestazione possa anche valere ai fini della conservazione della qualificazione senza soluzione di continuità.