Anche l’ANAC è legittimata a ricorrere davanti al giudice amministrativo

16 Giugno 2017

Il 15 giugno 2017 il Senato rinnovando la fiducia al Governo, ha approvato definitivamente il ddl n. 2853 di conversione in legge del decreto-legge in materia finanziaria (cd. "manovrina"). L'art. 52-ter reca modifiche all'art. 211 del Codice dei contratti pubblici attribuendo all'ANAC, per alcune categorie di atti, la legittimazione a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo. Si segnalano i passaggi dell'iter di approvazione della disposizione e le principali novità da essa introdotte.
Premessa

L'art. 52-ter della cd. “manovrina” (ddl n. 2853 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), approvata, in via definitiva dal Senato il 15 giugno 2017, attribuisce all'ANAC la legittimazione a ricorrere davanti al giudice amministrativo per l'impugnazione di alcune categorie di atti relativi alle procedure di affidamento dei contratti pubblici.

La disposizione, ricalcando la formulazione dell'art. 21-bis l. n. 287 del 1990 che, come noto, attribuisce all'AGCM la legittimazione a ricorrere avverso i provvedimenti lesivi della concorrenza e del mercato, se ne differenzia per l'ambito applicativo non necessariamente coincidente (impugnazione dei bandi, altri atti generali e provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, adottati in violazione delle disposizioni in materia di contratti pubblici), la cui formulazione generica sarà probabilmente definita da un Regolamento appositamente adottato dall'ANAC.

Il legislatore ha inserito il nuovo potere dell'ANAC, con l'innesto di tre nuovi commi all'interno dell'art. 211 c.c.p., sostituendolo al potere di “raccomandazione vincolante” originariamente previsto dall'art. 211, comma 2, c.c.p. prima dell'abrogazione disposta dall'art. 123, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 56 del 2017 (cd. decreto “correttivo”). La conservazione dell'originaria rubrica “Precontenzioso” (evidentemente riferita al procedimento di cui al primo comma dell'art. 211) che non trovava giustificazione rispetto al precedente potere di “raccomandazione vincolante” sembra, invece, maggiormente in sintonia con la legittimazione a ricorrere dell'ANAC il cui esercizio è obbligatoriamente preceduto da una fase “consultiva” (almeno) temporalmente definibile quale “precontenziosa”, ancorché completamente differente rispetto al procedimento disciplinato dal comma 1.

La "struttura" della legittimazione a ricorrere dell'ANAC

L'ambito applicativo della legittimazione processuale dell'ANAC è circoscritto all'impugnazione:

▪ dei bandi;

▪ degli “altri atti generali”;

▪ dei provvedimenti relativi ai contratti di rilevante impatto di qualsiasi stazione appaltante che l'Autorità ritenga adottati in violazione delle norme in materia di contratti pubblici.

Sotto tale profilo la legittimazione a ricorrere dell'ANAC si differenzia rispetto al più esteso ambito attribuito per l'azione, ex art. 21-bis, dell'AGCM che può impugnare «gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato». Il procedimento per l'attivazione del suddetto potere è invece analogo a quello previsto dall'art. 21-bis e si divide in una prima fase a carattere consultivo e in una seconda (eventuale) di impugnativa in sede giurisdizionale condizionata al mancato adeguamento della stazione appaltante al parere adottato e comunicatole dall'Autorità.

Più nel dettaglio, la disposizione stabilisce che:

-> (1) l'ANAC adotta un parere motivato avverso il provvedimento della stazione appaltante, ritenuto viziato da gravi violazioni delle disposizioni del Codice, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, indicando specificatamente i vizi di legittimità riscontrati;

-> (2) qualora la stazione appaltante non si conformi al parere motivato dell'ANAC, entro il termine assegnato dall'ANAC, e comunque entro il limite massimo di sessanta giorni dalla trasmissione del parere, l'ANAC possa, entro i successivi trenta giorni, presentare ricorso davanti al giudice amministrativo. In tale caso, la disposizione precisa che dovrà applicarsi il rito di cui all'art. 120 c.p.a.

L'art. 52-ter stabilisce inoltre che l'ANAC potrà individuare con regolamento i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercitare i suddetti poteri.

L'iter di approvazione del nuovo art. 211 comma 1-bis, comma 1-ter e comma 1 -quater

Come accennato in premessa, la legittimazione a ricorrere dell'ANAC si colloca all'interno dell'art. 211 c.c.p., sostituendosi al (completamente) diverso potere di “raccomandazione vincolante” originariamente inserito nell'art. 211, comma 2 e successivamente abrogato dall' art. 123, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 56 del 2017 (cd. decreto “correttivo”).

Il potere di “raccomandazione vincolante” consentiva all'ANAC, qualora avesse ritenuto sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara, di inviare, una raccomandazione alla stazione appaltante invitandola ad agire in autotutela e a rimuovere gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a sessanta giorni.

Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell'Autorità entro il termine fissato era punito con la sanzione amministrativa pecuniaria entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000, posta a carico del dirigente responsabile. La sanzione, che incideva altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, era impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'art. 120 c.p.a.

Sin dalla sua introduzione nello schema, la suddetta disposizione era stata oggetto di numerose critiche sia della dottrina che del Consiglio di Stato il quale, nei propri Pareri consultivi (Cons. St., Comm. Spec., parere 1 aprile 2016 n. 855; ribadite anche nel Parere sullo schema del regolamento di vigilanza Cons. St., 28 dicembre 2016, n. 2777; e da ultimo sullo schema di decreto “correttivo”, Cons. St., 30 marzo 2017, n. 782) si era soffermato più volte sull'istituto proponendo interpretazioni “adeguatrici” e avanzando proposte di modifica.

Nel Parere n. 855 del 2016, la Commissione speciale aveva segnalato talune criticità (vertenti sia sul piano della compatibilità con il sistema delle autonomie sia sul crinale della ragionevolezza e della presunzione di legittimità degli atti amministrativi), suggerendo due proposte di modifica per la riformulazione del testo trasmesso dal Governo. La Commissione segnalava, in primo luogo, che sarebbe stata preferibile «una riformulazione in chiave di controllo collaborativo, ispirata alla disciplina dettata dall'art. 21-bis l. n. 287 del 1990, compatibile con i principi costituzionali e con i limiti della legge delega, che parla di “controllo”» richiamando, a tal fine, la locuzione usata dalla Corte Costituzionale (14 febbraio 2013, n. 20) con riguardo alla legittimazione processale conferita all'AGCM.

Il Parere, inoltre, riferendosi alla “raccomandazione vincolante” evidenziava che «nell'attuale formulazione del codice, il meccanismo opera per qualsivoglia atto di gara» e pertanto il Governo avrebbe dovuto valutare la possibilità di «limitarne l'operatività ai soli atti più importanti, quali i bandi, gli altri atti generali, nonché atti di gara per appalti di particolare rilevanza». Si segnalava, altresì, che «in caso di opzione per un potere di impugnazione generalizzato, va comunque considerata la facoltà dell'ANAC di selezionare le procedure su cui intervenire. Tale potere selettivo potrebbe essere, se del caso, ulteriormente definito in apposite linee guida dell'ANAC di individuazione ex ante, in via di autolimitazione, delle tipologie di casi in cui il potere di raccomandazione viene esercitato».

Il Consiglio di Stato suggeriva pertanto le seguenti due nuove formulazioni della disposizione (la prima più restrittiva e la seconda più generale) da scegliersi in via alternativa:

«1) L'Anac è legittimata ad agire in giudizio contro i bandi, gli altri atti generali e i provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, di qualsiasi stazione appaltante che violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (comma 1). L'Anac, se ritiene che un atto del comma 1 sia affetto da un vizio di legittimità emette, entro sessanta giorni, un parere motivato nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la stazione appaltante non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere l'Autorità può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Ai giudizi di cui al periodo precedente si applica l'art. 120 c.p.a. (comma 2)»

«2) L'Anac è legittimata ad agire in giudizio contro i bandi, gli altri atti generali e i provvedimenti di qualsiasi stazione appaltante che violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (comma 1). L'Anac, se ritiene che un atto del comma 1 sia affetto da un vizio di legittimità emette, entro sessanta giorni, un parere motivato nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la stazione appaltante non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere l'Autorità può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Ai giudizi di cui al periodo precedente si applica l'art. 120 c.p.a. (comma 2). L'Anac con proprie linee guida può individuare i casi, o le tipologie di provvedimenti, di cui al comma 1 in relazione ai quali esercitare i poteri di cui al comma 2 (comma 3)».

Con una soluzione di “compromesso” il legislatore ha accolto la prima opzione (più restrittiva) aggiungendovi comunque il comma 3 (modificato in ordine alla tipologia di provvedimento attuativo) riservando all'ANAC l'ulteriore “auto-limitazione” del campo applicativo del proprio potere. I tre nuovi commi dell'art. 211 dispongono che:

▪ 1-bis. L'ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

▪ 1-ter. L'ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall'ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l'ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l'art. 120 c.p.a. di cui all‘allegato 1 annesso al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

▪ 1-quater. L'ANAC, con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter”.

In conclusione

La novella ha evidentemente il pregio di superare le criticità che inevitabilmente affliggevano la disposizione con cui il legislatore delegato aveva introdotto nell'ordinamento, un “eccentrico” (volendo richiamare un'espressione utilizzata dal Consiglio di Stato nel Parere n. 2777 cit.) potere di “raccomandazione vincolante”.

Oltre ai profili di eccesso di delega e all'evidente frizione con il principio di legalità più volte segnalati anche dai Pareri, la dottrina aveva denunciato, in particolare, il deferimento all'ANAC di una sorta di “esclusiva” sul controllo degli atti di gara (e in particolare quelli sulle ammissioni/esclusioni dalla gara), sottratto al giudice amministrativo in forza della preclusione posta nell'art. 120, comma 2-bis, c.p.a..

Recentemente il TAR Lazio, Roma, Sez. III, 28 marzo 2017, n. 3971, (con commento di C. TANZARELLA, Legittimazione e differimento dell'accesso agli atti tra rito c.d. super accelerato e parere di precontenzioso dell'ANAC) aveva infatti ammesso, nonostante lo spirare del termine di trenta giorni per l'impugnazione degli atti di ammissione alla gara, la possibilità di ottenere l'accesso agli stessi, proprio in ragione della permanenza dell'interesse, in capo all'istante, a sollecitare l'esercizio dei poteri attribuiti all'ANAC (ante decreto correttivo) dall'art. 211, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016.

Completamente abbandonando il potere di “raccomandazione” la nuova disposizione consente all'ANAC di agire in giudizio solo dopo aver esperito una prima fase “consultiva” che non “maschera” un'ingerenza nell'esercizio del potere di autotutela della stazione appaltante. Quest'ultima infatti, dopo aver ricevuto il parere dell'ANAC, avrà 60 giorni per decidere se adeguarsi o meno, senza il timore di incorrere, laddove ciò non avvenga, in una sanzione pecuniaria o reputazionale. L'Autorità, infatti, potrà impugnare l'atto non modificato o modificato in parte rispetto al suo parere, rimettendo al giudice amministrativo il vaglio circa la legittimità o meno dell'atto o del provvedimento in contestazione.

Come accennato nei precedenti paragrafi, l'oggetto dell'impugnazione proponibile dall'ANAC è, in forza di una disposizione (comma 1-bis) dal tenore inaccettabilmente generico, delimitato ai “bandi” e agli “altri atti generali”, con esclusione dei “provvedimenti” (tra cui quelli di aggiudicazione) se non nell'ipotesi in cui questi ultimi siano “relativi a contratti di rilevante impatto”.

Quanto alla legittimazione all'impugnazione “dei bandi” adottati in violazione della normativa sui contratti pubblici, la novela sembra collocarsi nel solco di una più generale tendenza a favorire l'anticipazione dell'eventuale contenzioso nella fase “d'esordio” della gara senza necessità di attenderne l'esito, consentendo l'impugnazione delle clausole degli atti di gara che siano in contrasto con la normativa sui contratti pubblici.

Il riferimento è infatti alla giurisprudenza amministrativa che ha di recente solcato la strada verso un ripensamento del “diritto vivente” sulla legittimazione a ricorrere contro le clausole del bando di gara qualora siano in contrasto con i principi posti dal nuovo Codice dei contratti (Cons. St., sez. III, 2 maggio 2017, n. 2014, in Federalismi.it, con nota di G.A. Giuffré, Revirement del Consiglio di Stato sull'immedita impugnabilità della scelta del criterio per la selezione delle offerte) o che siano anche solo limitative delle chances di aggiudicazione (TAR Liguria, sez. II, 29 marzo 2017 n. 263 che ha rimesso la questione alla CGUE). Nella prima delle citate pronunce il Consiglio di Stato ha suggestivamente stigmatizzato l'evoluzione del concetto di “interesse” tramite una lettura sistematica delle modifiche normative apportate dal nuovo Codice dalle quali sembra emergere una nuova nozione di “bene della vita” meritevole di protezione «più ampia di quella tradizionalmente riferita all'aggiudicazione», seppur non coincidente con il generale interesse alla mera legittimità dell'azione amministrativa. Nel mutato quadro della materia dei contratti pubblici (in cui si inseriva anche la “raccomandazione vincolante”) gli elementi «fisiologicamente disciplinati dal bando o dagli altri atti di avvio della procedura» assumono - avverte il Consiglio di Stato - «rilievo sia nell'ottica del corretto esercizio del potere di regolazione della gara, sia in quella dell'interesse del singolo operatore economico ad illustrare ed a far apprezzare il prodotto e la qualità della propria organizzazione e dei propri servizi» così assicurando «nella logica propria dell'interesse legittimo (figlio della sintesi di potere e necessità) la protezione di un bene della vita che è quello della competizione secondo il miglior rapporto qualità prezzo», un bene, «cioè, diverso, e dotato di autonoma rilevanza rispetto all'interesse finale all'aggiudicazione».

In quest'ottica, qualora il bando oggetto dell'impugnazione dell'ANAC (preceduta dall'invio del parere alla stazione appaltante) sia stato già impugnato dall'operatore economico che abbia ravvisato la medesima violazione, potrebbe essere preferibile, qualora la stazione appaltante successivamente alla ricezione del parere non si sia conformata in tutto o in parte a quanto segnalato dall'Autorità, un intervento adesivo dell'Autorità alla posizione fatta valere in giudizio dal ricorrente e non, in virtù dei principi di concentrazione e certezza, l'avvio di un autonomo e ulteriore giudizio.

Quanto agli altri “atti generali”, il regolamento dell'ANAC dovrebbe invece chiarire se in tale categoria possano rientrare anche atti non emanati da “una stazione appaltante” giacché, a stretto rigore, il comma 1-ter pone solo tale soggetto tra i destinatari del parere eventualmente prodromico all'impugnazione.

Sebbene l'elencazione degli atti e provvedimento oggetto della nuova attribuzione dell'ANAC probabilmente sarà ulteriormente specificata dall'Autorità, tra i “provvedimenti” impugnabili potrebbero, in ipotesi, inserirsi, purché riferiti a contratti di “rilevante impatto”, anche gli atti di ammissione e di esclusione oggetto di pubblicazione ai sensi dell'art. 29, comma 1 del Codice. In tal caso, spirato il termine di trenta giorni per l'impugnazione da parte dei candidati esclusi e/o dei concorrenti ammessi residuerebbe (per altri trenta giorni) il potere dell'ANAC di sollecitare la stazione appaltante all'eliminazione delle eventuali violazioni riscontrate e, eventualmente, di impugnare i relativi atti. Nella suddetta ipotesi non sembra peraltro applicabile il rito super-speciale, giacché per espressa previsione dell'art. 211 comma 1-ter, dovrebbe trovare applicazione il “rito speciale”.

La scansione procedimentale prevista dal comma 1-ter, nell'ipotesi dell'impugnazione di un provvedimento di aggiudicazione, non sembra peraltro coordinarsi con il termine acceleratorio di cui all'art. 32, comma 8, c.c.p., a norma del quale «divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro i successivi sessanta giorni».

Analogamente a quanto ormai ritenuto pacifico per la legittimazione dell'AGCM, deve inoltre escludersi che il parere formulato dall'ANAC e il provvedimento con il quale la stazione appaltante non si conformi o si conformi solo in parte al parere, siano immediatamente impugnabili. Al pari dell'art. 21-bis cit., la legittimazione ad agire in giudizio è infatti limitata all'atto originario assunto in violazione delle norme sui contratti pubblici e su cui viene formulato il parere. Qualora la stazione appaltante, una volta ricevuto il parere, emani un nuovo provvedimento quest'ultimo sarà impugnabile con motivi aggiunti tenendo presente che, secondo un indirizzo giurisprudenziale, se diretti contro un provvedimento “sostanzialmente” reiterativo delle violazioni segnalate nel parere già trasmesso dall'Autorità, non dovranno essere preceduti dall'esperimento di una nuova fase “consultiva-precontenziosa”. La giurisprudenza amministrativa (TAR Lombardia, Milano, sez. I, 8 luglio 2016, n. 1356) ha infatti dichiarato irricevibili i motivi aggiunti (e consequenzialmente improcedibile il ricorso introduttivo) proposti dall'AGCM contro il provvedimento adottato dall'Amministrazione reiterativo della violazione già segnalata dall'Autorità, in quanto proposti successivamente all'emissione di un nuovo parere. La sentenza ha evidenziato che, nel silenzio della norma, «non vi è motivo di ritenere che anche la proposizione dei motivi aggiunti debba essere preceduta dalla reiterazione del procedimento interlocutorio di cui al secondo comma dell'art. 21-bis». Ciò in quanto la finalità del procedimento di precontenzioso è quella di consentire «una previa interlocuzione sulle possibili lesioni dei principi concorrenziali implicati dall'azione amministrativa esaminata, con fissazione nel parere dell'Autorità degli specifici profili delle violazioni contestate». Afferma infatti il TAR (condividendo le argomentazioni di TAR Lazio, Roma, Sez. III, 15 marzo 2013, n. 2720), che la reiterazione della richiesta di parere – preliminare all'impugnazione di un nuovo atto che «si ponga in linea di continuità con quello originariamente gravato, inserendosi nella medesima sequenza procedimentale, ed evidenziando analoghi profili di lesività rispetto all'interesse tutelato dall'AGCM» – «potrebbe risultare inutile ed antieconomica” e, di conseguenza, tale reiterazione non può comportare il differimento del termine ordinario di proposizione dei motivi aggiunti, mancandone le idonee ragioni giustificative. Per il TAR, del resto, tale assunto trova sostegno nella stessa funzione dei motivi aggiunti nel processo amministrativo, che mirano a garantire «finalità di economicità, celerità e non aggravamento» oltre che la «prioritaria esigenza di garantire un simultaneus processus per la definizione di fattispecie o vicende sostanzialmente unitarie o strettamente connesse». D'altra parte, l'applicabilità dei “riti speciali” induce l'interprete a risolvere gli eventuali dubbi ermeneutici dando «priorità, anche nel procedimento de quo, [alle] esigenze di celerità e buon funzionamento».

Il regolamento dell'ANAC dovrebbe inoltre, in un'ottica di leale collaborazione e dialogo tra Autorità indipendenti, cercare di evitare il rischio di una sovrapposizione delle azioni (consultiva e giurisdizionale). Gli atti e i provvedimenti ritenuti lesivi della concorrenza impugnabili dall'AGCM possono infatti, al contempo, violare anche la normativa sull'evidenza pubblica (cfr. il contributo di Autorità e prassi, AGCM: ricorso ex art. 21-bis l. n. 287 del 1990 contro l'autorizzazione al subappalto per la redazione di relazioni geologiche) giacché la finalità di quest'ultima è, del resto, (anche) la tutela della concorrenza e dello stesso mercato dei contratti pubblici. Il suddetto rischio appare tuttavia limitato all'impugnazione dei soli bandi e atti generali e risulta attenuato dallo stringente ambito applicativo della novella per la contestazione dei “provvedimenti”: un'aggiudicazione che, in ipotesi, fosse lesiva sia delle regole concorrenziali che della normativa sull'evidenza pubblica potrà essere oggetto (se non afferente ad un contratto di “rilevante impatto”) dell'impugnazione della sola AGCM e non dell'ANAC.

Guida all'approfondimento

Sui profili di criticità dell'abrogato comma 2 dell'art. 211 del Codice cfr. M.A. SANDULLI, Nuovi limiti al diritto di difesa introdotti dal d.lgs. n. 50 del 2016 in contrasto con il diritto eurounitario e la Costituzione, in l'amministrativista;M. LIPARI, La tutela giurisdizionale e “preconteziosa” nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in www.federalismi.it; R. DE NICTOLIS, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Urb. e App., 2016, 5, 503;

Sulla legittimazione a ricorrere dell'AGCM, M. A. SANDULLLI, Introduzione a un dibattito sul nuovo potere di legittimazione al ricorso dell'agcm nell'art. 21bis l. n. 287del 1990, in federalismi.it; M. CLARICH, I poteri di impugnativa dell'agcm ai sensi del nuovo art. 21 bis della l. n. 287/1990, in Justice.luiss.it; F. CINTIOLI, Osservazioni sul ricorso giurisdizionale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e sulla legittimazione a ricorrere delle autorità indipendenti, in www.federalismi.it, n. 12/2012; R. GIOVAGNOLI, Atti amministrativi e tutela della concorrenza. Il potere di legittimazione a ricorrere dell'Agcm nell'art. 21-bis legge n. 287/1990, in www.giustamm.it; G. URBANO, I nuovi poteri processuali delle autorità indipendenti, in Giorn. dir. Amm., 2010, 1022.

Per una riflessione sull'interesse processuale nel prisma degli aspetti della giurisdizione amministrativa “oggettiva” e “soggettiva” si v., AA.VV., Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa, Atti delle giornate di studio in ricordo di Leopoldo Mazzarolli, Siena, 13-14 maggio 2016, (a cura di) M. A. SANDULLI e F. FRANCARIO, Napoli, ESI, 2017; M.A. SANDULLI, Profili soggettivi e oggettivi della giustizia amministrativa: il confronto, in www.federalismi.it, 2017, 3; F. FRANCARIO, Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa, in www.l'amministrativista.it; L. FERRARA, La giustizia amministrativa paritaria e l'attualità del pensiero di Feliciano Benvenuti, in Dir. proc. amm., 2016, 4, 1009; V. CERULLI IRELLI, Legittimazione “soggettiva” e legittimazione “oggettiva” ad agire nel processo amministrativo, ivi, 2014, 341; A. ROMANO TASSONE, Poteri del giudice e poteri delle parti nel nuovo processo amministrativo, in AA.VV., Scritti in onore di Paolo Stella Richter, Napoli, ES, 2013, 461 ss.; Id., Sui rapporti tra giudizio amministrativo ed interesse pubblico, in Annuario AIPDA 2012 - Principio della domanda e poteri d'ufficio del giudice amministrativo, Napoli, ESI, 2013, 247; G. DE GIORGI CEZZI, Interessi sostanziali, parti e giudice amministrativo, in Dir. amm., 2013, 401; F.G. SCOCA, Il modello processuale, in Id. (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2014, 149 ss.; N. PAOLANTONIO, Gli interessi generali nel (e del) processo amministrativo. O del processo amministrativo tra contenuto soggettivo ed oggettivo (osservazioni sparse), in www.giustamm.it.

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