Rapporto tra l’anomalia dell’offerta ed entità dell’utile
16 Dicembre 2016
L'oggetto della controversia concerneva la presunta incongruità dell'offerta dell'aggiudicataria, attesa la previsione di un margine di utile eccessivamente basso, destinato a venir meno in breve tempo (appena lo 0,35% dell'importo a base d'asta), e l'asserita omissione di alcune voci di costo, nonché la sottostima del costo del personale indicato. Di tal ché la sommatoria dei costi aggiuntivi sarebbe stata tale da erodere completamente l'utile dichiarato in sede di giustificazioni. Il Collegio nel rigettare tale gravame ha affermato, in via pregiudiziale, che in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale nelle gare finalizzate all'affidamento di una commessa pubblica la valutazione di anomalia dell'offerta va effettuata considerando tutte le circostanze del caso concreto, poiché un utile all'apparenza modesto può comportare un vantaggio significativo sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa (il mancato utilizzo dei propri fattori produttivi è comunque un costo), sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e dall'aver portato a termine un appalto pubblico, cosicché non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, con l'unico limite del completo azzeramento del margine positivo (Cons. Stato, Sez. V, 17/3/2016, n. 1090; 15/6/2015 n. 2953; 22/1/2015 n. 289; Sez. III, 10/11/2015 n. 5128). In applicazione di detti principi il Collegio ha, dunque, ritenuto l'offerta congrua dal momento che:
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