Analisi degli interventi di competition advocacy svolti in materia di contratti pubblici dall’AGCM ai sensi dell’art. 21-bis, l. n. 287 del 1990. Il quadriennio 2012-2015
24 Marzo 2016
Abstract
Nei primi quattro anni di applicazione del potere di cui all'art. 21-bis, l. n. 287 del 1990, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) è intervenuta più volte nel settore dei contratti pubblici. L'Autorità ha sollecitato l'indizione di gare di appalto e segnalato le criticità di specifici atti di gara, valutando inoltre alcune delibere di enti locali aventi ad oggetto l'affidamento diretto di servizi pubblici. La presente rassegna mira a fornire un quadro d'insieme degli interventi di advocacy ed è supportata dall'illustrazione di alcuni dati di sintesi. La norma attributiva del potere
L'art. 21-bis, l. 10 ottobre 1990, n. 287, introdotto dall'art. 35, d.l. n. 201 del 2011, conv., con modifiche, in l. 22 dicembre 2011, n. 214, ha conferito all'AGCM il potere di ricorrere giudizialmente, previo inutile esperimento della fase pre-contenziosa, avverso «gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato». Andandosi ad affiancare agli originari poteri di cui agli artt. 21 e 22, l. n. 287 del 1990, la predetta attribuzione ha contribuito a irrobustire notevolmente il ventaglio di poteri di competition advocacy a disposizione dell'Autorità, rivelandosi uno strumento molto prezioso soprattutto per promuovere una cultura pro-concorrenziale all'interno del settore nevralgico dei contratti pubblici. Nei primi quattro anni di esercizio del nuovo potere l'Autorità ha svolto una significativa attività di competition advocacy nella materia di contratti pubblici, offrendo un ampio spettro di interventi che con buona approssimazione possono suddividersi in tre macro-categorie. Alcuni di questi, in particolare, hanno mirato a sollecitare la liberalizzare di specifici settori e, in subordine, a favorire l'indizione di una gara a evidenza pubblica per l'assegnazione e/o il rinnovo delle concessioni all'interno del settore medesimo [infra, lett. a)]. Un secondo gruppo di interventi, quello numericamente più consistente, ha avuto ad oggetto specifiche previsioni delle lex specialis di gara o atti comunque adottati nel corso di procedure a evidenza pubblica [infra, lett. b)]. L'AGCM, infine, ha monitorato svariate delibere di enti locali aventi ad oggetto l'affidamento diretto di servizi pubblici [infra, lett. c)].
a) Pareri ex art. 21-bis, l. n. 287 del 1990 ascrivibili alla funzione di promozione delle regole dell'evidenza pubblica in senso lato. Con un primo fascio di interventi, l'AGCM ha tentato di stimolare la liberalizzazione di determinati settori (concorrenza “nel” mercato) o, in subordine, di sollecitare quantomeno l'indizione di procedure ad evidenza pubblica per l'attribuzione e/o il rinnovo delle concessioni all'interno dei settori medesimi (concorrenza “per” il mercato). In proposito, meritano attenzione due pareri afferenti alle modalità di gestione degli impianti di risalita presso alcune stazioni sciistiche (AS958 del 6 luglio 2012, in Boll. n. 26/2012, il cui contenuto è stato condiviso nel merito da TAR Lazio, Roma, Sez. II-quater, 1° settembre 2014, n. 9264, confermata sul punto da Cons. St., Sez. V, 9 marzo 2015, n. 1171; AS1002 del 20 dicembre 2012, in Boll. n. 51/2012). Altro settore che ha richiesto l'intervento dell'AGCM è stato poi quello delle concessioni demaniali marittime (AS975 del 9 agosto 2012, in Boll. n. 31/2012). Anche il settore dei servizi tecnico-nautici in ambito portuale, infine, ha suscitato particolare attenzione, formando oggetto di ben due pareri ex art. 21-bis, l. n. 287 del 1990 (AS990 dell'8 novembre 2012, in Boll. n. 43/2012; AS998 del 12 dicembre 2012, in Boll. n. 48/2012).
b) Pareri ex art. 21-bis, l. n. 287 del 1990 aventi ad oggetto previsioni delle lex specialis di gara o atti comunque adottati nel corso di procedure a evidenza pubblica. Come osservato in dottrina, «in concreto concorrenza e mercato si rispettano non solo indicendo le gare, ma espletandole in modo corretto e conforme ai principi della parità delle parti, della trasparenza ed imparzialità della stazione appaltante» (cfr. P. Quinto, Un pubblico ministero nel processo amministrativo?, in www.giustamm.it, del 15 dicembre 2011), sicché l'esercizio del potere di impugnativa ex art. 21-bis deve ritenersi possibile anche nell'ambito di procedure concorsuali che, pur formalmente «rispettose del sistema pro-concorrenziale, nella sostanza ne eludano i principi informatori» (M.A. Sandulli, Introduzione a un dibattito sul nuovo potere di legittimazione al ricorso dell'AGCM nell'art. 21 bis, l. n. 287 del 1990, in www.federalismi.it, n. 12/2012, 16). Su tale assunto l'Autorità è intervenuta in numerosi casi in cui, pur essendo state bandite delle procedure di gara, le modalità di svolgimento delle stesse non garantivano nella sostanza l'effettiva “parità di armi” tra gli offerenti, considerata dall'AGCM quale condizione indefettibile per un reale confronto competitivo. - In un primo gruppo di pareri, l'Autorità ha tentato di correggere tutte quelle ipotesi in cui fosse a suo avviso ravvisabile l'attribuzione di un indebito vantaggio competitivo a favore di un determinato offerente.
- L'Autorità si è inoltre preoccupata di delimitare il perimetro di applicazione della procedura negoziata disciplinata dall'art. 57, d.lgs. n. 163 del 2006, nell'ambito di una complessa vicenda che ha visto succedersi a distanza di pochi mesi ben due pareri nei confronti della stessa P.A. In particolare, prendendo in esame l'affidamento di lavori di “efficientamento illuminotecnico” di impianti contestualmente acquisiti a titolo bonario da parte del Comune, con un primo intervento l'Autorità ha negato che l'Amministrazione potesse ricorrere a tale procedura invocando una presunta copertura brevettuale della tecnologia utilizzata dall'affidatario, ai sensi dell'art. 57, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 163 del 2006. Ciò in quanto la richiamata norma trova applicazione nel solo caso – secondo l'Autorità non ricorrente nella fattispecie – in cui non siano presenti sul mercato tecnologie alternative per la realizzazione dei lavori. Detta norma, stante il suo carattere eccezionale, deve considerarsi di stretta interpretazione e non può pertanto essere applicata estensivamente. Del pari, secondo l'AGCM il ricorso alla procedura negoziata non può essere giustificato neanche dalla prospettazione di un risparmio di spesa, in quanto la gara a evidenza pubblica è il sistema che riesce a mettere a confronto in modo trasparente l'economicità e le caratteristiche tecniche delle offerte, consentendo alla stazione appaltante di scegliere in modo consapevole anche al fine di ottenere risparmi di spesa (AS1194 del 5 marzo 2015, in Boll. n. 21/2015). A fronte del descritto intervento, il Comune in questione ha assunto una seconda delibera, ritenuta ancora una volta non soddisfacente da parte dell'AGCM, che ha pertanto inviato all'Amministrazione un secondo parere. Più precisamente, con il secondo intervento l'Autorità ha ritenuto elusiva delle regole di evidenza pubblica la delibera con cui il Comune, sul rilievo che il “diritto esclusivo” cui fa riferimento l'art. 57, comma 2, lett. b), d. lgs. n. 163 del 2006. potrebbe consistere anche in un “diritto di proprietà”, aveva posticipato l'acquisto a titolo bonario dell'impianto oggetto di lavori ad un momento successivo al completamento dei lavori stessi. Nello stesso parere, l'Autorità ha inoltre affermato che il tenore dell'art. 57, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006. esclude che l'istruttoria tecnico-economica allegata dall'Amministrazione a supporto della delibera di affidamento dei lavori tramite procedura negoziata possa essere condotta in modo del tutto auto-referenziale all'interno della medesima Amministrazione procedente (AS1224 del 5 giugno 2015, in Boll. n. 39/2015, esito non conformativo). - Ancora, l'AGCM ha avuto modo di declinare il principio di non discriminazione territoriale nelle procedure per l'aggiudicazione di concessioni di servizi.
- Proseguendo la disamina degli interventi dell'Autorità a tutela della massima partecipazione e concorrenza nelle procedure di gara, vengono poi in rilievo alcuni pareri in cui l'AGCM ha censurato la decisione della p.A. di suddividere l'appalto o la concessione in gara in un unico lotto. L'Autorità ha in proposito sottolineato, ad esempio, come la gara per l'assegnazione di una concessione avente ad oggetto la gestione di due chioschi per l'attività di locazione e noleggio natanti da diporto - bandita per contingentare il mercato al fine di preservare i “valori architettonici, urbanistici e paesaggistici” dell'ente - fosse ingiustificatamente restrittiva, nella misura in cui era suddivisa in un un unico lotto. Il Comune, infatti, in luogo della gara per la concessione in esclusiva ad un unico operatore degli spazi pubblici adibiti all'attività in questione, avrebbe dovuto consentire la contemporanea presenza di più operatori negli stessi spazi, pubblicando un bando per l'assegnazione di almeno due concessioni separatamente (AS976 del 9 agosto 2012, in Boll. n. 32/2012, esito non pubblicato). In modo simile, l'Autorità ha in un altro caso evidenziato come il bando di gara che preveda l'affidamento del TPL ferro e gomma in un lotto unico costituisca una rilevante barriera all'ingresso, idonea a limitare fortemente la platea dei soggetti in possesso dei requisiti per partecipare. Detta restrizione, peraltro accentuata dall'intermodalità ferro-gomma, non è apparsa neanche giustificata all'AGCM, che ha evidenziato come nel settore del TPL si registri una limitata incidenza delle economie di scala. Si rendeva pertanto necessaria, secondo l'Autorità, quantomeno la suddivisione in due lotti della gara, distinguendo tra TPL ferro e TPL gomma (AS1214 del 25 giugno 2015, in Boll. n. 36/2015, esito solo parzialmente conformativo). Analoghe problematiche sono state riscontrate dall'AGCM in un bando comunale che aveva suddiviso in un lotto unico la gara per l'affidamento dei servizi di rete TPL e del servizio di trasporto scolastico. La profonda diversità (in primis quanto alla normativa applicabile) tra i due servizi in gara rendeva infatti «particolarmente difficile» – secondo l'Autorità – «la formulazione di un'offerta tecnica da parte degli operatori intenzionati a partecipare oltre che una ponderata valutazione della redditività dei servizi a gara». Tale ultimo profilo era peraltro accentuato dalla previsione di un «doppio regime di ripartizione dei rischi (gross cost e net cost) per lo stesso lotto», nonché dall'ulteriore restrizione consistente nella richiesta, ai fini della presentazione dell'offerta, della realizzazione di un determinato fatturato (pari almeno al valore dei servizi a gara) per entrambe le tipologie di servizi di trasporto. La lex specialis è stata ritenuta incompatibile con i principi pro-concorrenziali anche per altri profili. In primo luogo, il fatto che la parte preponderante di punteggio (70 punti su 100) fosse riservata alla valutazione dell'offerta tecnica è apparso all'AGCM confliggente con l'eccessiva indeterminatezza dei relativi sotto-criteri di attribuzione del punteggio, idonei a conferire alla commissione di gara una discrezionalità troppo ampia, suscettibile di sfociare in arbitrarietà. In secondo luogo, la richiesta ai partecipanti di produrre una relazione che desse conto della disponibilità, già prima della gara, «di una serie di infrastrutture funzionali allo svolgimento del servizio (autobus, depositi, aree manutenzione)» equivaleva, secondo l'AGCM, a non considerare le stesse infrastrutture quali essential facility, difformemente alle indicazioni fornite dall'Autorità di Regolazione dei Trasporti. In quanto tali, esse dovrebbero infatti essere sottoposte «ad obblighi di messa a disposizione», con conseguente inutilità ai fini di gara di una simile relazione. Tale circostanza – unitamente alla mancata individuazione della «quantità di mezzi e infrastrutture necessari» – costituiva per l'AGCM un'indebita «barriera alla partecipazione alla gara». In terzo luogo, l'Autorità ha vagliato con particolare attenzione il contenuto della «clausola di protezione sociale» contenuta nel bando. Nel ribadire il proprio orientamento secondo cui, specie «in settori labour intensive come il TPL, (…) l'esigenza di mantenimento dei livelli occupazionali deve trovare un giusto contemperamento sia con l'esigenza di consentire risparmi di spesa pubblica che con il rispetto della libertà di organizzazione del lavoro dell'impresa [subentrante]», l'AGCM ha ritenuto che nel caso di specie detto contemperamento non ere stato assicurato. Tanto perché l'obbligo di trasferimento del personale si estendeva «anche alla professionalità ed alle mansioni», rischiando così di introdurre elementi di forte rigidità e «di interferire anche sulle stesse opportunità professionali del personale dipendente». In quarto e ultimo luogo, l'AGCM ha infine sottolineato «l'eccessiva esiguità del termine per la presentazione delle offerte», valutando tale circostanza «per se idonea ad attribuire un rilevante ed indebito vantaggio concorrenziale all'attuale gestore» (AS1260 del 23 dicembre 2013, in Boll. n. 7/2016, esito conformativo).
c) Pareri ex art. 21-bis, l. n. 287 del 1990 resi su delibere di enti locali aventi ad oggetto l'affidamento diretto di servizi pubblici. All'indomani dell'abrogazione referendaria dell'art. 23-bis, d.l. n. 112 del 2008 e della declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 4, d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modifiche, nell'art. 4 della l. 14 settembre 2011, n. 148 (Corte cost., n. 199 del 2012), il potere di impugnativa dell'AGCM si è rivelato particolarmente utile anche per andare a colmare il “vuoto operativo” che si era registrato nella materia dell'affidamento dei servizi pubblici locali, in modo particolare per cercare di arginare il ricorso indiscriminato, spesso in assenza dei presupposti richiesti, allo strumento dell'in house providing. - Nel suo primo parere relativo alle modalità di affidamento dei SPL, reso in un momento antecedente alla sentenza della Corte cost. n. 199 del 2012, l'Autorità ha chiarito che, vigente l'art. 4, d.l. n. 138 del 2011, gli enti locali con più di 10.000 abitanti non potevano deliberare il passaggio da un regime di concorrenza “nel” mercato a un regime di concorrenza “per” il mercato in assenza di una precedente delibera-quadro che desse atto, all'esito di un'apposita verifica, dell'impossibilità di realizzare una gestione pienamente concorrenziale del servizio pubblico. L'AGCM ha con lo stesso parere sottolineato che, a prescindere da tale rilievo, l'ente locale non può prevedere la suddivisione in un lotto unico della gara per l'affidamento del trasporto extraurbano a competenza regionale se prima non ha verificato che i vantaggi derivanti da tale configurazione sono «tali da più che compensare i costi concorrenziali derivanti dall'impatto negativo di tale previsione sul numero dei potenziali partecipanti alla gara» (AS926 del 28 febbraio 2012, in Boll. n. 12/2012, esito non pubblicato). - In un secondo parere, l'AGCM ha osservato che la norma di liberalizzazione minima di cui all'art. 4-bis, d.l. n. 78 del 2009, a tenor del quale «le Autorità competenti, qualora si avvalgano [dell'affidamento diretto del servizio], devono aggiudicare tramite contestuale procedura ad evidenza pubblica almeno il 10 per cento dei servizi oggetto dell'affidamento a soggetti diversi da quelli sui quali esercitano il controllo analogo», non può essere soddisfatta attraverso il semplice richiamo ad una pregressa aggiudicazione, in quanto la norma richiede esplicitamente che la procedura di gara per (almeno) il 10% dei servizi sia “contestuale” all'affidamento diretto del restante 90%. L'art. 34, comma 12, d.l. n. 179 del 2012, inoltre, impone che l'ente locale, ove decida di procedere all'affidamento diretto del servizio, debba indicare puntualmente gli obblighi di servizio pubblico imposti ed il valore delle eventuali compensazioni dirette a coprirne i relativi oneri, calcolate sulla base dei costi di un'azienda media gestita in modo efficiente. In mancanza, oltre alla violazione delle regole dell'evidenza pubblica, secondo l'AGCM potrebbe profilarsi anche la violazione delle regole euro-unitarie in materia di aiuti di stato (AS107 del 1° febbraio 2013, in Boll. n. 5/2013, esito non pubblicato). - In un successivo intervento l'AGCM ha rilevato che, nelle ipotesi in cui la società affidataria sia partecipata da una pluralità di enti pubblici, il requisito del “controllo analogo” va valutato in concreto, tenendo conto di tutte le circostanze del caso. Inoltre, il fatto che il controllo azionario esercitato sulla società affidataria sia intermediato da ulteriori organismi societari, anch'essi a controllo pubblico totalitario, potrebbe, a seconda delle circostanze del caso specifico, indebolire ulteriormente la configurazione di un controllo analogo, potendo deporre in favore della presenza di una semplicepartecipazione al capitale sociale. Poste tali premesse, nella fattispecie l'Autorità ha desunto la titolarità di una “mera partecipazione” da parte dell'ente locale, inidonea a configurare un controllo analogo sull'affidataria, dal duplice indicatore sintomatico che: i) le società intermediate presentassero una “vocazione commerciale”, ricavabile dai rispettivi statuti; ii) nel corso delle due riunioni assembleari aventi ad oggetto l'affidamento in house, nonostante l'importanza strategica dell'o.d.g. in discussione, si è registrata una partecipazione molto bassa, con una netta prevalenza, in termini di rappresentanza, delle partecipazioni detenute dalle società patrimoniali (AS1126 del 4 marzo 2014, in Boll. n. 22/2014, esito conformativo). - Da ultimo, l'AGCM ha evidenziato che il sistema di gestione dell'affidamento in forma diretta, concretando una deroga alle regole dell'evidenza pubblica, è sottoposto a stretta interpretazione. Di conseguenza, i tre requisiti cumulativi per procedere all'affidamento diretto (proprietà pubblica; svolgimento dell'attività prevalente in favore dell'ente affidante il servizio pubblico; controllo analogo) devono sussistere al momento dell'affidamento, non essendo ammessi affidamenti diretti “condizionati” al successivo avveramento di uno o più requisiti. In ogni caso, nella fattispecie non ricorreva secondo l'Autorità il requisito della c.d. attività prevalente, il quale si estende anche all'attività svolta dalle controllate dell'affidataria (AS1243 del 28 ottobre 2015, in Boll. n. 48/2015). Tale intervento appare di grande interesse sia per i principi espressi (che restano comunque validi in astratto), che, soprattutto, per gli esiti cui esso ha condotto. Più precisamente, nel caso di specie la vicenda di competition advocacy intesa nel suo complesso ha evidenziato l'importanza cruciale del “dialogo collaborativo” che si instaura nel corso della fase c.d. pre-contenziosa: a fronte della presentazione di osservazioni ed evidenze convincenti da parte dell'Amministrazione “intimata”, l'AGCM ha infatti deciso di non ricorrere al TAR, dandone pubblicamente atto nel proprio Bollettino settimanale. In conclusione
L'analisi che precede è circoscritta alla materia delle procedure a evidenza pubblica e copre tutti gli interventi svolti dall'Autorità nel corso dei primi quattro anni di applicazione dello strumento di advocacy introdotto dal c.d. decreto “Salva Italia”. La rassegna dimostra la particolare utilità del potere di impugnativa di cui all'art. 21-bis, l. n. 287 del 1990 in un campo delicato e strategico come quello dei contratti pubblici, intrinsecamente esposto a possibili violazioni di regole pro-concorrenziali, posto che il principio di concorrenza costituisce una delle “anime” del d. lgs. n. 163 del 2006 (A. Benedetti, Il codice dei contratti pubblici e il diritto speciale delle amministrazioni contraenti, in Servizi pubblici e Appalti, n. 4/2006, Giuffrè, parte I, 543). In particolare, nel periodo di riferimento l'AGCM ha adottato ben 21 pareri relativi alla salvaguardia delle regole dell'evidenza pubblica, così ripartiti: - nel 2012, su un totale di 16 pareri, l'Autorità ne ha formulati 5 inerenti alla necessità di liberalizzare il mercato (e, in subordine, di indire una gara a evidenza pubblica per l'assegnazione e/o il rinnovo delle concessioni all'interno del settore medesimo) e 3 aventi ad oggetto atti di gara; - nel 2013, su un totale di 18 pareri, l'Autorità ne ha formulati 2 aventi ad oggetto atti di gara e 1 rivolto a una delibera di affidamento diretto di un servizio pubblico; - nel 2014, su un totale di 7 pareri, l'Autorità ne ha formulato 1 rivolto a una delibera prodromica all'affidamento diretto di un servizio pubblico; - nel 2015, su un totale di 18 pareri, l'Autorità ne ha formulati ben 9 aventi ad oggetto atti di gara. |