Inapplicabilità della teoria del c.d. “falso innocuo” nelle gare pubbliche

17 Novembre 2016

Nelle gare pubbliche non può operare la teoria del c.d. “falso innocuo”, essendo la stessa incompatibile con l'obbligo dichiarativo, posto dall'art. 38, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006. Pertanto, l'omissione e/o la falsa attestazione circa l'esistenza di precedenti penali comporta senz'altro l'esclusione dalla gara in quanto viene impedito alla Stazione Appaltante di valutarne la gravità. Ai sensi dell'art. 38, comma 1-ter, Codice degli Appalti, ove la Stazione Appaltante accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato art. 38, comma 1-ter e alla comunicazione del caso all'ANAC per l'applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, d.lgs. n. 163 del 2006).

Con la sentenza in commento il TAR ha ribadito i consolidati principi in materia di false dichiarazioni rese nell'ambito de mercato elettronico. Più specificamente, il giudice ha affermato che gli obblighi dichiarativi imposti ai concorrenti nelle pubbliche gare si basano sul principio di autoresponsabilità, richiamato anche dalle Regole del Sistema di e-procurement. In tal senso, si è espressa anche l'ANAC, secondo la quale, se l'omessa indicazione delle sentenze di condanna riportate “avviene secondo modalità che integrino gli estremi di una dichiarazione negativa del concorrente (perché dichiara espressamente di non averne riportate, eventualmente anche contrassegnando sul modulo predisposto dalla stazione appaltante la casella relativa all'assenza delle sentenze), laddove, invece, le stesse sussistano, la fattispecie integra gli estremi del falso in gara con tutte le implicazioni in termini di non sanabilità della dichiarazione resa (perché la stessa non sarebbe semplicemente mancante ovvero carente ma non corrispondente al vero) e conseguente esclusione del concorrente dalla gara nonché segnalazione del caso all'Autorità. Diversamente, se la dichiarazione relativa alla presenza delle sentenze di condanna è completamente omessa, ovvero se si dichiara di averne riportate senza indicarle, può essere richiesto rispettivamente di produrla o di indicare le singole sentenze riportate.

Pertanto ai sensi dell'art. 38, comma 1-ter del Codice, ove la stazione appaltante accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma 1-ter dell'art. 38 ed alla comunicazione del caso all'Autorità per l'applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, del Codice, così la determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015).

In definitiva, è «onere di chiunque si accinga a rendere una dichiarazione autocertificativa ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000, avente ad oggetto l'esistenza o meno di precedenti penali a proprio carico, di procedere a “visura”" di tutte le iscrizioni esistenti a proprio carico nel casellario giudiziale, mediante lo strumento disciplinato dall'art. 33 d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, che consente a qualsiasi cittadino di conoscere – ancorché senza valore certificativo – anche le condanne assistite dal beneficio della non menzione; ed è a tale adempimento che egli deve procedere, prima di emettere la dichiarazione da allegare alla domanda di partecipazione alla gara pubblica, a garanzia della serietà della stessa e delle connesse responsabilità. Completezza e veridicità della dichiarazione sostitutiva di notorietà rappresentano, invero, lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole per soddisfare l'interesse pubblico, delle amministrazioni appaltanti, a verificare con immediatezza e tempestività se ricorrono ipotesi di condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, evitandosi così ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, pregiudizievoli per il più celere soddisfacimento delle finalità pubbliche perseguite con la gara di appalto» (Cons. St., Sez. V, sentenza n. 3402, del 27 luglio 2016).

Inoltre il Tar ha ritenuto che il sistema di e-procurement, analogamente a quanto avviene nella fase di ammissione alle gare che si svolgono in modo tradizionale, si basa sull'affidamento della p.a. nella veridicità delle autodichiarazioni dei concorrenti. Pertanto, una volta che l'amministrazione abbia conseguito la certezza della non veridicità di quanto dichiarato, ha il dovere di trarne le necessarie conseguenze, senza alcuna possibilità di fare applicazione dell'art. 21-nonies l. n. 241 del 1990, le cui disposizioni riguardano esclusivamente i procedimenti di autotutela aventi natura tipicamente discrezionale (cfr. TAR Milano, Sez. III, sentenza n. 458 del 12 febbraio 2015).

Per quanto riguarda la “sanzione espulsiva”, la giurisprudenza ritiene che l'inosservanza dell'obbligo di rendere, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, le dovute dichiarazioni, comporti l'esclusione del concorrente anche in assenza di un'espressa comminatoria nella “lex specialis”, stante la eterointegrazione con la norma di legge (Con. St., Sez. V, sentenza n. 5972 del 3 dicembre 2014) e anzi, che, ove la legge di gara detti una disciplina incompatibile con i precetti stabiliti a pena di esclusione dal d.lgs. n. 163 del 2006, la portata imperativa di tali norme conduca, ai sensi dell'art. 1339 c.c., all'inserzione automatica della clausola espulsiva, ovvero alla eterointegrazione del bando che risultasse silente sul punto (così, ad esempio, TAR Bologna, Sez. I, sentenza n. 1115 del 17 novembre 2014).

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