Effetti dell’interdittiva antimafia sulla verifica triennale dell’attestazione SOA

18 Febbraio 2016

È illegittima la “revoca” (recte, annullamento d'ufficio) dell'aggiudicazione di una gara d'appalto disposta perché l'impresa non è stata in possesso, per tutta la durata della procedura, di efficace attestazione SOA (non avendone richiesto la verifica triennale), ove l'Amministrazione non abbia considerato che l'aggiudicataria era stata medio tempore destinataria di un'interdittiva antimafia, poi sostituita con altra dal contenuto liberatorio, e per tale ragione non avrebbe potuto richiedere tempestivamente la verifica triennale dell'attestazione, non potendosi quindi addebitare ad essa alcuna inerzia.
Massima

È illegittima la “revoca” (recte, annullamento d'ufficio) dell'aggiudicazione di una gara d'appalto disposta perché l'impresa non è stata in possesso, per tutta la durata della procedura, di efficace attestazione SOA (non avendone richiesto la verifica triennale), ove l'Amministrazione non abbia considerato che l'aggiudicataria era stata medio tempore destinataria di un'interdittiva antimafia, poi sostituita con altra dal contenuto liberatorio, e per tale ragione non avrebbe potuto richiedere tempestivamente la verifica triennale dell'attestazione, non potendosi quindi addebitare ad essa alcuna inerzia.

Il caso

Dopo la presentazione della domanda di partecipazione, nelle more della definizione della procedura di gara, l'impresa (risultata poi aggiudicataria) era destinataria di una interdittiva antimafia e – nonostante il subentro della scadenza del termine triennale di validità dell'attestazione SOA – in costanza degli effetti dell'interdittiva prefettizia, non aveva presentato domanda per il rinnovo della predetta attestazione nei termini previsti. Successivamente, all'esito dell'adozione da parte della prefettura di un secondo provvedimento dal contenuto liberatorio, l'impresa aveva richiesto e ottenuto una nuova attestazione.

In tale contesto, l'amministrazione aveva prima aggiudicato definitivamente la gara all'impresa, ma poi attivato il procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato, formalmente qualificato come “revoca” dell'aggiudicazione, ma invero più correttamente definibile come annullamento d'ufficio, poiché motivato sulla circostanza che era mancata la “copertura” dell'attestazione SOA per tutto l'arco del procedimento e, pertanto, dovuto al vizio di carenza di una requisito di capacità professionale.

Il TAR adito aveva respinto il ricorso proposto dall'impresa rilevando che, stante la mancata presentazione della domanda di rinnovo nel termine previsto, era legittimamente applicabile l'art. 77, comma 1, ultima parte, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, il quale fa divieto di partecipare alle gare nel periodo decorrente dalla data di scadenza del triennio sino alla data di effettuazione della verifica con esito positivo, con conseguente legittimità della revoca dell'aggiudicazione disposta dalla stazione appaltante.

La questione

A fronte dell'appello proposto dall'impresa aggiudicataria, il Consiglio di Stato è stato chiamato a valutare se la circostanza che l'impresa non era legittimata a chiedere il rilascio della nuova attestazione SOA, perché colpita dell'interdittiva antimafia, potesse giustificare la mancata “copertura” dell'attestazione per l'intera procedura di gara, con conseguente illegittimità della “revoca” (recte, annullamento d'ufficio) dell'aggiudicazione.

Le soluzioni giuridiche

Nel risolvere la descritta questione, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l'impresa non poteva richiedere tempestivamente la verifica triennale dell'attestazione SOA per ragioni oggettive, atteso che era stata destinataria di un'interdittiva antimafia e, quindi, nel periodo anteriore alla scadenza dell'efficacia triennale del certificato, non era legittimata a inoltrare la relativa richiesta e nessuna società di attestazione le avrebbe potuto rinnovare il certificato.

A tale proposito, il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, di seguito anche “codice antimafia”) prevede all'art. 67 che coloro ai quali «sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere: [inter alia] e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici». Inoltre, dall'art. 85 del codice antimafia si evince che le SOA sono tenute a eseguire anche i controlli previsti dal medesimo codice, con la conseguenza che la sussistenza di un'interdittiva impedisce il rilascio dell'attestazione. L'impresa, quindi, non sarebbe stata legittimata ad effettuare alcuna richiesta in tal senso, poiché a suo tempo risultavano ancora efficaci le determinazioni pregiudizievoli della prefettura, successivamente superate della stessa amministrazione.

Di conseguenza, e in considerazione del fatto che era «risultata l'illegittimità della originaria certificazione negativa (poi sostituita dalla Prefettura con un atto avente un contenuto positivo per l'impresa)», il Collegio non ha ravvisato alcuna inerzia nella condotta dell'impresa aggiudicataria e ha giudicato fondata la censura dell'appellante, fondata sulla “non imputabilità” della mancata richiesta di rinnovo dell'attestazione SOA, dichiarando illegittima la revoca dell'aggiudicazione.

Osservazioni

La sentenza in commento affronta, nell'ambito di una particolare vicenda, la tematica degli effetti dell'entrata in vigore del codice antimafia sui requisiti occorrenti per il conseguimento dell'attestato di qualificazione di cui all'art. 40, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Essa, da un lato, evidenzia la necessità che le norme del codice dei contratti pubblici e del relativo regolamento non siano lette isolatamente, ma unitamente alle disposizioni che con esse si intersecano (nella specie, la legislazione antimafia rispetto alle norme del d.lgs. n. 163 del 2006 e del d.P.R. n. 207 del 2010 concernenti la prevenzione delle infiltrazioni criminali negli appalti pubblici), dall'altro, ribadisce il principio generale che, in virtù di una lettura formalistica delle norme, non possono derivare conseguenze pregiudizievoli per il concorrente quando la condotta tenuta (i.e., l'inerzia nel richiedere la verifica triennale dell'attestazione) non sia addebitabile ad esso.

Degli effetti prodotti dall'entrata in vigore del codice antimafia, si è occupata anche l'ANAC con determinazione 2 settembre 2014, n. 2, puntualizzando che, ai fini della verifica dei requisiti di carattere generale dei concorrenti in sede di gara, continua a trovare applicazione esclusivamente l'art. 38, comma 1, lett. b), c.c.p., trattandosi di disposizione normativa sulla quale non incidono – in relazione a tale fase della procedura – le norme dettate dal codice antimafia. Invece, ai fini del conseguimento dell'attestato di qualificazione, la norma deve intendersi innovata dal codice antimafia. In particolare, l'ANAC rileva che ai fini del conseguimento del predetto attestato, le verifiche circa l'assenza delle cause ostative antimafia devono essere eseguite non solo sui soggetti individuati dall'art. 38, comma 1, lett. b), espressamente richiamato dall'art. 78, d.P.R. n. 207 del 2010, ma anche sui soggetti indicati dall'art. 85 del codice antimafia, il cui elenco è più ampio e include, ad esempio, i membri del collegio sindacale e i soggetti che svolgono compiti di vigilanza ex d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, quale ulteriore garanzia dell'affidabilità morale dell'impresa che intende ottenere l'attestato di qualificazione. Inoltre, mentre ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. b), costituisce causa ostativa alla stipula del contratto d'appalto la mera pendenza del procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione, l'art. 67 del codice antimafia prevede, ai commi 3 e 6, che spetti al giudice disporre in via provvisoria l'operatività dei divieti di stipula dei contratti e di rilascio dell'attestazione SOA durante il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione. Ne consegue che il suddetto divieto, in relazione al rilascio dell'attestato di qualificazione opera – non più sulla base della mera pendenza del procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione – ma sulla base di un provvedimento espresso del giudice che ne abbia disposto la provvisoria operatività durante il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione.

Guida all'approfondimento

- S. BACCARINI - G. CHINÈ - R. PROIETTI, Codice dell'appalto pubblico, Giuffrè, 2015, 487

- G. GRECO, I requisiti di ordine generale, in M.A. SANDULLI – R. DE NICTOLIS – R. GAROFOLI ( a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Giuffrè, 2008, 1267.

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