Sul risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale

Diego Campugiani
19 Aprile 2017

Accertata la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante, la domanda di risarcimento dei danni deve limitarsi alle sole spese inutilmente sostenute e alla perdita di favorevoli occasioni contrattuali, ove sorretta da adeguate deduzioni probatorie.

Nel giudizio promosso avverso il provvedimento di revoca della gara e della conseguente aggiudicazione definitiva, nel quale era stata formulata, sia la domanda di restitutio in integrum, con annullamento della revoca e conseguente riespansione dell'efficacia dell'aggiudicazione definitiva, sia in subordine, quella di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, il TAR ha respinto entrambe. La domanda di annullamento della revoca, infatti, è risultata essere priva di interesse anche per mancata impugnazione dell'indizione della nuova gara. La domanda risarcitoria, invece, sebbene sia stata ravvisata una violazione delle regole di correttezza e buona fede da parte della stazione appaltante, è stata respinta perché per consolidato indirizzo giurisprudenziale, nell'ambito della responsabilità precontrattuale «non possono essere risarciti i danni che sarebbero derivati dall'inadempimento del contratto, atteso che quest'ultimo non si è concluso e che l'interesse leso – cioè l'affidamento – consiste nel cosiddetto “interesse negativo”» (Cons. St., sez. V, 29 aprile 2015, n. 2177), «strettamente correlato al pregiudizio subito dalla parte per essere stata “coinvolta” in una negoziazione procedimentale che non è stata condotta dalla stazione appaltante nel rispetto delle regole della correttezza» (Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5611). Sicché, la condanna della stazione appaltante deve limitarsi al solo ristoro dei danni consistenti nelle spese inutilmente sostenute e nella perdita di favorevoli occasioni contrattuali, ove sorretta da adeguate deduzioni probatorie, non potendo farsi luogo alla liquidazione del danno in via equitativa ex art. 1226 c.c., se non in caso di impossibilità o rilevante difficoltà dell'esatta quantificazione di un pregiudizio “comunque certo nella sua esistenza” (Cons. St., n. 2177 del 2015 cit.).

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