Sui rapporti tra ordinanza cautelare revocata e informativa antimafia

Nicola Posteraro
20 Settembre 2017

La revoca dell'ordinanza cautelare nei confronti dell'indagato, disposta nel giudizio penale, non comporta necessariamente l'invalidità derivata dell'informativa antimafia.

La sentenza afferma che non sussiste necessariamente un rapporto di ancillarità tra l'interdittiva antimafia e gli atti dell'indagine penale: in questo senso, essa precisa che non si sostanzia un'inevitabile invalidità derivata dell'informativa antimafia, quale effetto automatico dell'annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare disposta in sede di riesame nel processo penale, quando, sebbene l'ordinanza abbia rivestito un ruolo rilevante e scatenante nell'adozione dell'infromativa interdittiva, quest'ultima sia fondata, altresì, su molteplici ed ulteriori elementi.

Alla luce di questa affermazione, il Collegio rileva che il giudice amministrativo, in vista di questo prncipio, deve necessariamente scrutinare con attenzione le motivazioni del riesame. È ben possibile, infatti, che il giudice penale, pur avendo ritenuto non sussistere i «gravi indizi di colpevolezza» di cui all'art. 273, comma 1, c.p.p., capaci di supportare, allo stato delle indagini, l'ipotesi accusatoria e di giustificare l'emissione dell'ordinanza custodiale, abbia appurato o, comunque, non escluso, l'esistenza di taluni dei fatti o degli elementi investigativi ulteriori recepiti nell'informativa.

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