Il quadro indiziario di un’infiltrazione mafiosa desunto dal decreto penale di perquisizione locale e personale

Paolo Del Vecchio
Simona Abbate
21 Marzo 2017

In caso di informativa antimafia i fatti riportati in un decreto penale di perquisizione locale e personale costituiscono oggetto di autonoma e pregnante valutazione da parte dell'autorità prefettizia ai sensi e per gli effetti dell'art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011.

La sentenza interpreta estensivamente le lett. a), b) e c) dell'art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011, nel caso in cui le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all'adozione dell'informazione antimafia provengono da un decreto penale di perquisizione locale e personale.

Con sentenza, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743, il Consiglio Stato chiariva l'estraneità al sistema delle informative antimafia, di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio, stante la finalità anticipatoria dell'informativa che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire nemmeno in modo indiretto una condotta penalmente rilevante. Difatti, il rischio di inquinamento mafioso va valutato, in base al criterio del ‘più probabile che non', alla luce di una regola di giudizio che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall'osservazione di fenomeni sociali come quello mafioso. Per questo gli elementi posti a base dell'informativa e che l'autorità prefettizia deve valorizzare prescindono dall'atteggiamento antigiuridico della volontà mostrato dai singoli e da condotte penalmente rilevanti, non necessarie per la sua emissione ma rilevanti nel loro valore oggettivo, storico, sintomatico, perché rivelatori del condizionamento che la mafia, in molteplici e sempre nuovi modi, può esercitare sull'impresa anche al di là e persino contro la volontà del singolo.

La sentenza in epigrafe si pronuncia sul ricorso avverso l'interdittiva antimafia emessa sulla base dei fatti riportati da un decreto penale di perquisizione locale e personale, da cui risulterebbe un quadro indiziario sufficiente a ingenerare un ragionevole convincimento sulla sussistenza di un condizionamento mafioso in capo all'impresa ricorrente, la quale asseriva la mancata valenza probatoria delle condizioni indizianti suddette in quanto configuranti ipotesi non tipizzata dalle lett. a), b) e c) dell'art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011. Non condividendo la prospettazione di parte ricorrente, il Collegio ha chiarito che il citato decreto penale di perquisizione integra una tipologia provvedimentale suscettibile di assumere valenza probatoria in ordine alla ricostruzione fattuale ivi contenuta, la quale costituisce oggetto di autonoma e pregnante valutazione da parte dell'autorità prefettizia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011, rientrando, pertanto, in una delle situazione tipizzate dalla citata norma.

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