Dimidiazione termini processuali: interessa anche la domanda di risarcimento per equivalente e l’atto di riassunzione in caso di interruzione del processo

Carmine Nuzzo
21 Novembre 2016

Il rito accelerato in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici contagia anche la riassunzione del processo a seguito del fallimento della ricorrente e le domande risarcitorie connesse a quella di annullamento, siano esse in forma specifica che per equivalente. Tale contagio permane anche quando l'interesse all'accertamento dell'illegittimità della gara rileva ai soli fini della pretesa risarcitoria.

La sentenza risulta di interesse sotto due profili. Il tema è quello dell'ambito oggettivo di applicazione del rito accelerato in materia di appalti previsto dal c.p.a. e, più nel dettaglio, dell'applicabilità della previsione del dimezzamento dei termini processuali al di fuori dei confini della domanda di annullamento e degli atti processuali connessi ad essa.

Il primo profilo attiene al termine per riassumere la controversia, in caso di eventi interruttivi del processo. Nel caso di specie, l'evento interruttivo era rappresentato dal fallimento della società originaria ricorrente. Il processo, infatti, veniva riassunto dalla Curatela fallimentare. Sul punto, il TAR ritiene che i termini per la riassunzione del giudizio siano anch'essi dimezzati e seguano la regola generale dettata dall'art. 119, comma 2, c.p.a. Tale norma prevede eccezioni tassative alla dimidiazione dei termini, tra le quali non vi è la riassunzione del giudizio. Pertanto, la riassunzione deve intervenire entro il termine di quarantacinque giorni dal momento della conoscenza legale della controversia pendente (nel caso di fallimento), anziché nel termine ordinario di novanta giorni.

Il secondo profilo attiene, invece, alla domanda risarcitoria per equivalente. Nel caso oggetto della pronuncia, la particolarità è data dal fatto che l'originaria ricorrente era fallita, per cui non vi era più interesse né all'annullamento né al subentro nel contratto. Residuava un interesse al risarcimento per equivalente monetario, domandato per ciò dalla Curatela fallimentare. Solo a tali fini veniva richiesto l'accertamento incidentale dell'illegittimità degli atti di gara.

Sul punto, il Collegio disattende la tesi della Curatela secondo cui alla domanda risarcitoria non si applicherebbe il dimezzamento dei termini di cui all'art. 119 c.p.a. In effetti, si rileva che la ratio dell'art.119 c.p.a. è quella di accelerare il rito relativamente alle controversie attinenti alle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, senza alcuna distinzione in relazione alla tipologia di giudizio.

Lo stesso dato letterale non consente, secondo il TAR, di sottrarre i giudizi risarcitori attinenti a procedure di gara al rito accelerato. Anche se si tratta di una domanda risarcitoria, non è consentito un mutamento del rito. Questo contagio del rito accelerato in materia di appalti a tutte le domande relative a tali procedure rimane anche quando la domanda di risarcimento divenga, nelle more del processo, l'unica possibilità del ricorrente di ottenere il reintegro della sfera giuridica che si pretende illegittimamente incisa dall'affidamento.

Prospettare un mutamento del rito con l'applicazione dei termini ordinari porterebbe ad uno stravolgimento della struttura stessa del giudizio accelerato in materia di appalti e minerebbe la certezza del diritto.

Inoltre, a sostegno, il TAR rileva come, nelle controversie in materia di appalti, la domanda risarcitoria per equivalente non assume un carattere autonomo rispetto alla domanda demolitoria dell'affidamento gravato, atteso che la sua delibazione è correlata in ogni caso al preventivo accertamento dell'illegittimità di questo, di cui non è dubbia la sottoposizione al dimezzamento dei termini.

Il giudizio in materia di appalti ha, dunque, carattere unitario.

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