La sentenza di patteggiamento comporta l’esclusione dalla gara anche quando non è ancora irrevocabile

Valeria Zallocco
22 Luglio 2016

La sentenza afferma che la condanna per uno dei reati di cui all'art. 38, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 risultante da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.) costituisce causa ostativa alla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici, anche quando la sentenza non sia ancora divenuta irrevocabile.

Il Consiglio di Stato afferma che è illegittima l'aggiudicazione disposta in favore dell'operatore economico che abbia omesso di dichiarare la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, per uno dei reati di cui all'art. 38, comma 1 lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sebbene non ancora irrevocabile.

Il Collegio precisa, in primo luogo, che l'art. 38, comma 1, lett. c) distingue già sul piano letterale la «sentenza di condanna passata in giudicato» e il «decreto penale di condanna divenuto irrevocabile» dalla «sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale». A tale distinzione, afferma il Collegio, consegue che l'irrevocabilità della sentenza di patteggiamento non rileva ai fini degli obblighi dichiarativi imposti agli operatori economici in sede di gara.

Inoltre, la sentenza afferma che il “trattamento differenziato” rispetto alle sentenze e ai decreti penali di condanna è consentito dall'art. 445, comma 1-bis, c.p.p. che, nell'equiparare la sentenza di patteggiamento ad una ordinaria pronuncia di condanna fa espressamente “salve diverse disposizioni di legge” consentendo che negli altri rami dell'ordinamento giuridico gli effetti della sentenza di patteggiamento possano essere variamente disciplinati in base a specifiche ragioni connesse alla materia. In particolare, nell'ambito della determinazione dei requisiti per la partecipazione alle gare pubbliche, tale differenziazione si giustifica in ragione della circostanza che la sentenza di patteggiamento costituisce un accordo tra l'accusa e l'imputato sulla misura della sanzione applicabile, con cui quest'ultimo deliberatamente rinuncia all'accertamento della propria innocenza (in cambio di uno sconto di pena fino ad un terzo e evitando l'alea del dibattimento), anche di fronte a un'imputazione per un reato ostativo all'acquisizione di una commessa pubblica. Tale consapevole scelta, conclude il Collegio, sebbene non comporti alcuna ammissione di responsabilità da parte dell'imputato, viene “ragionevolmente” ritenuta dal legislatore sintomatica di «inaffidabilità morale del concorrente, a prescindere dall'avvenuta scadenza del termine per proporre ricorso per cassazione contro la pronuncia ex art. 444 c.p.p».