Pretese risarcitorie e riserve

23 Giugno 2016

In tema di appalti pubblici, sono soggette all'onere di riserva non solo tutte le possibili richieste inerenti a partite di lavori eseguite, nonché alle contestazioni tecniche e/o giuridiche circa la loro quantità e qualità, ma anche e soprattutto quelle relative ai pregiudizi sofferti dall'appaltatore ed ai costi aggiuntivi dovuti affrontare, sia a causa dello svolgimento (anomalo) dell'appalto, sia a causa delle carenze progettuali per le conseguenti maggiori difficoltà che le stesse hanno ingenerato sia, infine, per i comportamenti inadempienti della stazione appaltante. Ciò in quanto l'onere della riserva assolve alla funzione di consentire la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e perciò suscettibili di aggravare il compenso complessivo, ivi comprese le pretese di natura risarcitoria.
Massima

In tema di appalti pubblici, sono soggette all'onere di riserva non solo tutte le possibili richieste inerenti a partite di lavori eseguite, nonché alle contestazioni tecniche e/o giuridiche circa la loro quantità e qualità, ma anche e soprattutto quelle relative ai pregiudizi sofferti dall'appaltatore ed ai costi aggiuntivi dovuti affrontare, sia a causa dello svolgimento (anomalo) dell'appalto, sia a causa delle carenze progettuali per le conseguenti maggiori difficoltà che le stesse hanno ingenerato sia, infine, per i comportamenti inadempienti della stazione appaltante. Ciò in quanto l'onere della riserva assolve alla funzione di consentire la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e perciò suscettibili di aggravare il compenso complessivo, ivi comprese le pretese di natura risarcitoria.

Il caso

Il caso giunto all'esame della Suprema Corte prende le mosse dall'esecuzione di un contratto d'appalto relativo alla ristrutturazione della rete idrica comunale, la cui entità delle lavorazioni aveva subito un aumento in misura superiore ad un quinto rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo.

Tale incremento contrattuale faceva insorgere un maggior costo a carico del Committente, il quale, onde reperire gli ulteriori necessari finanziamenti per l'esecuzione dell'opera, disponeva la sospensione dei lavori.

A fronte di tale situazione l'Appaltatore si rivolgeva al Tribunale territoriale, chiedendo fosse dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento del Comune Committente – posto che la disposta sospensione dei lavori non poteva che dirsi illegittima – con conseguente condanna al risarcimento dei danni, ovvero all'equo compenso, in ragione della modifica delle prestazioni richieste all'Appaltatore.

La questione

La questione giuridica sottesa alla decisione della Cassazione, concerne il tema dell'onere di iscrizione delle riserve, con particolare riguardo all'individuazione di quali siano le pretese vantate dall'Appaltatore il cui riconoscimento in sede giudiziale presuppone necessariamente la tempestiva annotazione negli atti di contabilità dell'appalto.

Nel caso di specie il Comune Committente sosteneva che, non avendo l'Appaltatore provveduto ad iscrivere alcuna riserva in relazione alle varianti ordinate in corso d'opera, nonché con riferimento alla sospensione dei lavori, a questo non poteva essere riconosciuto alcunché.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in oggetto, nell'affrontare una questione da sempre dibattuta, si allinea all'orientamento oramai consolidato in seno alla giurisprudenza di legittimità in tema di onere di iscrizione delle riserve, ritenendo che tale necessario adempimento non debba considerarsi limitato alle richieste inerenti partite di lavori eseguite ed alle contestazioni tecniche e/o giuridiche relative alla loro quantità e qualità.

Nell'affermare tale principio, la Cassazione ha ritenuto errato il ragionamento seguito dalla Corte d'Appello, secondo cui la censura proposta dal Comune Committente sarebbe incoerente in quanto nel caso de quo non verrebbe in rilievo la specifica normativa dettata in tema di riserve, non concernendo le richieste avanzate dall'Appaltatore il pagamento di un maggiore compenso per l'esecuzione di lavori non compresi nel progetto originario, bensì pretese risarcitorie.

Riformando tale conclusione – seppure limitatamente alla motivazione addotta dal giudice di secondo grado – i Giudici di Legittimità hanno affermato l'importante principio secondo cui, in base al combinato disposto degli artt. 53, 54 e 64 del R.d. n. 350 del 1895 ratione temporis applicabile (oggi art. 190 d.P.R. n. 207 del 2010) ad essere soggette all'onere di riserva – con tutto ciò che ne consegue in termini di tempestività e decadenza – sono anche le richieste relative ai pregiudizi ed ai costi aggiuntivi patiti dall'Appaltatore in ragione del c.d. anomalo andamento dei lavori, delle maggiori difficoltà esecutive dovute alle carenze progettuali, nonché quelli derivanti da comportamenti inadempienti del Committente.

Dunque, in buona sostanza, qualsiasi richiesta connessa con l'esecuzione dell'Appalto potrà efficacemente essere fatta valere in sede giudiziale, esclusivamente nel caso in cui sia stata adeguatamente e tempestivamente annotata ed esplicata negli atti di contabilità, costituendo tale adempimento una sorta di condizione dell'azione.

Osservazioni

La soluzione offerta dalla Corte di Cassazione, seppure non particolarmente innovativa, ponendosi come detto sulla scia del più recente orientamento giurisprudenziale (Cass. civ. n. 15013 del 2011; Cass. civ. n. 14361 del 2000), appare in ogni caso meritevole di annotazione, se non altro per l'aver ricompreso le pretese aventi natura risarcitoria tra quelle il cui riconoscimento presuppone la tempestiva iscrizione nel registro di contabilità.

Tale impostazione viene ricondotta dalla stessa Corte alla ratio dell'istituto della riserva, ovvero il continuo controllo su tutti i fattori incidenti sulla spesa complessiva dell'opera da parte dell'Amministrazione Appaltante. Ed è allora evidente che, essendo questa la funzione delle riserve, tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti dovranno necessariamente essere rappresentate in sede di contabilità nel corso dell'esecuzione dei lavori, non potendo altrimenti trovare spazio allorché siano manifestate per la prima volta in sede giudiziale.

Dunque, da tale meccanismo dovranno restare escluse solamente quelle pretese che, in quanto non attinenti alla quantificazione della prestazione spettante all'appaltatore, ma all'esistenza stessa del contratto non si riflettono sul corrispettivo globalmente dovuto dall'Amministrazione per la realizzazione dell'opera.

Così, ad esempio, ogni qualvolta si faccia questione d'invalidità del contratto o dei modi della sua estinzione, quale è la risoluzione per inadempimento, la relativa domanda, arbitrale o giudiziaria, non incontra remore procedimentali nell'inosservanza del predetto onere.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala A. CIANFLONE-G. GIOVANNINI, L'appalto di opere pubbliche, XII ed., Milano.

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