Le misure straordinarie di gestione dell’impresa previste dall’art. 32 d.l. 24 giugno 2014, n. 90: incertezze e criticità del nuovo strumento di prevenzione della corruzione e delle infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici

Viviana Di Iorio
22 Marzo 2016

L'art. 32 d.l. n. 90 del 2014 ha introdotto nell'ordinamento uno strumento incisivo per la lotta alla corruzione e alle infiltrazioni criminali nelle commesse pubbliche, attribuendo al prefetto, su proposta o comunque con il coinvolgimento dell'ANAC, il potere di disporre, in via cautelare e preventiva, misure straordinarie di gestione dell'impresa. La nuova disposizione risponde a una logica di forte anticipazione della tutela della regolarità degli appalti pubblici e dell'ordine pubblico, ma la sua formulazione vaga e indeterminata comporta numerose incertezze interpretative oltre che dubbi di compatibilità costituzionale ed euronitaria, attesa l'invasività delle misure ivi previste.
Abstract

L'art. 32 d.l. n. 90 del 2014 ha introdotto nell'ordinamento uno strumento incisivo per la lotta alla corruzione e alle infiltrazioni criminali nelle commesse pubbliche, attribuendo al prefetto, su proposta o comunque con il coinvolgimento dell'ANAC, il potere di disporre, in via cautelare e preventiva, misure straordinarie di gestione dell'impresa. La nuova disposizione risponde a una logica di forte anticipazione della tutela della regolarità degli appalti pubblici e dell'ordine pubblico, ma la sua formulazione vaga e indeterminata comporta numerose incertezze interpretative oltre che dubbi di compatibilità costituzionale ed euronitaria, attesa l'invasività delle misure ivi previste.

La disciplina dell'art. 32 d.l. n. 90 del 2014: caratteri generali e tipologie di misure previste

L'art. 32 d.l. n. 90 del 2014 ha introdotto il potere del prefetto di disporre misure straordinarie di gestione (incluso il commissariamento) delle imprese, in funzione anticorruzione e di prevenzione delle infiltrazioni mafiose, in costanza di “fatti gravi e accertati”, (i)“nell'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria proceda” per taluni delitti contro la p.a., (ii) qualora siano rilevate “situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un'impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture, ovvero ad un concessionario di lavori pubblici o ad un contraente generale” e, infine, (iii) “anche nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un'informazione antimafia interdittiva”.

I presupposti e il procedimento per l'applicazione delle misure sono parzialmente diversi (v. infra) a seconda che si versi nelle prime due ipotesi (art. 32, comma 1) o nella terza (art. 32, comma 10). Tuttavia, in entrambi i casi, il potere dell'autorità prefettizia di disporre le misure straordinarie de quibus risponde alla logica di consentire la prosecuzione del rapporto contrattuale già instaurato dalla pubblica amministrazione con l'impresa aggiudicataria, pur se questa può avere potenzialmente ottenuto l'appalto illecitamente, e prescinde dalla necessità di alcuna valutazione della validità dell'offerta presentata dall'operatore economico sul quale gravano gli “indizi” di illiceità della condotta. È preliminarmente necessario precisare che la disciplina recata dall'art. 32 ha mostrato, sin dalle prime applicazioni, numerosi profili di incertezza e lacune, che sono state solo in parte colmate dall'attività interpretativa (recte, integrativa) dell'ANAC, che, di concerto con il Ministero dell'interno, ha già emanato tre linee guida sulla disposizione in commento [“Prime linee guida per l'avvio di un circuito collaborativo tra ANAC-Prefetture-UTG ed enti locali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e l'attuazione della trasparenza amministrativa”, pubblicate congiuntamente al Protocollo di intesa tra ANAC e Ministero dell'interno, sottoscritto il 15 luglio 2014 (di seguito, anche “prime linee guida”); “Seconde linee guida per l'applicazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione anticorruzione e antimafia”, del 27 gennaio 2015 (di seguito, anche “seconde linee guida”); “Terze linee guida per la determinazione dell'importo dei compensi da liquidare ai commissari nominati dal Prefetto, ai sensi dell'art. 32, commi 1 e 10, d.l. n. 90 del 2014, nell'ambito della prevenzione anticorruzione e antimafia”, pubblicato nella G.U. del 2 febbraio 2016, n. 26].

Secondo le prime linee guida, la ratio dell'art. 32 è quella di “far sì che, in presenza di gravi fatti o di gravi elementi sintomatici, che hanno, rispettivamente, o già determinato ricadute penali o sono comunque suscettibili di palesare significativi e gravi discostamenti rispetto agli standard di legalità e correttezza, l'esecuzione del contratto pubblico non venga oltremodo a soffrire di tale situazione” e di coniugare le esigenze di legalità con quelle di rispetto dei tempi di esecuzione della commessa pubblica. Secondo l'opinione espressa dal Consiglio di Stato, tali misure hanno lo scopo di conciliare l'interesse pubblico alla rapida esecuzione dell'opera con l'esigenza di impedire la percezione dei profitti d'impresa da parte di soggetti sospettati di illeciti (Cons. St, Sez. IV, ord. 16 settembre 2014, n. 4089) e “la soluzione legislativa adottata con la normativa in questione – piaccia o no – ha qualificato come recessivo l'interesse delle imprese partecipanti alla gara a subentrare nel contratto, rispetto al primario interesse pubblico all'esecuzione di opere pubbliche considerate urgenti” (Cons. St., Sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 143).

Le misure straordinarie di gestione applicabili dal prefetto, ai sensi del comma 1, sono:

- la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l'impresa non si adegui nei termini stabiliti, la straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto d'appalto o della concessione;

- direttamente la straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice, limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione.

Il successivo comma 2 specifica che il prefetto intima all'impresa di provvedere al rinnovo degli organi sociali, sostituendo il soggetto coinvolto, e ove l'impresa non si adegui nel termine di trenta giorni, oppure nei casi più gravi, provvede nei dieci giorni successivi con decreto alla nomina di uno o più amministratori, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui al regolamento adottato ai sensi dell'art. 39, comma 1, d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270. Il decreto prefettizio stabilisce, altresì, la durata della misura in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica, al servizio o alla fornitura oggetto del contratto e comunque non oltre il collaudo.

Le condotte contestate dall'amministrazione, che possono dare luogo alle descritte misure di prevenzione, devono essere “attribuibili” a un'impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture, ovvero ad un concessionario di lavori pubblici o ad un contraente generale e coinvolgerne gli “organi sociali”. Quest'ultima dizione è stata interpretata dall'ANAC, nelle prime linee guida, nel senso di organi titolari dei poteri di amministrazione.

Ove, invece, i fatti contestati riguardino componenti di organi societari diversi è disposta la misura di sostegno e monitoraggio dell'impresa (art. 32, comma 8), consistente nella nomina da parte del prefetto di uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui al regolamento adottato ai sensi dell'art. 39, comma 1, del d.lgs. n. 270 del 1999, che forniscono all'impresa prescrizioni operative, elaborate secondo riconosciuti indicatori e modelli di trasparenza, riferite agli ambiti organizzativi, al sistema di controllo interno e agli organi amministrativi e di controllo. Anche sul punto, l'ANAC ha precisato, nelle prime linee guida, che “sebbene non espressamente richiamato è evidente che le suddette prescrizioni possono trovare un significativo punto di riferimento nei modelli di organizzazione previsti dall'art. 6 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231”. L'art. 32 non ricollega alcuna conseguenza al mancato rispetto delle prescrizioni impartite dagli esperti: nel silenzio della legge, le prime linee guida ANAC affermano, tuttavia, che il mancato rispetto delle prescrizioni può integrare le anomalie che, ai sensi del comma 1, legittimano l'adozione della più penetrante misura della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa. Tale mutamento in senso peggiorativo della misura disposta non è, però, ovviamente concepibile nel caso in cui l'aggiudicatario impugni il provvedimento di sostegno e monitoraggio dinanzi al g.a., ottenendone la sospensione in sede cautelare, di talché non possono ritenersi vincolanti le prescrizioni eventualmente impartite medio tempore dagli esperti.

Il sistema delineato appare, quindi, improntato alla eccezionalità e gradualità delle misure applicabili, fermo restando il potere del prefetto di disporre direttamente la più invasiva misura del commissariamento nei casi più gravi. In tal senso, anche le prime linee guida hanno evidenziato che l'art. 32 gradua le misure da applicare in ragione della gravità della situazione in cui versa l'impresa, mentre le seconde linee guida hanno aggiunto che le misure straordinarie di gestione costituiscono esercizio “di un potere conformativo e limitativo della libertà di iniziativa economica” in nome di interessi pubblici superiori e che, proprio in ragione di tale natura, devono essere applicate secondo canoni rispettosi del principio di proporzionalità.

Inoltre, la circostanza che l'intervento sull'impresa appaltatrice possa essere disposto “limitatamente alla completa esecuzione del contratto”, secondo l'ANAC, configura le misure de quibus come misure ad contractum che, nel rispetto dell'autonomia dell'operatore economico, comportano la sostituzione degli organi di amministrazione con quelli nominati dal prefetto soltanto per ciò che concerne la gestione delle attività di impresa connesse all'esecuzione dell'appalto, nel cui contesto si sono verificati i fatti legittimanti l'adozione delle misure straordinarie. In altri termini, si tratta di una “forma di gestione separata e a tempo di un segmento dell'impresa”, finalizzata solo all'esecuzione dell'appalto, le cui concrete modalità di attuazione possono essere individuate anche mediante il ricorso agli strumenti previsti dall'ordinamento, come i patrimoni destinati ad uno specifico affare disciplinati dall'art. 2447-bis c.c. (cfr. prime linee guida).

Secondo la giurisprudenza, il riferimento alla fase dell'esecuzione è da intendersi nel senso proprio giuridico come fase successiva a quella di stipula del contratto e non in quello di materiale inizio della prestazione (TAR Abruzzo, Pescara, Sez. I, 4 gennaio 2016, n. 1).

Ai sensi dell'art. 32, comma 3, agli amministratori nominati dal prefetto, nei limiti sopra delineati, sono attribuiti tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell'impresa, mentre è sospeso l'esercizio dei poteri di disposizione e gestione dei titolari dell'impresa e, nel caso di impresa costituita in forma societaria, i poteri dell'assemblea sono parimenti sospesi per l'intera durata della misura. In virtù del comma 4, l'attività di temporanea e straordinaria gestione dell'impresa è considerata di pubblica utilità a ogni effetto e gli amministratori rispondono delle eventuali diseconomie dei risultati solo nei casi di dolo o colpa grave.

Procedimento e presupposti per l'applicazione delle misure straordinarie di gestione dovute a fenomeni corruttivi e situazioni anomale

Come suesposto, i presupposti e il procedimento di applicazione delle misure straordinarie differiscono parzialmente nell'ipotesi disciplinata al comma 1 (fondata sull'emersione di fatti corruttivi e situazioni anomale) e in quella descritta al comma 10 (fondata sull'esistenza di una informativa interdittiva prefettizia, su cui v. infra al successivo paragrafo).

I presupposti che possono legittimare le misure straordinarie per fatti corruttivi hanno, sin da subito, destato le maggiori perplessità in dottrina, poiché reputati eccessivamente generici e indeterminati e perciò irrispettosi del principio di certezza del diritto.

Più nel dettaglio, l'art. 32, comma 1, prevede come fattispecie-presupposto:

- l'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria proceda per taluni delitti contro la P.A. [Concussione (art. 317 c.p.), corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 c.p.), corruzione semplice e aggravata per atto contrario ai doveri d'ufficio (artt. 319 e 319-bis c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.), corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.), istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.), peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322-bis c.p.), traffico di influenze illecite (art. 346-bis), turbata libertà degli incanti (art. 353) e del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.)];

- il rilevamento di situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili all'impresa aggiudicataria e agli altri soggetti indicati.Si tratta di due fattispecie alternative, oltre alle quali è richiesta la sussistenza di fatti gravi e accertati,“anche ai sensi dell'art. 19, comma 5, lett. a) del presente decreto”, che conferisce all'Autorità la possibilità di ricevere notizie e segnalazioni di illeciti, anche nelle forme di cui all'art. 54-bis del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che fa riferimento alle segnalazioni anonime del dipendente pubblico di fatti e condotte potenzialmente illeciti.

Gli elementi dai quali evincere la probabile aggiudicazione illecita dell'appalto possono, quindi, essere acquisiti o attraverso l'esercizio dei poteri ispettivi e di vigilanza dell'ANAC o provenire dagli accertamenti in corso dell'autorità giudiziaria penale. Il loro “accertamento” e il “giudizio di gravità” ai fini dell'adozione delle misure straordinarie di gestione sono rimesse alla esclusiva valutazione dell'ANAC e, in ultima istanza, del prefetto.

Il procedimento per l'adozione è bifasico e prevede l'iniziativa del presidente dell'ANAC, sul quale grava anche l'onere di informare il procuratore della Repubblica, mentre il potere decisorio spetta al prefetto del luogo in cui ha sede la stazione appaltante, che accerta la sussistenza dei presupposti per l'attivazione del procedimento e valuta la particolare gravità dei fatti oggetto dell'indagine, potendo rifiutare la proposta dell'ANAC o concludere il procedimento con l'applicazione delle misure straordinarie, secondo i principi di proporzionalità e gradualità sopra richiamati.

Quanto al primo dei suindicati presupposti, l'utilizzo dei termini “autorità giudiziaria” (inclusiva quindi anche dell'autorità requirente) e “proceda” fa ritenere che sia sufficiente la sola pendenza del procedimento penale per i reati suindicati. Ha poi destato forti critiche, per l'eccesiva indeterminatezza, la seconda fattispecie delle “anomalie” sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali oltre che il requisito dei “fatti gravi e accertati”, che si aggiunge a entrambi i presupposti, tra loro alternativi.

Su tali ultimi profili è, quindi, intervenuta l'ANAC, che, nelle prime linee guida, ha affermato che la presenza di situazioni anomale può essere dedotta da:

- procedimenti per reati diversi da quelli espressamente indicati nella prima fattispecie, ma comunque relativi a vicende e situazioni propedeutici alla commissione di essi o a essi contigui (si pensi, a titolo esemplificativo, ai reati di truffa aggravata di cui all'art. 640-bis c.p., di riciclaggio ex art. 648-bis c.p., nonché ai reati tributari di cui agli artt. 2, 3, 8 e 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 e a quelli di false comunicazioni sociali degli artt. 2621 e 2622 c.c.);

- fattispecie distorsive della regolarità e trasparenza delle procedure di aggiudicazione (collegamenti sostanziali tra imprese, accordi di desistenza per favorire l'aggiudicazione a una determinata impresa, ecc.).

L'ANAC specifica, inoltre, che è sufficiente che gli elementi siano solo sintomatici di condotte illecite o eventi criminali, con conseguente non necessità di acquisire una certezza probatoria, tipica del processo penale, e ritiene che per “fatti accertati” devono intendersi quelli corroborati da riscontri oggettivi, mentre il requisito della “gravità” implica che “i fatti stessi abbiano raggiunto un livello di concretezza tale da rendere probabile un giudizio prognostico di responsabilità nei confronti dei soggetti della compagine di impresa per condotte illecite o criminali”.

In merito all'avvio del procedimento, con le seconde linee guida, l'ANAC ha rappresentato la necessità di rispettare le disposizioni della l. 7 agosto 1990, n. 241 (artt. 7 ss.) che consentono la partecipazione dell'impresa interessata, ma che gli istituti partecipativi devono comunque essere applicati tenendo conto dell'urgenza che può connotare tale particolare procedimento (ad es. può essere assegnato anche un termine molto breve all'impresa per presentare le proprie osservazioni).

Disposte le misure di straordinaria gestione dell'impresa, l'art. 32, comma 5, prevede che esse sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di provvedimento che dispone la confisca, il sequestro o l'amministrazione giudiziaria dell'impresa nell'ambito di procedimenti penali o per l'applicazione di misure di prevenzione ovvero dispone l'archiviazione del procedimento e che l'autorità giudiziaria conferma, ove possibile, gli amministratori nominati dal prefetto.

Oltre a tale espressa ipotesi di revoca l'ANAC, nelle prime linee guida, ha aggiunto che:

- non è escluso che la revoca del provvedimento possa essere disposta nell'esercizio del potere di autotutela, ai sensi dell'art. 21-quinquies, l. n. 241 del 1990;

- pure se non espressamente previsto, la misura dovrebbe essere revocata anche nel caso in cui l'autorità giudiziaria adotti una pronuncia che escluda la responsabilità dell'operatore economico nelle vicende che hanno dato origine alla misura (es. sentenze di non luogo a procedere adottate per motivi diversi dall'estinzione del reato, sentenze di assoluzione adottate ai sensi dell'art. 530, comma 1, c.p.p., ossia perché il fatto non sussiste, l'imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato);

- infine, la misura potrebbe essere revocata, previa valutazione discrezionale del prefetto d'intesa con il presidente dell'ANAC, nel caso in cui intervengano sentenze di proscioglimento per motivi diversi da quelli richiamati, quali sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento) oppure provvedimenti che revocano eventuali misure cautelari disposte dal giudice penale; in tali ipotesi occorre, infatti, valutare se le decisioni sopravvenute contengano elementi tali da far ritenere che sia venuto meno il profilo di addebitabilità degli illeciti alla base delle misure straordinarie.

Procedimento e presupposti per l'applicazione delle misure straordinarie di gestione dovute all'informativa antimafia

L'art. 32, comma 10, contempla un'ipotesi di applicazione delle misure straordinarie su autonoma iniziativa e decisione del prefetto, che ne informa il presidente dell'ANAC.

In tal caso le misure straordinarie sono irrogate alle imprese colpite da informativa interdittiva antimafia se sussiste l'urgente necessità di assicurare il completamento dell'esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione, al fine di garantire:

- la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali;

- la salvaguardia dei livelli occupazionali (alla luce delle seconde linee guida, deve trattarsi della necessità di mantenere un numero consistente di posti di lavoro, la cui perdita può incidere sul livello complessivo della popolazione occupata in un determinato contesto geografico o in un determinato comparto produttivo);

- l'integrità dei bilanci pubblici (intesa, dalle seconde linee guida, come la necessità di evitare un danno diretto e immediato alle entrate fiscali e alle complessive esigenze della finanza pubblica).

Il prefetto competente, a differenza di quando disposto per l'applicazione delle misure di cui all'art. 32, comma 1, non è quello del luogo ove ha sede la stazione appaltante, ma, ai sensi dell'art. 92, comma 2-bis, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (di seguito anche “codice antimafia”), quello che ha emesso l'informativa interdittiva.

La disposizione delle misure straordinarie non comporta la cessazione degli effetti dell'informativa antimafia, al di fuori della speciale gestione istituita per l'esecuzione dell'appalto in relazione al quale le misure sono state adottate, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 83, comma 1, del codice antimafia, l'impresa destinataria non potrà stipulare o mantenere in essere contratti pubblici (cfr. TAR, Lazio, Roma, Sez. II-bis, 13 gennaio 2016, n. 328). Inoltre, il comma 10 fa riferimento all'ipotesi in cui l'interdittiva antimafia intervenga ad esecuzione contrattuale già in corso, mentre ove essa sopraggiunga prima del contratto, la stazione appaltante non potrà procedere alla sua stipula.

Le misure straordinarie disposte dal prefetto, ai sensi del comma 10, trovano applicazione ancorché ricorrano i presupposti di cui all'art. 94, comma 3, codice antimafia. Sul punto, giova ricordare che, ai sensi dell'art. 94, commi 1 e 2, se l'informativa antimafia succede alla stipula del contratto, l'amministrazione recede dal contratto; tuttavia, ai sensi dell'art. 94, comma 3, le amministrazioni possono non recedere “nel caso in cui l'opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell'interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi”.

Sia l'art. 32, comma 10, sia l'art. 94, comma 3, codice antimafia costituiscono, quindi, un'eccezione alla regola generale che impone alle stazioni appaltanti di recedere dal contratto in presenza di un'informativa antimafia e tra le due disposizioni, secondo l'interpretazione resa dall'ANAC con le seconde linee guida, il citato art. 94, comma 3, assume la valenza di strumento di carattere residuale, poiché consente di proseguire il rapporto contrattuale senza introdurre alcuna forma di controllo nell'impresa “infiltrata”. In altri termini, ove vengano in esistenza presupposti sussumibili in entrambe le fattispecie, secondo l'ANAC la determinazione del prefetto di applicare le misure straordinarie prevale sulla volontà della stazione appaltante di proseguire il rapporto negoziale, ex art. 94, comma 3, codice antimafia.

La disposizione de qua prevede, infine, che le misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato della sentenza di annullamento dell'informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l'accoglimento dell'istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell'esito della predetta informazione ai sensi dell'articolo 91, comma 5, del codice antimafia, anche tenendo conto dell'adeguamento dell'impresa alle indicazioni degli esperti.

L'accantonamento degli utili

L'art. 32, comma 7, stabilisce che, nel periodo di applicazione della misura di straordinaria e temporanea gestione, l'utile d'impresa derivante dalla conclusione del contratti d'appalto, determinato anche in via presuntiva dagli amministratori, è accantonato in apposito fondo e non può essere distribuito né soggetto a pignoramento, sino all'esito dei giudizi in sede penale ovvero, nei casi di cui al comma 10, dei giudizi di impugnazione o cautelari riguardanti l'informativa antimafia.

A fronte dell'omessa disciplina della destinazione dei fonti all'esito della conclusione dei giudizi, la disposizione in commento è stata oggetto di una significativa opera di integrazione da parte dell'ANAC, con le seconde linee guida,

L' ANAC ha chiarito che ove il giudicato sia favorevole all'impresa, ad essa spetterà la restituzione dell'utile realizzato dall'amministratore prefettizio (che, come già evidenziato, risponde di eventuali diseconomie solo nei casi di dolo o colpa grave) e accantonato nel fondo.

In caso di giudizio conclusosi in senso sfavorevole per l'impresa, secondo l'ANAC, la questione è di più agevole soluzione laddove l'adozione della misura straordinarie sia collegata a un reato, poiché in ipotesi sarebbero attivati gli strumenti previsti dalla legge penale o individuati dall'autorità giudiziaria. Di contro, più problematica è la soluzione del caso in cui le misure straordinaria siano disposte per elementi non collegati a fattispecie di rilevanza penale. Secondo l'ANAC, in tal caso, occorre considerare che gli amministratori prefettizi operano nell'interesse della stazione appaltante, dello Stato- apparato (vista la nomina da parte del prefetto) e dello Stato-comunità (“stante l'interesse principale perseguito di lotta alla criminalità ed alla corruzione e completamento di opere pubbliche per svolgere un servizio o evento”), di talché in tale peculiare fase esecutiva del contratto devono ritenersi operanti norme di rango pubblicistico; da qui, l'Autorità deduce che “l'utile del contratto attenga [..] alla sfera della stazione appaltante, nel cui interesse l'amministratore prefettizio opera”.

Sul punto, occorrerà valutare quale sarà la posizione che andrà ad assumere la giurisprudenza, se di adesione o meno all'interpretazione resa dall'ANAC, sulla quale residuano numerosi dubbi di compatibilità costituzionale ed eurounitaria (con riferimento agli artt. 3, 23, 25, comma 2, 41, 42 Cost. nonché agli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. in relazione agli artt. 6, 7 e 1 Prot. add. I CEDU, e agli artt. 16, 17 e 49 della Carta di Nizza), per ciò che ritiene possibile, a fronte di un giudizio sfavorevole per l'impresa ma in mancanza di fattispecie di rilevanza penale, e soprattutto in assenza di una espressa disposizione di legge in tal senso, una sorta di “confisca” o “prelievo” dell'utile di impresa.

In conclusione

La normativa in questione ha introdotto un importante strumento di prevenzione della corruzione e delle infiltrazioni mafiose negli appalti, improntato a una logica di forte anticipazione di tutela dell'ordine pubblico avverso fenomeni criminali di particolare gravità, secondo quella che è una caratteristica consueta e giustificata degli strumenti di prevenzione antimafia.

Ciò nonostante, la disposizione in commento non è stata esente dalle critiche della dottrina, sotto diversi profili.

In primis, si è già evidenziato il disfavore espresso nei primi commenti verso una disciplina eccessivamente lacunosa e indeterminata, soprattutto con riguardo al presupposto delle situazioni anomale, pure a fronte della significativa incisività delle misure straordinarie.

È stato, inoltre, rilevato che il potere di disporre tali misure, seppure sciolto dai vincoli di prova e dalle garanzie dell'accertamento processuale penale, avrebbe natura penalistica e cautelare e si porrebbe in potenziale concorrenza con l'attività dell'autorità giudiziaria.

Infine, l'assimilazione e la continuità con altre forme di gestione straordinaria dell'impresa, pure disposte in via cautelare e preventiva (cfr. artt. 9 e 45 d.lgs. n. 231 del 2001 e 34 codice antimafia), ma comunque riconosciute quali misure dal contenuto sostanzialmente afflittivo e pertanto sottoposte ai relativi presidi di garanzia derivanti dalle surrichiamente norme di rango costituzionale e europeo, ha posto seri dubbi sulla natura autenticamente preventiva delle misure de quibus, che si atteggiano pertanto alla stregua di vere e proprie “sanzioni nascoste”.D'altro canto, parte della giurisprudenza amministrativa ha già manifestato i suoi dubbi sulla reale efficacia delle misure straordinarie, anche in considerazione del fatto che il legislatore ha reputato recessivi gli interessi e le esigenze di tutela delle altre imprese partecipanti alla gara, affermando che la disciplina dell'art. 32 “nulla aggiungerebbe, in termini di speditezza ed efficienza, all'ipotesi di stipulazione del contratto con il RTI ricorrente, dovendosi considerare che quest'ultimo, avendo elaborato l'offerta per l'appalto in questione, conosce in modo approfondito lo stato dei luoghi, la natura dei lavori e il cronoprogramma degli stessi” e “non potrebbe garantire la definizione degli insorti conflitti, dal momento che l'eventuale provvedimento emesso dal Prefetto in accoglimento della proposta del Presidente dell'ANAC potrebbe essere oggetto di impugnazione e incidere ancor di più sui tempi di consegna delle opere” (così TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 9 luglio 2015, n. 1802, riformata da Cons. St., Sez. IV, n. 143 del 2015 cit.).

Guida all'approfondimento

In dottrina, sull'art. 32, d.l. n. 90 del 2014: F. SGUBBI-T. GUERINI, L'art. 32 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90. Un primo commento, in dirittopenalecontemporaneo.it,; S. STICCHI DAMIANI, I nuovi poteri dell'Autorità Anticorruzione, in Libro dell'anno del diritto, Treccani, 2015, 222 ss.; G. PIPERATA, Contrattazione pubblica e lotta alla corruzione. Uno sguardo alle recenti riforme amministrative italiane, in federalismi.it, n. 16/2015; L. GIAMPAOLINO, Le misure anticorruzione negli appalti: rimedio adeguato al male?, in giustamm.it, 2014, C. IASEVOLI, Tendenze autoritarie del potere cautelare e forme illiberali di prevenzione della corruzione, in Riv. trim dir. pen. dell'economia, 2014, fasc. 3-4, 647 ss.; M. ARENA, Le misure di straordinaria e temporanea gestione dell'impresa per fatti corruttivi, in filodiritto.it, 2014; in generale sulle tematiche della legalità ed effettività della tutela e della prevenzione alla corruzione e alla cattiva amministrazione: M.A. SANDULLI, Nuovi ostacoli alla tutela contro la pubblica amministrazione (legge di stabilità 2016 e legge delega sul recepimento delle Direttive contratti), in federalismi.it, n. 2/2016;ID., Poteri dei giudici e poteri delle parti nei processi sull'attività amministrativa (dall'unificazione al Codice), in federalismi.it, n. 18/2015; ID., Principio di legalità e effettività della tutela: spunti di riflessione alla luce del magistero di Aldo M. Sandulli, in corso di pubblicazione in Dir. e Soc. 2015. Sul tema delle sanzioni nascoste, v. amplius gli atti del convegno AIPDA-AIC, L'incertezza delle regole. Le sanzioni più o meno nascoste, tenutosi all'Università degli Studi di Roma Tre il 6 febbraio 2014, disponibili sul sito AIPDA, diritto-amministrativo.org; cfr. anche A. TRAVI, Incertezza delle regole e sanzioni amministrative, Relazione al Convegno annuale AIPDA, Napoli, 3 ottobre 2014, ivi, e più in generale sul tema delle sanzioni amministrative, limitatamente ai contributi più recenti, M.A. SANDULLI-A. LEONI, Sanzioni non pecuniarie della p.a., in Libro dell'anno del diritto, Treccani, 2015; P. CERBO, Le ragioni di una questione definitoria: la controversa nozione di sanzione amministrativa, in Giurisprudenza Costituzionale, 2014, 4, 3605 ss.; F. GOISIS, La tutela del cittadino nei confronti delle sanzioni amministrative tra diritto nazionale ed europeo, Torino, 2014.

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