Gli oneri della sicurezza aziendali

Francesca Cernuto
25 Gennaio 2017

I costi della sicurezza si distinguono in costi da interferenze e costi interni o aziendali. I primi sono disciplinati dagli artt. 26, commi 3, 3-ter e 5, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 8 letti nel combinato disposto con gli artt. 86, comma 3-bis e 87, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006. Tali costi sono finalizzati ad eliminare i rischi da interferenza (nell'accezione di contatto rischioso tra personale del committente e dell'appaltatore o tra personale diverse imprese che operano nella stessa sede con contratti diversi), sono quantificati direttamente dalla stazione appaltante (rispettivamente nel D.U.V.R.I. per i servizi e nel PSC per i lavori) e non sono soggetti a ribasso, in quanto diversi dalle prestazioni oggetto di affidamento.
Premessa

I costi della sicurezza si distinguono in costi da interferenze e costi interni o aziendali. I primi sono disciplinati dagli artt. 26, commi 3, 3-ter e 5, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 8 letti nel combinato disposto con gli artt. 86, comma 3-bis e 87, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006. Tali costi sono finalizzati ad eliminare i rischi da interferenza (nell'accezione di contatto rischioso tra personale del committente e dell'appaltatore o tra personale diverse imprese che operano nella stessa sede con contratti diversi), sono quantificati direttamente dalla stazione appaltante (rispettivamente nel D.U.V.R.I. per i servizi e nel PSC per i lavori) e non sono soggetti a ribasso, in quanto diversi dalle prestazioni oggetto di affidamento.

I costi interni o aziendali sono quelli propri di ciascun impresa e legati alla realizzazione del singolo appalto, la cui identificazione normativa appare ardua.

Il quadro normativo di riferimento del d.lgs. n. 163 del 2006 e l'assoggettabilità degli appalti di lavori all'obbligo di indicazione dei costi di sicurezza

Nel codice degli appalti di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, gli oneri della sicurezza aziendale rinvenivano la loro disciplina all'interno delle norme dedicate rispettivamente alla verifica di congruità e alla verifica di anomalia dell'offerta.

In specie, l'art. 86, comma 3-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 subordinava la valutazione di congruità delle offerte all'adeguatezza e sufficienza del costo della sicurezza, «il quale deve essere specificatamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alla caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture».

Il successivo art. 87, comma 4, d.lgs.n. 163 del 2006, in tema di anomalia delle offerte, affermava dapprima che gli oneri della sicurezza non fossero soggetti a giustificazione, per poi precisare che «nella valutazione dell'anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificatamente indicati nell'offerta e risultate congrui rispetto e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture».

Dal tenore letterale delle predette norme, emergeva come il riferimento agli appalti di lavori fosse contenuto solo nella norma dell'art. 86, comma 3-bis, e non anche nel successivo art. 87, comma 4 del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006.

Ciò ha posto problemi di ordine interpretativo circa la necessità di estendere l'obbligo di indicazione dei costi della sicurezza aziendale anche agli appalti di lavori, oltre che a quelli di servizi e forniture espressamente richiamati dalla norma da ultimo citata (art. 87, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006).

Sulla scorta di tali perplessità ermeneutiche, si sono registrati in giurisprudenza due orientamenti tra loro contrapposti. Secondo un primo filone, l'obbligatorietà dell'indicazione dei costi di sicurezza avrebbe dovuto necessariamente ritenersi sussistente con riferimento agli appalti di lavori. Nell'affermare tale principio, le pronunce in questione hanno, di volta in volta, attribuito rilevanza a profili diversi. Da un lato, la collocazione sistematica delle citate norme all'interno della sezione del d.lgs. n. 163 del 2006 dedicata nella sua interezza ai “Contratti di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture”: se ne poteva dunque inferire che il legislatore, nell'imporre l'obbligo di indicazione dei citati oneri della sicurezza aziendale avesse inteso riferirsi ad ogni tipo di contratto pubblico, senza distinzione in base alla prestazione oggetto dello stesso (cfr. Cons. St., Sez. V, 19 luglio 2013, n. 3929). Per altro verso, si è attribuito rilievo al peculiare grado di rischiosità che connota gli appalti di lavori, rispetto ai quali non si sarebbe potuto prescindere dall'indicazione dei costi interni sostenuti dall'azienda per la gestione della sicurezza (cfr. Cons. St.Sez. V, 23 luglio 2010 n. 4849; Cons. St., Sez. III, 3 ottobre 2011 n. 5421; Cons. St., Sez. III, n. 3602 del 2014; Cons. St., Sez. III, 3 luglio 2013, n. 3565).

Secondo il contrapposto orientamento, gli appalti di lavori dovevano essere sottratti all'obbligo di dichiarazione dei costi per la sicurezza interna, atteso che la loro quantificazione sarebbe stata, in ogni caso, rimessa al piano di sicurezza e coordinamento ex art. 100 d.lgs. n. 81 del 2008, predisposto dalla stazione appaltante. Per l'effetto, l'onere di quantificazione dei costi veniva traslato in capo all'Amministrazione e agli operatori economici non restava che conformarsi a tale indicazione elaborata a monte (cfr. Cons.St., Sez. V, 7 maggio 2014, n. 2343; Cons. St.,Sez. V, 9 ottobre 2013, n. 4964). Ad avviso di quest'ultimo orientamento, il mancato richiamo agli appalti di lavori da parte dell'art. 87, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 sarebbe stato voluto, proprio al fine di rimarcare la necessaria e indefettibile differenza dei lavori rispetto alle altre categorie di contratti pubblici.

La soluzione prospettata dalle Adunanza Plenaria n. 3 e 9 del 2015: l'obbligatorietà dell'indicazione e l'inapplicabilità del soccorso istruttorio

Con l'Adunanza Plenaria n. 3 del 2015, il Consiglio di Stato ha scrutinato la questione preliminare dell'estensione dell'art. 87, comma 4, del vecchio Codice degli appalti pubblici anche ai contratti di lavori, risolvendola positivamente.

L'iter motivazionale articolato dall'Adunanza Plenaria riposa sulla non condivisibilità del citato orientamento, per il quale i costi della sicurezza sarebbero necessariamente quantificati nel piano di sicurezza e coordinamento di cui agli artt. 100 e ss. d.lgs. n. 81 del 2008.

Disattendendo tale ricostruzione, la pronuncia in questione sottolinea la diversità ontologica tra il PSC e i costi della sicurezza interni, la cui determinazione non potrebbe essere in alcun caso surrogata dalla stazione appaltante, in quanto solo l'operatore economico sarebbe in grado di formulare le necessarie valutazioni sulla base della propria realtà organizzativa e operativa.

Conseguentemente, l'asimmetria informativa involgente il rapporto tra amministrazione e la platea dei potenziali concorrenti fa sì che solo questi ultimi possano utilmente individuare i propri costi della sicurezza, indicandoli – a pena di esclusione – nell'offerta.

La medesima Adunanza Plenaria, a suffragio della propria della tesi, sostiene che escludere gli appalti di lavori dall'obbligo di indicazione dei costi di sicurezza aziendale sarebbe addirittura antitetico rispetto alle finalità primarie di tutela della salute e della sicurezza, che rinvengono il proprio fondamento costituzionale negli artt. 1, 2, 4 nonché 32, 35 e 41 Cost.

Corollario di quanto sopra è l'estensione dell'obbligo di indicazione dei costi di sicurezza aziendale agli appalti di lavori, dal cui mancato adempimento discendeva l'incertezza assoluta sul contenuto dell'offerta. Ne consegue che, a fronte della mancanza di un elemento essenziale, l'offerta non poteva che essere esclusa per inosservanza di un precetto a carattere imperativo (Cons. St., Ad. plen., n. 9 del 2014), non sanabile con il potere del soccorso istruttorio.

L'Adunanza Plenaria realizza l'obiettivo dell'obbligatorietà della specificazione dei costi di sicurezza per il tramite del combinato disposto di due principi: da un lato, l'eterointegrazione ex art. 1339 c.c., per il tramite della quale l'indicazione degli oneri in parola fa il suo ingresso nella lex specialis di gara a prescindere da un espresso richiamo in tal senso; dall'altro, il principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all'art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, per il quale il concorrente intanto può essere escluso, in quanto tale sanzione sia comminata da una previsione di legge. Attraverso tale articolata operazione ermeneutica, il supremo Consesso della Giustizia Amministrativa afferma che l'obbligo di indicazione dei costi discenderebbe sempre e comunque dalla legge e, in quanto tale, sarebbe idoneo a determinare l'esclusione del concorrente che sia reso inottemperante a tale prescrizione.

La portata “innovativa” della pronuncia in questione ha posto dubbi circa l'applicazione temporale del principio con riferimento a quelle procedure che abbiano esaurito la fase della formazione delle offerte prima dell'intervento dell'Ad. plen. n. 3 del 2015.

In particolare è stato sottoposto nuovamente all'esame dell'Adunanza Plenaria il quesito circa la legittimità (rectius: la doverosità) dell'uso dei poteri di soccorso istruttorio nei casi in cui la fase procedurale di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della pubblicazione della decisione dell'Ad. plen. 20 marzo 2015 n. 3.

Tali perplessità sono state cristallizzate nell'ordinanza n. 2707 del 3 giugno 2015, con la quale la IV Sezione del Consiglio di Stato ha nuovamente devoluto all'attenzione del Supremo Consesso la questione relativa al termine temporale di applicazione ed, in specie, la possibilità di applicare il soccorso istruttorio per le gare anteriori al pronunciamento dell'Adunanza Plenaria n. 3 del 2015. Si chiedeva dunque di chiarire la portata “innovativa” della pronuncia in parola. La questione è stato risolta nel senso di escludere il carattere “overruling” della precedente Ad. plen. n. 3 del 2015, non sussistendone i relativi presupposti (rectius: esegesi incidente su una giusta regola del processo; interpretazione imprevedibile alla luce di altro orientamento consolidato nel tempo; effetti preclusi del diritto di difesa). Ad avviso del Supremo Consesso, il principio in esame avrebbe portata meramente dichiarativa e, in quanto tale, sarebbe pertanto idoneo ad operare con riferimento a tutte le gare, sia ante che post pronuncia dell'Ad. plen. n. 3 del 2015.

Il carattere sostanziale dei costi della sicurezza e l'errore indotto dalla stazione appaltante. Le Adunanze Plenarie nn. 19 e 20 del 2016 e la pronuncia della Corte di Giustizia del 10 novembre 2016

Chiarito l'ambito di applicazione dei costi della sicurezza aziendale, si è posto un ulteriore nodo interpretativo circa la compatibilità con l'ordinamento euro-unitario del principio di diritto affermato dall'Adunanza Plenaria n. 9 del 2015. Ci si è domandati se i principi di tutela del legittimo affidamento e della certezza diritto, dei principi di libera circolazione delle merci e di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, nonché della parità di trattamento e non discriminazione fossero adeguatamente salvaguardati nel caso in cui l'esclusione per mancata indicazione dei costi della sicurezza fosse stata disposta nel silenzio della lex specialis, facendo discendere il relativo obbligo dalla sola pronuncia del massimo organo giurisdizionale interno.

La questione è stata rimessa al vaglio vuoi dell'Adunanza Plenaria (con le sentenze non definitive del Cons. St., Sez. V, 17 marzo 2016,n. 1090 e del Cons. St., Sez. V, 18 marzo 2016 n. 1116, sfociate rispettivamente nelle Ad. plen. nn. 20 e 19 del 2016) vuoi della Corte di Giustizia (con ordinanze di remissione del TAR Piemonte, 16 dicembre 2015, n. 1745; TAR Campania, Napoli, ordinanza 27 gennaio 2016, n. 77; TAR Molise, sentenza 12 febbraio 2016, n. 77 e TAR Marche, ordinanza 19 febbraio 2016, n. 104).

In particolare, nello scrutinare la compatibilità del principio di diritto affermato dall'Ad. plen. n. 3 del 2015 con l'ordinamento eurounitario, si chiedeva di valutare la legittimità del principio per il quale «la mancata separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di lavori pubblici, determini in ogni caso esclusione della ditta offerente, anche nell'ipotesi in cui l'obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell'allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte, ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l'offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale».

Sebbene la questione fosse già stata rimessa all'esame della Corte di Giustizia, il Consiglio di Stato ha deciso in ogni caso di pronunciarsi con le Adunanze Plenarie nn. 19 e 20 del 2016, facendo seguito alla richiesta delle parti della causa e al fine di addivenire alla decisione entro tempi più brevi.

L'esito dichiarato cui approdano le due pronunce dell'Adunanza Plenaria in questione non è lo stravolgimento del principio dettato dalle precedenti nn. 3 e 9 del 2015, quanto piuttosto un'attenuazione del rigore applicativo dell'interpretazione che vorrebbe in ogni caso comminata l'esclusione dell'operatore economico per mancata esplicitazione degli oneri della sicurezza. In altri termini, si chiedeva all'Adunanza Plenaria di individuare quelle circostanze che possano assicurare il giusto temperamento di un principio (rectius: la non applicabilità del soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione degli oneri della sicurezza) che, in caso contrario, condurrebbe sempre e comunque all'esclusione dell'operatore (v. News del 29 settembre 2016 “L'Adunanza Plenaria torna sugli oneri della sicurezza rivisitando i propri precedenti alla luce del diritto UE” a cura di Flaminio Aperio Bella).

La predette circostanze trascendono gli appalti di lavori e sono idonee a mitigare a portata dell'obbligo anche con riferimento ai contratti di servizi e forniture. Nell'esaminare la questione, il Consiglio di Stato muove dal principio di diritto enucleato dalla Corte di Giustizia nella sentenza n. 2 giugno 2016, C-27/15, Pippo Pizzo. In quest'ultima pronuncia, il giudice eurounitario aveva concluso nel senso che i principi di trasparenza e di parità di trattamento siano incompatibili con l'esclusione disposta sulla base di un obbligo che non trova fondamento nella lex specialis di gara o dalla legge, ma che discende da un'interpretazione offerta dagli organi giurisdizionali interni.

Ad avviso della Corte di Giustizia, tutti gli operatori economici devono essere posti nelle condizioni di avere paritario ed egualitario accesso a tutte le condizioni e le modalità di procedura, le quali devono essere enucleate in maniera chiara e precisa nella lex specialis di gara. Corollario necessario di tale affermazione è quello per il quale, attribuendo rilevanza a condizioni discendenti da attività interpretative del diritto nazionale, si finirebbe per avvantaggiare gli operatori interni (che si assumono maggiormente informati sugli arresti giurisprudenziali nazionali) rispetto a quelli stabiliti in altri Stati membri.

Pertanto, la Corte di Giustizia individua un controlimite interno al principio di eterointegrazione, allorché la rigida applicazione dello stesso dia luogo ad esclusioni dei concorrenti alla gara, che possono essere considerate inique e sproporzionate.

Mutatis mutandis, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato – nelle pronunce nn. 19 e 20 del 2016 – ha ritenuto come, nel valutare l'iniquità dell'esclusione disposta, si debba aver riguardo alla circostanza che l'obbligo di indicazione degli oneri della sicurezza non fosse consacrato nella lex specialis né risultasse desumibile dai moduli predisposti dalla stazione appaltante che – in nessun passo – vi facevano riferimento. Stando a tale ricostruzione, il principio del legittimo affidamento dell'operatore che – in tutta buona fede – si sia affidato al contenuto del bando e del disciplinare, nonché ai moduli predisposti dall'Amministrazione non può essere massimamente sacrificato, per consentire l'eterointegrazione di un principio affermato solo in via pretoria e non consacrato nelle disposizioni di legge.

Peraltro, nello scrutinio dei singoli casi si deve aver riguardo alla circostanza per cui, in disparte dall'indicazione formale degli stessi, l'operatore abbia in concreto computato gli oneri della sicurezza nella formulazione dell'offerta. L'interpretazione più rigorosa e formalistica lascia così il posto ad un'impostazione sostanzialistica che mira a verificare, da un lato, la chiarezza a monte della lex specialis e delle indicazioni pervenute dalla stazione appaltante e, dall'altro, a valutare l'effettivo rispetto del computo degli oneri della sicurezza.

L'orientamento così formulato è stato ripreso da tutta la giurisprudenza successiva del Consiglio di Stato (cfr. Sez. V, 28 dicembre 2016, n. 5475; Sez. V, 23 dicembre 2016 n. 5444; Sez. V, 22 dicembre 2016, n. 5423; Sez. V, 17 novembre 2016, n. 4755; Sez. V, 7 novembre 2016, n. 4644; Sez. V, 11 ottobre 2016, n. 4182; Sez. III, 9 gennaio 2017, n. 30) che ha attribuito rilevanza preminente alla circostanza per la quale, in disparte dall'enunciazione formale, le offerte tenessero alla prova dei costi aziendali dimostrando che l'operatore li avesse in ogni caso computati nella formulazione dell'offerta (v. News del 26 ottobre 2016 “Sulla necessità del soccorso istruttorio prima dell'esclusione del concorrente che ha omesso di indicare i costi della sicurezza aziendale a cura di Alessia Piscopo).

La ricostruzione prospettata dalle Adunanze Plenarie nn. 19 e 20 del 2016 è stata sposata anche dalla pronuncia della Corte di Giustizia, VI sezione, 10 novembre 2016, C-140/16 che, nello scrutinare la questione sottoposta al suo vaglio, ha affermato come «il principio della parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza, come attuati dalla direttiva 2004/18, devono essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell'inosservanza da parte di detto offerente, dell'obbligo di indicare separatamente nell'offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l'esclusione della procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un'interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l'intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti».

La mitigazione dei principi delle A.P. nn. 3 e 9 del 2015 si muove, pertanto, lungo i binari di un'opzione interpretativa che privilegi il rispetto sostanziale del costo di sicurezza, più che la sua corretta e specifica puntualizzazione in sede di offerta (v. Giurisprudenza Commentata del 20 settembre 2016, “Omessa indicazione degli oneri di sicurezza ed ambito di applicazione del cd. Overruling: la rigidità del diritto processuale nazionale cede dinanzi alla logica sostanziale del diritto europeo” a cura di Francesco Elefante).

I costi della sicurezza al vaglio del nuovo codice. Primi arresti giurisprudenziali.

Con l'entrata in vigore del nuovo codice degli appalti, il legislatore ha superato i problemi interpretativi generatisi in precedenza, prevedendo all'art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016 – all'interno della disciplina dei “Criteri di aggiudicazione” – l'obbligo generalizzato per gli operatori economici di indicare nelle proprie offerte i costi aziendali concernenti l'adempimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro («Nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro»). E' evidente che la nuova previsione normativa, per un verso, ha eliminato la possibilità di distinzione tra appalti di lavori e forniture e servizi; per l'altro, ha colmato quel vuoto normativo che ha originato le incertezze sulla sussistenza o meno dell'obbligo.

In tal senso le prime pronunce giurisprudenziali sulla nuova disposizione (Cons. St., Sez. V, 15 dicembre 2016, ordinanza n. 5582; TAR Molise, Campobasso, 9 dicembre 2016, n. 513; TAR Campania, Salerno, 6 luglio 2016, n. 1604), che ritengono ormai pacifico che la norma imponga l'obbligatoria indicazione della componente di costo interna sostenuta per la sicurezza dal singolo operatore.

Ad avviso di questi primi arresti giurisprudenziali, la dichiarazione in questione configura un elemento essenziale dell'offerta economica e non può ritenersi integrabile ex post mediante l'istituto del soccorso istruttorio. Trattandosi di norma primaria, il meccanismo dell'eterointegrazione e la conseguente inserzione automatica di clausole ex art. 1339 c.c. può operare tout court, anche in assenza di una espressa menzione in tal senso della lex specialis.

Tale norma andrebbe in ogni caso letta nel combinato disposto con la norma di cui all'art. 83 del d.lgs. n. 50 del 2016 recante la disciplina del soccorso istruttorio. Quest'ultima prevede che le irregolarità essenziali possano essere sempre sanate, dietro pagamento di una sanzione, con esclusione delle omissioni afferenti l'offerta tecnica ed economica. Ne discende l'inammissibilità di ogni forma di soccorso per gli oneri della sicurezza, la cui indicazione non può che avvenire in sede di offerta economica.

Oneri della sicurezza pari a “zero”. Obbligo assolto o no?

La giurisprudenza si è altresì soffermata sul valore da attribuire all'indicazione di oneri della sicurezza pari a “zero”. Sul punto gli arresti della giustizia amministrativa possono dirsi ondivaghi. Secondo un primo orientamento, l'indicazione di oneri della sicurezza pari a “zero”sarebbe equivalente alla mancata indicazione del costo in esame e, per l'effetto, risulterebbe integrata l'ipotesi di mancanza di un requisito essenziale dell'offerta tale da legittimare l'esclusione dell'offerta (cfr. Cons. St., Sez. III, 15 giugno 2015, n. 2941). In particolare, ad avviso di talune pronunce, la circostanza che il valore dei costi sia sostanzialmente irrisorio rispetto al valore complessivo dell'appalto non legittima, in alcun caso, l'indicazione dell'importo dei relativi oneri come pari a “zero” (cfr. Cons. St., Sez. V, 14 aprile 2016, n. 1481). Altre pronunce desumono persino indici di scarsa affidabilità dell'offerta economica da una siffatta quantificazione degli oneri (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 20 maggio 2014, n. 5309).

Secondo diverso orientamento, l'indicazione del valore “zero” sarebbe in ogni caso satisfattivo dell'obbligo imposto ex art. 87, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006. Ragion per cui l'operatore economico ben potrebbe stimare che l'incidenza dei costi della sicurezza rispetto alla propria attività sia talmente irrilevante, da non assumere valore superiore a zero. Secondo tali pronunce, l'adempimento dell'obbligo andrebbe, pertanto, sempre rapportato in concreto alle caratteristiche dell'appalto (cfr. Cons. St., Sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1798).

In conclusione

Le problematiche suesposte sembrerebbero, almeno apparentemente, superate.

Si è difatti generalizzato l'obbligo di indicazione dei costi della sicurezza a tutte le tipologie di appalto, non residuando più distinzioni tra lavori, forniture e servizi.

Nel contempo, il legislatore si è premunito di inserire una norma che qualificasse l'indicazione degli costi in questione come obbligatoria, e non più relegandola alla disciplina dettata in tema di anomalia e congruità dell'offerta.

Tuttavia, il nuovo codice finisce col perseguire proprio quel risultato dell'esclusione automatica che, da ultimo, era stato oggetto di revirement giurisprudenziale.

Conseguentemente, il nuovo codice degli appalti ha reintrodotto un'interpretazione eminentemente formalistica circa la specificazione indicazione degli oneri della sicurezza, prescindendo dall'assolvimento sostanziale di tale obbligo di computo dei costi. Permangono le perplessità legate all'opportunità di una sanzione massimamente afflittiva – quale l'esclusione automatica – per un operatore economico che abbia in ogni caso computato i costi in questione, benché non espressamente esplicitati. Resta peraltro irrisolto il valore da attribuire alla dichiarazione di oneri pari a “zero”.

In un'ottica prudenziale, gli operatori economici saranno in ogni caso indotti a dichiarare costi anche di poco superiori allo “zero” per evitare di incorrere in comminatorie di esclusioni, salvo poi rimettere alla stazione appaltante la verifica circa l'effettivo rispetto e la sostenibilità degli oneri indicati rispetto alle caratteristiche delle singole procedure di affidamento. Tutto ciò in attesa di ulteriori sviluppi giurisprudenziali che valutino la resistenza dell'art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016, vuoi sotto il profilo dell'eventuale eccesso di delega conferita con la l. n. 11 del 28 gennaio 2016 – che nulla prevedeva in proposito – vuoi sotto il diverso profilo del corretto recepimento delle Direttive UE nn. 23, 24 e 25 del 26 febbraio 2014.

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