Gli effetti del concordato preventivo in continuità aziendale sulla partecipazione dell'impresa alle gare pubbliche

08 Febbraio 2016

Secondo quanto previsto dall'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006, la partecipazione alle gare pubbliche è vietata a tutti i soggetti che si trovino in stato di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa e di concordato preventivo, con l'unica espressa eccezione dell'ipotesi in cui l'impresa si trovi in concordato preventivo in continuità aziendale di cui all'art. 186-bis, R.d. n. 267 del 1942.Il focus offre l'occasione per sondare la latitudine applicativa della predetta ipotesi di deroga, verificando, in particolare, se costituisce una condizione ostativa alla partecipazione alle gare pubbliche la presentazione, da parte dell'impresa concorrente, di un'istanza di accesso al concordato con riserva ex art. 161, comma 6, l. fall.
Abstract

Secondo quanto previsto dall'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006, la partecipazione alle gare pubbliche è vietata a tutti i soggetti che si trovino in stato di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa e di concordato preventivo, con l'unica espressa eccezione dell'ipotesi in cui l'impresa si trovi in concordato preventivo in continuità aziendale di cui all'art. 186-bis, R.d. n. 267 del 1942.

Il focus offre l'occasione per sondare la latitudine applicativa della predetta ipotesi di deroga, verificando, in particolare, se costituisce una condizione ostativa alla partecipazione alle gare pubbliche la presentazione, da parte dell'impresa concorrente, di un'istanza di accesso al concordato con riserva ex art. 161, comma 6, l. fall.

La figura del concordato preventivo in continuità aziendale

Con l'art. 33, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, come modificato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134, il Legislatore ha introdotto l'art. 186-bis al R.d. 16 marzo 1942, n. 267 (cd. Legge Fallimentare) volto a disciplinare la nuova figura del concordato preventivo in continuità aziendale.

A differenza del concordato liquidatorio, finalizzato alla soddisfazione dei creditori mediante la liquidazione della compagine societaria, la procedura di concordato preventivo in continuità aziendale è preordinata alla composizione della crisi aziendale ed al successivo rilancio dell'impresa sul mercato concorrenziale.

In particolare, ai sensi dell'art. 186-bis l. fall., l'impresa è tenuta a presentare il ricorso per concordato preventivo con continuità aziendale secondo le modalità di cui all'art. 161, l. fall., ivi allegando un piano che preveda la prosecuzione dell'attività di impresa, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.

In tal senso, la nozione di concordato in continuità aziendale di cui alla disposizione in commento ricomprende sia l'ipotesi di concordato di “ristrutturazione”, ove la continuazione dell'azienda è garantita dallo stesso debitore, che l'ipotesi di “concordato con cessione”, ove la continuazione aziendale è assicurata da un soggetto terzo distinto dal debitore.

Proprio alla luce della precipua finalità di ristrutturazione aziendale sottesa all'istituto in esame, l'apertura della procedura concordataria non ha l'effetto di risolvere i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, né di impedire l'esecuzione di contratti pubblici già stipulati, purché il professionista designato dal debitore ai sensi dell'art. 67 l.fall. ne attesti la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento dell'impresa.

Inoltre, secondo quanto prescritto dall'art. 186-bis, comma 5, l. fall., l'ammissione al concordato preventivo non inibisce neppure la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, a condizione che l'impresa presenti in gara: (i) una relazione di un professionista che attesti la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto; (ii) la dichiarazione di altro operatore, in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, che si sia impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per tutta la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa, nel corso della gara o dopo la stipulazione del contratto, venga dichiarata fallita ovvero non sia più in grado, per qualsiasi ragione, di dare regolarvi regolare esecuzione.

Peraltro, l'impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che nessuna delle altre imprese aderenti al raggruppamento sia assoggettata ad una procedura concorsuale.

Del pari, ai sensi dell'art. 186-bis, comma 4, l. fall., non è esclusa dalla partecipazione alle gare pubbliche l'impresa che abbia presentato domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale e non abbia ancora ottenuto il decreto di ammissione, purché detta partecipazione sia stata autorizzata dal Tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato, ovvero dello stesso Giudice adìto.

Il perimetro applicativo della deroga ex art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006

In coerenza con la novella normativa testé richiamata, il Legislatore è intervenuto a modificare l'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006, espressamente sottraendo il concordato preventivo in continuità aziendale dal novero dalle cause che determinano l'esclusione dell'impresa dalla partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, nonché dalla stipulazione dei relativi contratti anche di subappalto.

Ed infatti, ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006, la partecipazione alle gare pubbliche è vietata a tutti i soggetti che si trovino in stato di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa e di concordato preventivo, con l'unica espressa eccezione dell'ipotesi in cui l'impresa si trovi nel «caso di cui all'art. 186-bis, R.d. 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni».

In tale contesto, l'opzione di fondo che ha orientato la novella legislativa è stata individuata dalla giurisprudenza amministrativa nell'esigenza «di salvaguardare il diritto alla libera iniziativa economica privata» (Cons. St., Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6272), non ravvisandosi infatti alcuna giustificazione di rango costituzionale per inibire la partecipazione e l'aggiudicazione alla «impresa che chieda o sia ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale, il cui istituto tende proprio ad evitare che le imprese in tale situazione escano dal mercato con danno per l'economia generale» (ibidem).

(Segue). La partecipazione in gara dell'impresa nelle more tra il deposito della domanda e l'ammissione al concordato preventivo in continuità aziendale

Prima dell'introduzione dell'art. 186-bis, comma 4, l. fall. ad opera del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145 convertito nella l. 21 febbraio 2014, n. 9, la giurisprudenza amministrativa si è interrogata in ordine all'effettiva permanenza, in capo all'impresa concorrente, del requisito generale di cui all'art. 38, comma 1, lett. a), c.c.p. nelle more tra la domanda di ammissione al concordato preventivo in continuità aziendale e l'ammissione allo stesso.

Sulla scorta di un'esegesi rigorosa della deroga contenuta nell'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006, un primo indirizzo ermeneutico ha osservato che «la novella del 2012 ha inteso, si, incentivare la tempestiva emersione di criticità ed il ritorno in bonis dell'impresa o la conservazione dell'azienda "in esercizio", ma nella materia delle gare pubbliche ha circondato di cautele l'applicazione di tale normativa di favore, sia richiedendo in ogni caso opportune garanzie, sia limitando la partecipazione al concorrente in status di sottoposto a concordato con continuità, con conseguente permanere della preclusione qualora prima della scadenza del termine prefissato per la presentazione delle istanze di partecipazione alla gara l'iter iniziato dall'imprenditore non sia approdato al decreto del tribunale di ammissione del ricorrente al concordato con continuità e di formale apertura della procedura di concordato finalizzata all'omologazione» (Cons. St., Sez. III, 14 gennaio 2014, n. 101).

In altri termini, posto che la disposizione in parola ricollega all'ammissione al concordato in continuità un effetto ripristinatorio delle condizioni di ordine generale per la partecipazione alla gara, «specularmente, deve ritenersi che la stessa norma escluda un effetto siffatto nel periodo intercorrente tra il deposito della relativa istanza-ricorso ed il decreto del Tribunale conclusivo del procedimento di ammissione»(cit.).

Al menzionato orientamento si è contrapposta un'altra corrente giurisprudenziale che, enfatizzando il favor espresso dal legislatore per le soluzioni negoziate della crisi d'impresa, ha invece ritenuto che «inibire all'impresa di partecipare alle gare per affidamento dei pubblici contratti nelle more tra il deposito della domanda e l'ammissione al concordato (periodo che potrebbe protrarsi anche per un semestre) palesemente confligge con la finalità della norma volta a preservare la capacità dell'impresa a soddisfare al meglio i creditori attraverso l'acquisizione di nuovi appalti» (Cons. St., Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6272).

In questa prospettiva, quindi, la domanda in se non comporterebbe né l'automatica decadenza dell'attestazione di qualificazione né la risoluzione di diritto dei contratti in corso, «in quanto l'istituto ha la finalità di incentivare le imprese a anticipare la denuncia la situazione di crisi comunque prima di essere assoggettate a misure di controllo esterno» (Cons. St., Sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3344).

I superiori input giurisprudenziali di matrice estensiva sono stati accolti dal Legislatore che, con il d.l.. 23 dicembre 2013, n. 145 convertito nella l. 21 febbraio 2014, n. 9, ha inserito un nuovo comma quarto all'art. 186-bis l. fall., a mente del quale «Successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il tribunale».

Alla luce della citata novella legislativa, dunque, non pare poter essere più revocabile in dubbio che «nelle more tra il deposito della domanda e l'ammissione al concordato con continuità aziendale l'impresa, che abbia fatto domanda di concordato preventivo "con continuità aziendale", conserva la facoltà di partecipare alle gare di affidamento dei pubblici contratti» (Cons. St., Sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519).

(Segue). La partecipazione alla gara dell'impresa in concordato preventivo “con riserva”

Uno dei profili attualmente più dibattuti in subiecta materia concerne, invece, la permanenza del requisito generale di cui all'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006 in capo all'impresa che abbia presentato domanda di concordato “con riserva”, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall..

Secondo quanto previsto dall'art. 161, comma 6, l. fall., l'imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione entro un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni

Di talché, a seguito della domanda di concordato in bianco, la procedura è suscettibile di evolvere, a seconda di quanto previsto nel successivo piano concordatario, tanto in una procedura di tipo liquidatorio quanto in una procedura di concordato con continuità aziendale.

Con specifico riferimento agli appalti pubblici, secondo un primo orientamento ermeneutico, l'impresa che abbia presentato domanda di ammissione al concordato in bianco non può partecipare alle gare pubbliche, dovendosi accedere ad un'interpretazione restrittiva della deroga al divieto di partecipazione alle gare pubbliche prevista dall'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006.

Sicché, alla stregua di tale impostazione esegetica, la mera proposizione di una istanza di concordato preventivo in bianco da parte dell'impresa costituirebbe indizio confessorio della consapevolezza del proprio stato di decozione e di per sé determinerebbe la pendenza della relativa procedura concorsuale (Cons. St., Ad plen., 15 aprile 2010, n. 2155).

In senso contrario, è stato invece rilevato che, una volta accolto il principio per cui nelle more tra il deposito della domanda e l'ammissione al concordato con continuità aziendale l'impresa che abbia fatto domanda di accesso al concordato conserva la facoltà di partecipare alle gare di affidamento dei pubblici contratti, detto principio non può che valere «anche nell'ipotesi, in cui l'impresa abbia inizialmente proposto una domanda di ammissione "in bianco", con riserva di presentare, nel termine complessivo massimo, fissato dal giudice, di centottanta giorni decorrenti dal deposito della domanda di concordato "in bianco" la proposta concordataria» (Cons. St., Sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519).

In altri termini, laddove venga presentata una domanda di concordato in bianco, con effetti prenotativi di un concordato con continuità aziendale, «non potrà ritenersi pendente un procedimento per l'ammissione al concordato liquidatorio tout court» (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 30 dicembre 2015, n. 2877).

Al riguardo, superando il precedente orientamento espresso con la Determinazione n. 3 del 23 aprile 2014, anche l'Autorità Nazionale Anticorruzione ha avallato la succitata interpretazione estensiva della deroga prevista dall'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006, a condizione, però, che l'istanza di concordato in bianco sia preordinata alla successiva presentazione di un piano di risanamento aziendale.

In effetti, dato atto che la previsione di cui all'art. 38, comma 1, lett. a), c.c.p. «trattandosi di norma che produce importanti effetti limitativi all'esercizio dell'attività di impresa» non può che essere interpretata restrittivamente, l'ANAC ha concluso che «laddove venga presentata una domanda di concordato “in bianco” con effetti prenotativi di un concordato con continuità aziendale, non potrà ritenersi pendente un procedimento per l'ammissione al concordato liquidatorio tout court» (ANAC, Determinazione 8 aprile 2015, n. 5).

Del resto, secondo il ragionamento svolto dall'Authority, «argomentando a contrario rispetto alla previsione di cui all'art. 38, comma 1, lett. a), che identifica, tra le altre, esclusivamente nella pendenza del concordato liquidatorio la causa ostativa alla partecipazione a gara, e quindi al rilascio dell'attestazione di qualificazione (in forza del rinvio operato dall'art. 78 del d.p.r. 5 ottobre 2011, n. 207), laddove non si possa ravvisare la pendenza di un concordato liquidatorio, come nel caso in cui penda quello “in bianco” con effetti prenotativi di continuità aziendale, l'impresa non può ritenersi carente del requisito prescritto dalla lettera a) della citata disposizione» (ibidem).

Resta, invece, tuttora maggiormente perplessa la questione inerente all'ammissibilità della partecipazione in gara dall'impresa che abbia presentato domanda di concordato con riserva, qualora la domanda di concordato non offra ex se elementi dai quali desumere la successiva presentazione di un piano concordatario volto al rilancio dell'impresa.

Ed infatti, in tale ipotesi, ai fini della permanenza del requisito di cui all'art. 38, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006 in capo all'impresa concorrente, non è invocabile la deroga in commento, espressamente prevista per la sola ipotesi in cui l'impresa acceda al concordato preventivo in continuità aziendale.

Al riguardo, si segnala la recente ordinanza n. 2635 del 4 giugno 2015 con cui la V Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione in ordine alla compatibilità con il diritto comunitario della disciplina nazionale ove interpretata nel senso di considerare la mera istanza di concordato preventivo in bianco quale causa di esclusione dalla procedura d'appalto pubblico, «interpretando così estensivamente il concetto di “procedimento in corso” sancito dalla normativa comunitaria (art. 45 Direttiva) e nazionale».

In conclusione

In sede applicativa, la giurisprudenza amministrativa appare incline ad interpretare in senso ampio la deroga prevista dall'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006 al divieto di partecipazione alle gare pubbliche per l'impresa che versi nella condizione di cui all'art. 186-bis l.fall., onde assicurare la massima espansione ai principi di favor partecipationis e di libertà dell'iniziativa economica sottesi alla novella legislativa di cui alla citata disposizione normativa.

Proprio in omaggio a tali principi, l'orientamento giurisprudenziale recentemente avallato dal Supremo Consesso con la citata pronuncia n. 5519 del 2015 appare incline a ritenere che la mera presentazione di un domanda di concordato in bianco, ove preordinata alla successiva presentazione di un piano di risanamento aziendale, non precluda all'operatore l'accesso al mercato delle commesse pubbliche.

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