Il diritto di prelazione del promotore nella finanza di progetto (o project financing)

Claudio Fanasca
05 Febbraio 2016

Il diritto di prelazione nella finanza di progetto consiste nel vantaggio riconosciuto al promotore di divenire aggiudicatario della concessione semplicemente adeguando la propria offerta a quella ritenuta migliore all'esito della seconda gara.
Abstract

Il diritto di prelazione nella finanza di progetto consiste nel vantaggio riconosciuto al promotore, individuato all'esito di una prima procedura di gara, di divenire aggiudicatario della concessione semplicemente adeguando la propria offerta a quella ritenuta migliore all'esito della seconda gara. Tale istituto ha destato, fin dalla sua originaria previsione, diversi dubbi di compatibilità con la normativa di derivazione eurounitaria in tema di concorrenza e parità di trattamento. L'art. 153, d.lgs. n. 163 del 2006 prevede oggi la possibilità per l'amministrazione aggiudicatrice di fare ricorso a tale istituto soltanto optando per una delle procedure alternative a quella ordinaria a gara unica che attualmente lo prevedono.

La controversa origine del diritto di prelazione

L'introduzione del diritto di prelazione nella finanza di progetto è avvenuto ad opera dell'art. 7, comma 1, lett. bb), della l. 1° agosto 2002, n. 166(anche detta “Legge Merloni quater”), che ha inserito nell'art. 37-ter della l. 11 febbraio 1994, n. 109 (anche detta “Legge Merloni”) la possibilità per il promotore di adeguare la propria proposta a quella giudicata dall'amministrazione più conveniente e divenire così aggiudicatario della concessione. La previsione trovava fondamento nell'esigenza primaria avvertita dal legislatore di compensare il promotore dei maggiori oneri, di natura economica e imprenditoriale, sopportati nella presentazione della proposta, oltre che in quella di incentivare e attrarre capitali privati per la realizzazione di opere pubbliche.

Fin dalla sua prima previsione l'istituto è stato oggetto di un intenso dibattito, a livello nazionale ed eurounitario, con particolare riguardo alla compatibilità della nuova disposizione con i principi della concorrenza e di parità di trattamento tra i partecipanti a una procedura ad evidenza pubblica.

Le criticità dell'istituto a livello eurounitario

Prima ancora della introduzione del diritto di prelazione, la giurisprudenza europea aveva affermato che, in base al principio di parità di condizioni tra tutti i concorrenti, all'amministrazione aggiudicatrice non era consentito prendere in considerazione modificazioni apportate all'offerta iniziale da un solo concorrente, che altrimenti sarebbe risultato avvantaggiato rispetto agli altri (CGUE, 25 aprile 1996, C-871994)

Successivamente, con “Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario” del 26 aprile 2000, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, 29 aprile 2000, n. C-121, la Commissione europea aveva osservato che l'amministrazione, che intendeva affidare una concessione di lavori, era tenuta all'osservanza delle regole fissate dalla direttiva CE, in tema di coordinamento delle procedure aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, ove applicabile, e comunque delle regole comunitarie di rango primario, con particolare riferimento a quelle contenute agli artt. 43 e 49 del Trattato CE, in materia di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, e al rispetto dei principi generali di non discriminazione, parità di trattamento e trasparenza.

I rilievi critici a livello interno

La giurisprudenza amministrativa, rilevando fin da subito il peculiare vantaggio competitivo riconosciuto al promotore, aveva affermato la indubbia natura concorsuale della selezione delle proposte di pubblico interesse e la necessità che l'esame comparativo delle proposte presentate dai diversi competitors dovesse essere necessariamente preceduta dalla predisposizione di positivi, uniformi e trasparenti criteri di giudizio, nonché dal rispetto delle norme in materia di pubblicità degli atti di gara (si vedano, al riguardo, Cons. St., Sez. V, 5 ottobre 2005, n. 5316; TAR Piemonte, Sez. I, 23 maggio 2005, n. 651; TAR Toscana, Sez. II, 2 agosto 2004, n. 2860; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 9 settembre 2004, n. 3877).

Allo stesso tempo, l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici riteneva che le disposizioni introdotte nel 2002, «a parte la configurabilità di disarmonie rispetto ai principi comunitari, se da un lato possono incentivare la presentazione di proposte, dall'altro rischiano di limitare l'interesse del mondo produttivo a partecipare alla gara per l'individuazione dei due partecipanti alla prevista procedura negoziata, gara il cui risultato può essere vanificato con l'anzidetta prelazione» (AVCP, ora ANAC, determinazione 16 ottobre 2002, n. 27).

La procedura di infrazione promossa dalla Commissione europea

Con lettera di messa in mora del 19 dicembre 2002, ai sensi dell'art. 226 del Trattato CE, la Commissione europea aveva contestato alle autorità italiane una serie di inadempimenti della c.d. “Legge Merloni” e delle successiva leggi di modifica della stessa rispetto al quadro normativo in materia di appalti, con particolare riferimento alle direttive1993/37/CE e 1992/50/CE, rispettivamente, in tema di appalti e di servizi. Nella specie, le modifiche apportate dalla l. n.166/2002 non avevano soddisfatto pienamente le richieste, peraltro già avanzate da tempo, dall'esecutivo europeo, che pertanto aveva deciso di avviare una procedura di infrazione.

Le specifiche contestazioni al diritto di prelazione

In data 15 ottobre 2003 la Commissione europea ha trasmesso al Governo italiano un parere motivato, come preavviso dell'avvio di una fase contenziosa,ai sensi dell'art. 226, comma 2, del Trattato CE, auspicando l'introduzione di una nuova disciplina che tenesse conto di due aspetti necessari: a) che fosse data preventiva conoscenza a tutti i potenziali interessati, fin dall'avvio della procedura e tramite adeguate forme di pubblicità, dei vantaggi legati alla qualifica di promotore; b) che fossero predeterminati i criteri, di natura obiettiva e non discriminatoria, in base ai quali l'amministrazione avrebbe potuto scegliere la proposta da mettere successivamente a gara.

Nell'aprile del 2004 l'organo comunitario ha, quindi, effettivamente proposto un ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea al fine di ottenere una pronuncia dichiarativa dell'inadempimento dell'Italia per aver mantenuto in vigore alcune disposizioni in contrasto con il menzionato diritto eurounitario in materia di appalti pubblici.

Le soluzioni approntate dal legislatore italiano

Un primo intervento del legislatore italiano si rinviene nella l. 18 aprile 2005, n. 62 (c.d. “Legge comunitaria 2004”), con cui è stato introdotto l'obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di indicare nell'avviso pubblico, diretto a sollecitare le proposte da parte di potenziali promotori, i criteri in base ai quali le stesse avrebbero proceduto alla valutazione comparativa delle proposte, oltre che l'espresso avviso che al promotore, ossia il soggetto che avesse presentato la proposta originaria dichiarata di pubblico interesse, sarebbe stato attribuito il diritto di prelazione, a parità di condizioni con l'offerta ritenuta migliore nell'ambito della successiva procedura negoziata per l'aggiudicazione della concessione.

In seguito, con l'emanazione del Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, il legislatore ha previsto una sorta di anticipazione dell'obbligo di pubblicità al momento della pubblicazione della programmazione triennale, stabilendo all'art. 153, comma 3, l'osservanza dei principi di tutela della concorrenza e parità di trattamento anche nella fase della pubblicazione dello strumento programmatorio, in modo tale da consentire a tutti i potenziali interessati di essere posti in grado di conoscere, a partire da tale fase, la volontà dell'amministrazione di procedere alla realizzazione di alcune opere pubbliche o di pubblica utilità, tramite lo strumento della finanza di progetto, e della previsione di una valutazione comparativa delle proposte presentate dai soggetti privati.

Infine, con l'art. 1, comma 1, lett. r), d.lgs. 31 luglio 2007, n. 113 (c.d. “Secondo correttivo” al Codice dei contratti pubblici), al fine di superare le censure mosse a livello eurounitario ed evitare di incorrere in una condanna da parte della Corte di Giustizia, il legislatore ha disposto l'abolizione dell'istituto della prelazione in favore del promotore nella finanza di progetto.

La reintroduzione del diritto di prelazione

Con sentenza 21 febbraio 2008, C- 412/04, la Corte di Giustizia ha, tuttavia, dichiarato irricevibile la censura di illegittimità comunitaria avanzata dalla Commissione, sulla scorta di un argomento di carattere meramente processuale, basato sulla considerazione che l'articolazione del ricorso sarebbe stata, con riguardo alla disciplina della finanza di progetto, sostanzialmente indeterminata e, quindi, inidonea a provocare una pronuncia da parte del Giudice adito, non essendo specificato a quali obblighi comunitari lo Stato italiano sarebbe venuto meno.

Il diritto di prelazione è stato, quindi, reintrodotto dal legislatore italiano per effetto delle rilevanti modifiche apportate alla disciplina della finanza di progetto con d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152 (c.d. “Terzo correttivo” al Codice dei contratti pubblici). Si badi che tale decreto correttivo ha risentito essenzialmente della necessità di adeguare la normativa nazionale ai rilievi formulati dalla Commissione europea nella nota di messa in mora C(2008)0108 del 30 gennaio 2008, nei confronti della Repubblica italiana, in relazione alla procedura di infrazione n. 2007/2309, ai sensi dell'art. 226 del Trattato CE, per incompleta trasposizione nel Codice dei contratti pubblici delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

L'attuale disciplina dell'istituto

L'art. 153, d.lgs. n. 163 del 2006, così come ulteriormente modificato a seguito del menzionato terzo decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici, prevede oggi la possibilità per il promotore di adeguare la propria proposta a quella del migliore offerente, al fine di aggiudicarsi la concessione, in due tre dei quattro modelli procedimentali della finanza di progetto, e segnatamente nella procedura a doppia gara (comma 15), nella procedura ad iniziativa mista pubblico-privata (commi 16-18) e nella procedura ad iniziativa privata (commi 19-20). Nellaspecie,si noti che il funzionamento del meccanismo della prelazione è interamente individuato nel comma 15 dell'art. 153 c.c.p. che, oltre a recare la disciplina della procedura a doppia gara, costituisce di fatto un'opzione procedimentale cui l'amministrazione può sempre fare ricorso anche nell'ambito delle procedure ad iniziativa mista pubblico-privata e in quella ad iniziativa solo privata.

Uno degli aspetti peculiari dell'istituto consiste nell'obbligo a carico dell'amministrazione aggiudicatrice di indicare nel bando relativo alla prima fase di gara, da pubblicare con le modalità di cui all'art. 66 ovvero di cui all'art. 122, secondo l'importo dei lavori, che la procedura non comporta l'aggiudicazione al promotore prescelto, ma soltanto l'attribuzione a quest'ultimo del diritto di essere preferito al migliore offerente, individuato con successiva gara, sempre che intenda adeguare la propria offerta a quella ritenuta più vantaggiosa.

Una volta valutate le offerte, redatta la graduatoria e nominato il promotore, l'amministrazione procede all'approvazione del progetto preliminare convocando una Conferenza di servizi istruttoria, come previsto anche nel caso di procedura a gara unica. Tuttavia, a differenza di quest'ultima, il promotore è obbligato a recepire le modifiche richieste dalla stazione appaltante, dal momento che, qualora all'esito della seconda gara non fossero presentate offerte o nessuna offerta risultasse più vantaggiosa, questi sarebbe vincolato alla stipulazione del contratto di concessione. Non può, di conseguenza, applicarsi il meccanismo dello scorrimento della graduatoria, previsto dal comma 10, lettera e), nell'ambito della procedura ordinaria di finanza di progetto; e ciò lo si desume anche dall'espresso richiamo del comma 15 alla sola approvazione del progetto preliminare in conformità al comma 10, lettera c). Il progetto, così approvato, viene successivamente posto a base della nuova gara, finalizzata all'aggiudicazione finale della concessione.

Onere di immediata impugnazione della scelta del promotore

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha rilevato come il bene della vita nel procedimento di project financing è il conseguimento della concessione sulla base del progetto presentato nella prima fase di gara, sicché, se tale progetto non viene selezionato come di pubblico interesse, è immediatamente leso l'interesse a conseguire la concessione sulla base del proprio progetto (Cons. St., Ad. plen., 28 gennaio 2012, n. 1). In ogni tipo di procedura di finanza di progetto in cui sia contemplata la scelta del promotore sorge, dunque, per il concorrente non prescelto l'onere di immediata impugnazione del predetto atto lesivo (Cons. St., Sez. V, 9 giugno 2015, n. 2827).

Il diritto di prelazione può essere esercitato qualora una delle offerte pervenute alla stazione appaltante risulti più vantaggiosa di quella del promotore. Quest'ultimo, infatti, in base al comma 15, lettera d), dell'art. 153 c.c.p., entro il termine di 45 giorni dalla comunicazione dell'amministrazione aggiudicatrice, può decidere di adeguare la propria proposta a tale migliore offerta, aggiudicandosi così la concessione. In tal caso, al fine di mitigare gli effetti anticoncorrenziali generati dall'istituto, è previsto che il concorrente aggiudicatario, che ha subìto la prelazione, debba ricevere una compensazione economica pari al costo sostenuto dal promotore per la predisposizione della proposta a base di gara, nel limite del 2,5 per cento dell'investimento. In particolare, spetta all'amministrazione, ponendole a carico del promotore, rimborsare le spese sostenute per la partecipazione alla gara.

Nel caso in cui, al contrario, il promotore non adegui, nel termine sopra indicato, la propria proposta a quella del migliore offerente individuato in gara, è quest'ultimo a risultare aggiudicatario della concessione, in base al comma 15, lettera f), con la conseguenza che il rimborso, entro il suddetto limite, è riconosciuto al promotore, sempre da parte dell'amministrazione, che lo pone a carico, in questa ipotesi, dell'aggiudicatario. Nell'ulteriore caso in cui, invece, la seconda gara vada deserta o le offerte presentate non siano valutate economicamente più vantaggiose di quella del promotore, in base al comma 15, lettera d), la concessione viene immediatamente stipulata con quest'ultimo.

In conclusione

Si noti, in conclusione, come nell'attuale formulazione del meccanismo della prelazione all'interno della finanza di progetto risulta ben visibile il tentativo del legislatore di trovare un equilibrio fra due esigenze non facilmente conciliabili: da un lato, quella di incentivare la massima partecipazione dei privati sin dalla prima fase di individuazione della proposta da porre a base della successiva gara per l'aggiudicazione della concessione, riconoscendo un vantaggio competitivo al promotore, e dall'altro, quella di garantire pur sempre il rispetto dei principi di derivazione europeista della pubblicità, della massima concorrenza e della parità di trattamento. In tal senso, la soluzione individuata risiede nella previsione di una vera e propria gara per l'individuazione del promotore, con la partecipazione di tutti gli interessati in condizione di parità, e quindi nella previsione del riconoscimento di un diritto di prelazione che, lungi dal costituire un'indebita posizione di vantaggio anticoncorrenziale, sembra piuttosto configurarsi quale effettivo beneficio premiale direttamente conseguito all'esito di una procedura competitiva pubblica.

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