Scioglimento del RTI e subentro in nome proprio alla procedura negoziata: le precisazioni della Corte di Giustizia

25 Maggio 2016

Il principio di parità di trattamento, di cui all'art. 10 della direttiva 2004/17/CE, in combinato disposto con l'art. 51, deve essere interpretato nel senso che un ente aggiudicatore non viola tale principio se autorizza uno dei due operatori economici che facevano parte di un raggruppamento di imprese invitato a una procedura negoziata a subentrare a tale raggruppamento in seguito allo scioglimento di quest'ultimo e a partecipare, in nome proprio, alla procedura, purché sia dimostrato, da un lato, che l'operatore economico soddisfa da solo i requisiti definiti dall'ente e, dall'altro, che la continuazione della sua partecipazione non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza.

La Corte di Giustizia è stata chiamata a chiarire se il principio di parità di trattamento, di cui all'art. 10 della direttiva 2004/17, in combinato disposto con l'art. 51, osta a che un ente aggiudicatore autorizzi un operatore economico, facente parte di un raggruppamento di due imprese preselezionate che avevano presentato la prima offerta in una procedura negoziata di aggiudicazione di un appalto pubblico, a continuare a partecipare in nome proprio a tale procedura, in seguito allo scioglimento del raggruppamento.

La Corte ha rilevato che la direttiva 2004/17/CE non contiene norme che riguardano in modo specifico le modifiche sopraggiunte in ordine alla composizione di un raggruppamento di operatori economici preselezionato quale offerente per un appalto pubblico. Di conseguenza, la relativa disciplina rientra nella competenza degli Stati membri. Nel caso oggetto del procedimento principale, però, né la normativa (danese) né il bando di gara contenevano disposizioni specifiche a tal riguardo.

La possibilità per l'ente aggiudicatore di autorizzare una modifica del generedeve essere esaminata, dunque,«alla luce dei principi generali del diritto dell'Unione, segnatamente del principio di parità di trattamento e dell'obbligo di trasparenza che ne deriva, nonché degli obiettivi di tale diritto in materia di appalti pubblici».

A tal proposito, la Corte di Giustizia ha ricordato che «il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza significano, in particolare, che gli offerenti devono trovarsi su un piano di parità sia al momento in cui preparano le loro offerte sia al momento in cui queste sono valutate dall'amministrazione aggiudicatrice e costituiscono la base delle norme dell'Unione relative ai procedimenti di aggiudicazione degli appalti pubblici (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Michaniki, C 213/07, EU:C:2008:731, punto 45 e giurisprudenza ivi citata)».

Il principio di parità di trattamento, volto a favorire lo sviluppo di una «concorrenza sana ed effettiva» tra le imprese partecipanti a un appalto pubblico, «impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse opportunità nella formulazione dei termini delle loro offerte” e implica, quindi, che “queste siano soggette alle medesime condizioni (sentenze del 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta, C496/99 P, EU:C:2004:236, punto 110, e del 12 marzo 2015, eVigilo, C538/13, EU:C:2015:166, punto 33)».

Un'applicazione restrittiva del principio di parità di trattamento dovrebbe condurre alla conclusione che solo gli operatori economici così come sono stati preselezionati possono presentare offerte e diventare aggiudicatari.

Tale tesi trova fondamento nell'art. 51, par. 3, della direttiva 2004/17/CE, in virtù del quale le amministrazioni aggiudicatrici «verificano la conformità delle offerte presentate dagli offerenti così selezionati», il che implica «un'identità giuridica e sostanziale tra gli operatori economici preselezionati e quelli che presentano le offerte».

Tuttavia tale identità può essere attenuata «al fine di garantire, in una procedura negoziata, un'adeguata concorrenza» (che, nel procedimento principale, l'ente aggiudicatore aveva ritenuto realizzabile con un numero di candidati non inferiore a quattro), come richiesto dall'art. 54, par. 3, della direttiva 2004/17/CE.

Per la Corte di Giustizia, dunque, l'ente aggiudicatore non viola il principio di parità di trattamento «se autorizza uno dei due operatori economici che facevano parte di un raggruppamento di imprese invitato, in quanto tale, […] a presentare offerte, a subentrare a tale raggruppamento in seguito allo scioglimento del medesimo e a partecipare, in nome proprio, alla procedura negoziata di aggiudicazione di un appalto pubblico, purché sia dimostrato, da un lato, che tale operatore economico soddisfa, da solo, i requisiti definiti dall'ente di cui trattasi e, dall'altro, che la continuazione della sua partecipazione alla suddetta procedura non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza».

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