Costo del lavoro e verifica di congruità nel nuovo codice dei contratti

Carlo M. Tanzarella
25 Maggio 2017

Rispetto alla disciplina del previgente, nel nuovo codice dei contratti il costo del lavoro non è più un costo puro ed incomprimibile, non assoggettabile a ribasso, ma è invece una componente dell'offerta, soggetta a verifica di congruità, ferma restando l'inderogabilità del trattamento salariale minimo stabilito dalla legge o da fonti da essa autorizzate.

Nell'indire una gara per l'affidamento del servizio di pulizia dei locali municipali adibiti ad uffici, regolata dal criterio del prezzo più basso ai sensi dell'art. 95, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, la stazione appaltante ha predeterminato nella lex specialis di gara la componente del prezzo relativa al costo della manodopera, disponendone la non assoggettabilità a ribasso, senza specificare se il relativo importo fosse o meno corrispondente ai minimi salariali inderogabili stabiliti dalla legge o da fonte autorizzata dalla legge.

Esclusa dalla procedura per aver presentato un'offerta contenente un ribasso anche sul costo del lavoro indicato nel bando, la ricorrente, previa impugnazione in parte qua della legge di gara, ha contestato la non corretta applicazione, da parte dell'Amministrazione, della normativa prevista dall'art. 97 del nuovo codice del contratti in materia di verifica dell'anomalia, oltreché la violazione dell'art. 69 della Direttiva 2014/24/UE, rilevando, in particolare, di aver rispettato i livelli minimi della retribuzione previsti dalla contrattazione collettiva nazionale, limitandosi dunque a proporre un ribasso sul costo del lavoro quale determinato dalla stazione appaltante.

Investito della questione, il Tar per la Sicilia ha esaminato la vigente disciplina del procedimento di verifica di anomalia (art. 97, commi 5 e 6, del nuovo codice dei contratti), secondo cui la stazione appaltante deve escludere l'offerta, non solo laddove il concorrente non fornisca una prova sufficiente a giustificare il basso livello dei prezzi o dei costi proposti, ma anche quando l'offerta risulti, in concreto, anormalmente bassa per aver il concorrente applicato ribassi su talune specifiche voci di costo, tra cui anche il costo medio del personale quale definito nelle apposite tabelle ministeriali di cui all'art. 23, comma 16, del medesimo d.lgs. n. 50 del 2016, ferma restando l'inammissibilità di giustificazioni in relazione ai (e dunque, l'inderogabilità dei) trattamenti salariali minimi stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.

Il Tar evidenzia il mutamento di rotta rispetto alla previgente disciplina (art. 82, comma 3-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, a mente della quale il prezzo più basso doveva determinarsi al netto delle spese relative al costo del personale), avendo il nuovo codice recepito l'orientamento dell'Autorità di settore (segnalazione 19 marzo 2014, n. 2) contrario ad una disposizione di legge diretta ad imporre alla stazione appaltante di quantificare e scorporare ex ante il costo del lavoro complessivo posto a base di gara.

Nel nuovo quadro normativo, dunque, il costo del lavoro non è più un costo puro ed incomprimibile, da non assoggettare al mercato, ma è componente dell'offerta, soggetta a verifica di congruità, conformemente al principio di libera concorrenza, sicché è illegittima la clausola della legge di gara che preveda l'esclusione automatica dell'offerta che contenga un costo orario del personale dipendente inferiore a quello stabilito dalle tabelle ministeriali, senza che ne sia consentita una valutazione di congruità nella fase di verifica dell'anomalia (in senso conforme, il TAR richiama il parere ANAC, 26 ottobre 2016, n. 1092).

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