La revoca dell'aggiudicazione definitiva per sopravvenuta mancanza di convenienza economica

Paolo Del Vecchio
Filippo Borriello
26 Gennaio 2017

È legittima la revoca dell'aggiudicazione definitiva motivata con il venir meno della convenienza economica per l'amministrazione concedente a seguito del sopravvenuto abbassamento dei prezzi di mercato.
Massima

È legittima la revoca dell'aggiudicazione definitiva motivata con il venir meno della convenienza economica per l'amministrazione concedente a seguito del sopravvenuto abbassamento dei prezzi di mercato.

Il caso

Il ricorrente aveva impugnato il bando di gara per l'affidamento in concessione della progettazione esecutiva e della realizzazione dell'ampliamento di un impianto di trattamento del percolato e la determina dirigenziale con cui l'Amministrazione aveva revocato l'aggiudicazione definitiva, chiedendo il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità extracontrattuale e precontrattuale ovvero, in subordine, il pagamento dell'indennizzo di cui all'art. 158 d.lgs. n. 163 del 2006 e, in via ulteriormente gradata, di cui all'art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990.

In particolare, nel periodo intercorrente tra l'aggiudicazione definitiva dell'appalto e la stipula del contratto, si era verificato un ribasso del costo di smaltimento del percolato rispetto alla tariffa offerta dall'aggiudicataria, che aveva comportato una sopravvenuta mancanza di convenienza economica per l'amministrazione concedente. Tale circostanza aveva indotto l'Ente a revocare l'atto di aggiudicazione definitiva.

La questione

La questione riguarda la legittimità di un provvedimento di revoca dell'aggiudicazione definitiva, adottato precedentemente alla stipula del contratto e/o convenzione e motivato con il venir meno della convenienza economica per l'Ente concedente a seguito del sopravvenuto abbassamento dei prezzi di mercato; e la conseguente richiesta di risarcimento del danno a titolo di responsabilità extracontrattuale e precontrattuale ovvero del pagamento dell'indennizzo ex art. 158 d.lgs. n. 163 del 2006 oppure ex art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990.

Le soluzioni giuridiche

Per quanto riguarda la motivazione del provvedimento di autotutela, è costante la giurisprudenza che ritiene legittima la revoca, anche successiva all'aggiudicazione definitiva, per il venir meno delle risorse finanziarie.

Sul punto, il Consiglio di Stato, Sez. III, con la sentenza 15 novembre 2011, n. 6039, aveva già affermato che in materia di contratti pubblici il potere da parte dell'Amministrazione di negare l'approvazione dell'aggiudicazione di una gara si basa, in via generale, su specifiche ragioni di pubblico interesse e non trova alcun ostacolo nell'avvenuta aggiudicazione definitiva o provvisoria della stessa, fatto salvo l'indennizzo da liquidare alla parte previsto dall'art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990.

Con la sentenza 11 luglio 2012, n. 4116, il Consiglio di Stato, Sez. III, aveva meglio specificato l'ambito di applicazione dell'art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990, ampliandone la portata. Secondo i giudici, infatti, nei contratti pubblici, la revoca del provvedimento amministrativo adottata ai sensi della citata norma è da ritenersi ammissibile anche dopo l'intervento dell'aggiudicazione definitiva e non solo in caso di sopravvenienze ma pure in conseguenza di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, che deve essere specificamente indicata nella motivazione dell'atto.

Successivamente, il Supremo Consesso della giustizia amministrativa, Sez. III, con la sentenza 26 settembre 2013, n. 4809, aveva ritenuto la legittimità della revoca dell'aggiudicazione definitiva in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto nella mancanza di risorse economiche sufficienti a sostenere la realizzazione dell'opera, e ciò senza che vi sia contraddittorietà con gli atti di indizione della gara nei quali l'Amministrazione ha indicato la copertura finanziaria, in quanto resta integro il potere/dovere della Stazione Appaltante di rivedere i suoi impegni di spesa in ragione delle mutate condizioni delle risorse finanziarie disponibili.

Con la sentenza 29 luglio 2015, n. 3748, il Consiglio di Stato, Sez. III, aveva confermato la legittimità del provvedimento di revoca di una gara di appalto, disposto prima del consolidarsi delle posizioni delle parti e quando il contratto non era stato ancora concluso, motivando anche con riferimento al risparmio economico che sarebbe derivato dalla revoca stessa. L'art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990, infatti, ammette un ripensamento da parte dell'Amministrazione, che è titolare del potere di revocare un proprio precedente provvedimento amministrativo per sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero in caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario (cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 18 gennaio 2011, n. 283).

Ancora, con la sentenza 5 maggio 2016, n. 1797, il Consiglio di Stato, Sez. V, aveva affermato la legittimità del provvedimento di revoca di una gara di appalto, disposta prima del consolidarsi della posizione delle parti e quando il contratto non sia stato ancora concluso, motivato con riferimento al risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa.

Di recente è tornato sull'argomento il TAR Campania, Napoli, Sez. I, con la sentenza 3 gennaio 2017, n.56. Il Collegio, confermando il prefato orientamento giurisprudenziale consolidato, ha stabilito la legittimità della revoca dell'aggiudicazione definitiva motivata con il risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa ovvero per carenza di copertura finanziaria e sopravvenuta mancata corrispondenza della procedura alle esigenze dell'interesse pubblico. Nel caso di specie, infatti, l'Amministrazione aveva giustificato il proprio ripensamento con l'antieconomicità dello stipulando contratto, in quanto la tariffa offerta dall'aggiudicataria per il trattamento del percolato era sensibilmente più alta rispetto ai prezzi di mercato corrente. La norma di riferimento è, ovviamente, l'art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990, che ammette un ripensamento da parte dell'amministrazione a seguito di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario.

Nel caso in esame, inoltre, difettando il presupposto della illegittimità provvedimentale, il Collegio ha respinto la domanda di risarcimento dei danni ex art. 30 cod. contr. pubbl.

Quanto alla richiesta di risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale, per costante e consolidata giurisprudenza (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797), in via generale, anche in caso di legittimità della revoca degli atti di aggiudicazione di una gara, ben può sussistere una responsabilità precontrattuale dell'Amministrazione che abbia tenuto un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza soprattutto qualora, ravvisate le circostanze che inducevano ad adottare in autotutela un provvedimento di revoca dell'aggiudicazione definitiva, non abbia immediatamente revocato gli atti, prolungando inutilmente lo svolgimento della gara, così portando gli operatori economici concorrenti a confidare nella chance di conseguire l'appalto. Nel caso di specie, invece, il Collegio ha ritenuto tempestiva l'adozione dell'atto di revoca rispetto al momento in cui l'Amministrazione ha assunto piena consapevolezza della antieconomicità dell'offerta, escludendo il radicarsi in capo all'aggiudicataria di un ragionevole affidamento nella stipulazione della convenzione secondo le condizioni originariamente pattuite. È stata, pertanto, rigettata anche la domanda di risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale.

È stata rigettata anche l'ulteriore richiesta del pagamento dell'indennizzo ex art. 158 d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto presupposto operativo di tale indennizzo, come riconosciuto da costante giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1315), è costituito dall'avvenuto rilascio del titolo concessorio, provvedimento che, nel caso in esame, non era stato ancora adottato dall'Amministrazione concedente.

Infine, è stata accolta la richiesta del pagamento dell'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990, che deve essere limitato al solo danno emergente, ovvero alle spese inutilmente sopportate per partecipare alla gara oppure alle lavorazioni preliminari eventualmente effettuate, con esclusione di qualsiasi altro pregiudizio lamentato dalla parte interessata, e ciò perché l'indennizzo suddetto costituisce un rimedio posto a protezione di interessi lesi da atti legittimi, sicché con esso non possono essere reintegrate tutte le conseguenze patrimoniali negative risentite dai destinatari, come invece avviene nel risarcimento del danno per fatti che l'ordinamento giuridico riprova.