La suddivisione in lotti: quale vincolo per la stazione appaltante?

Annalaura Leoni
26 Gennaio 2017

Per il principio espresso dall'art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, la stazione appaltante deve verificare la possibilità di scindere in lotti gli appalti di grandi dimensioni, escludendo la suddivisione solo ove sussistano valide ragioni in tal senso.

La pronuncia ha verificato la conformità ai principi di cui all'art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 della scelta della stazione appaltante – un'Azienda ospedaliera – di non suddividere in lotti una procedura per l'affidamento del servizio di assistenza specialistica di odontoiatria da prestarsi presso i centri odontostomatologici dell'Azienda stessa. L'impresa ricorrente contestava, infatti, l'illegittimità dell'impostazione della procedura, ritenendo che ricomprendere interamente il servizio oggetto della gara in un unico lotto, con l'apertura di un procedimento per la conclusione di un contratto di rilevante importo, avrebbe integrato una illogica compressione della concorrenza.

Il Consiglio di Stato ha preliminarmente riconosciuto l'applicabilità del citato art. 2, comma 1-bis, anche ai servizi di cui all'allegato II B del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto la disposizione richiama un principio avente lo scopo di favorire la massima partecipazione alle procedure, evitando la formazione di situazioni di monopolio o di oligopolio. Non sussisterebbe, pertanto, ragione di escludere tale principio da quelli che presiedono all'impostazione di tutte le gare d'appalto, pur nella diversificazione dei diversi settori.

Il Collegio ha, quindi, ritenuto che l'art. 2, comma 1-bis, non è suscettibile di applicazione vincolata, stabilendo, invero, un parametro generale di comportamento, da adattarsi alle specificità della singola procedura. Si tratta di principio volto a regolare l'esercizio di una facoltà discrezionale dell'Amministrazione, che impone a quest'ultima di verificare la possibilità di scindere gli appalti di grosse dimensioni in procedure di importo più contenuto, escludendo siffatta scelta solo in presenza di valide ragioni in senso contrario. La decisione afferma, pertanto, che oggetto di discussione deve essere la presenza di tali motivazioni e la loro congruità ai consueti parametri con cui il giudice amministrativo conosce dell'esercizio della discrezionalità dell'Amministrazione. Nella fattispecie – evidenzia la pronuncia – la scelta dell'Amministrazione non può considerarsi manifestamente illogica – fondandosi sull'opportunità di offrire, per quanto possibile, la stessa qualità di servizio a tutti gli utenti, attraverso l'affidamento del contratto ad un solo soggetto – opponendosi alle motivazioni della stazione appaltante altre considerazioni (pur apprezzabili, ma) opinabili almeno quanto quelle espresse dalla stazione appaltante.

La pronuncia merita, altresì, segnalazione con riferimento agli aspetti inerenti alla rilevanza sotto il profilo amministrativo di quei fatti concernenti la procedura che erano stati oggetto di indagine penale e che avevano portato alla sostituzione degli organi della società aggiudicataria con commissari straordinari prefettizi. Il Collegio ha evidenziato che la vicenda penale non assumerebbe rilievo con riferimento alla partecipazione di quest'ultima società alla procedura, bensì in relazione al fatto che le decisioni dell'Amministrazione circa il raggruppamento del servizio in un unico lotto sarebbero state pregiudicate dal comportamento degli organi di amministrazione della stessa società, poi risultata aggiudicataria; l'impostazione della gara, pertanto, sarebbe stata decisa con il concorso di influenze illecite. Il Consiglio di Stato non ha, però, condiviso la tesi esposta dall'originaria ricorrente, evidenziando che la controversia verte su uno specifico aspetto della normativa di gara e deve essere decisa verificando la conformità della stessa alla disciplina applicabile. Pertanto, i fatti di rilevanza penale inerenti alla gestione della procedura non possono essere dedotti per affermarne la totale nullità e chi si ritiene leso dagli atti adottati nel corso della procedura deve individuare l'illegittimità che specificamente inficia gli stessi.

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