La sentenza penale di condanna non passata in giudicato non costituisce automaticamente grave illecito professionale escludente

26 Aprile 2017

La sentenza penale di condanna alle sanzioni dell'interdizione dall'esercizio dell'attività e dell'incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione ex d.lgs. n. 231 del 2001 non consente di ritenere integrato ex se l'autonomo presupposto escludente di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 se non è passata in giudicato.

La fattispecie. Ad una gara indettaper l'affidamento del servizio di supporto all'accertamento dell'evasione/elusione tributaria e alla riscossione coattiva delle entrate connesse e al contenzioso partecipava, tra le altre, una società a carico della quale pendeva una sentenza del giudice penale, non passata in giudicato, di condanna alle sanzioni di cui al comma 2, lett. a) – interdizione dall'esercizio dell'attività – e – divieto di contrattare con la pubblica amministrazione – dell'art. 9 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, per la durata di un anno. All'esito dell'istruttoria la commissione di gara decideva di escludere quest'ultima dalla procedura in quanto «nonostante la sentenza penale emessa nei confronti della società non sia passata in giudicato e - come tale, non determini l'esclusione immediata ai sensi dell'art. 80, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 - si rileva che di essa deve tenersi conto al fine di valutare l'affidabilità della ditta partecipante».

Le sentenze penali di condanna non passate in giudicato non qualificano un operatore economico come inaffidabile in via automatica. La sentenza in esame mette in evidenza il principio di diritto ricavabile dal rapporto tra il primo e il quinto comma dell'art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016, ossia che le sentenze penali di condanna non passate in giudicato non integrano in via automatica il presupposto escludente della grave negligenza.

Solo secondo la prima delle citate disposizioni, infatti, costituisce ex se motivo di esclusione dalla gara «la condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art 444 del codice di procedura penale…per uno dei seguenti reati: … g) ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione»: condizione quest'ultima non integrata tuttavia nella fattispecie atteso che la sentenza penale di condanna emessa nei riguardi della società ricorrente alle sanzioni dell'interdizione dall'esercizio dell'attività e dell'incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione non era appunto ancora passata in giudicato.

Viceversa, a sensi del successivo quinto comma, la stazione appaltante deve disporre l'esclusione dell'operatore destinatario di una sentenza di condanna non passata in giudicato solo se «dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità».

Dimostrazione che è stata ritenuta non adeguata nella fattispecie tenuto conto:

- che le contestazioni oggetto della sentenza di primo grado non riguardavano inadempimenti e/o asseriti errori professionali commessi direttamente dalla ricorrente bensì dalla diversa società il cui ramo d'azienda era stato successivamente rilevato dalla prima;

- che l'amministrazione intimata, nel motivare la contestata esclusione, non aveva dato alcuna specifica indicazione e sostanziale ragione della ritenuta “inaffidabilità” avendo piuttosto fondato la propria decisione su un ipotetico “rischio di interruzione del servizio” conseguente all'eventuale passaggio in giudicato della sentenza penale di primo grado;

- che i fatti di reato erano stati commessi oltre un decennio prima per cui assumeva rilievo di per sé dirimente quanto già chiarito dall'ANAC, con deliberazione 16 novembre 2016, n. 1293, secondo cui «In caso di sussistenza di una delle cause ostative previste dall'art. 80, comma 5, lettera c) del codice il periodo di esclusione dalle gare non può superare i tre anni...» (conformemente a quanto previsto dall'art. 57 della Direttiva UE n. 24/2014, ove, al paragrafo 7, si chiarisce che «...gli Stati membri... determinano il periodo massimo di esclusione... tale periodo non supera i tre anni dalla data del fatto in questione...»).

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