Il Parere del CdS sull’aggiornamento delle Linee guida ANAC n. 6 (mezzi di prova e carenze rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice)

26 Settembre 2017

La Commissione speciale del Consiglio di Stato ha reso il Parere sull'aggiornamento delle Linee guida ANAC n. 6 “indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), del codice”, richiesto dall'ANAC dopo le modifiche introdotte dal decreto “correttivo”.

La Commissione speciale del Consiglio di Stato (Cons. St., comm.spec., 25 settembre 2017, n. 2042) ha reso il Parere sull'aggiornamento delle Linee guida ANAC n. 6 recante l'“indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), del codice”, richiesto dall'ANAC dopo le modifiche introdotte dal decreto “correttivo” n. 56 del 2017.

Di seguito i punti principali del suddetto Parere.

  • In primo luogo la Commissione si è soffermata sull'indicazione delle ipotesi che in base al nuovo schema di Linee guida, costituiscono illeciti professionali “gravi” e che, quindi, devono essere valutate dalle stazioni appaltanti ai fini dell'esclusione dalle gare. In base allo schema rientrano in tale ipotesi anche le condanne esecutive per determinati reati, indicati a titolo esemplificativo, ancorché la sentenza non sia definitiva. Evidenzia il Consiglio di Stato che nella nuova formulazione dello schema di Linee guida non sono contemplati i reati di cui agli artt. 353, 353-bis, 354, 355, 356 c.p., i quali, invece, erano indicati nei paragrafi 2.1.2.5, 4.3, 4.4 e 4.5 delle precedenti Linee guida. La Commissione ha pertanto suggerito di aggiungere un capoverso ulteriore al par. 2.2 delle linee guida, dal seguente tenore: «Rileva, altresì, quale illecito professionale grave, che la stazione appaltante deve valutare ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), del codice, la condanna non definitiva per taluno dei reati di cui agli artt. artt. 353, 353-bis, 354, 355, 356 c.p., fermo restando che le condanne definitive per tali delitti costituiscono motivo di automatica esclusione ai sensi dell'art. 80, comma 1, lett. b), del codice».
  • In secondo luogo la Commissione si è soffermata sul nuovo par. 4.2 dello schema di Linee guida laddove stabilisce, tra l'altro, che «la mancata segnalazione di situazioni astrattamente idonee a configurare la causa di esclusione in argomento comporta l'applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis), del codice». La Commissione rileva che l'utilizzazione di un concetto giuridico indeterminato nelle linee guida, quale la mancata segnalazione di “situazioni astrattamente idonee a configurare la causa di esclusione” potrebbe far sorgere perplessità negli operatori su quali siano le situazioni da dichiarare per non incorrere nella sanzione espulsiva. Ha pertanto suggerito di ancorare la fattispecie di cui alla lett. f-bis) «ad omissioni di circostanze facilmente e oggettivamente individuabili quali, ad esempio, le sentenze di condanna per qualunque tipo di reato».
  • In terzo luogo la Commissione ha invitato l'ANAC a chiarire nelle linee guida come le misure di self cleaning (art. 80, commi 7 e 8 del Codice) si configurano a seguito della violazione, da parte dell'operatore economico, del principio di leale collaborazione con l'amministrazione. La Commissione ha richiamato la recente giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192) che ha specificato, tra l'altro, che il ricorso al contraddittorio e, quindi, la valutazione delle misure di self cleaning, presuppone il rispetto del principio di lealtà nei confronti della stazione appaltante, per cui, in caso di dichiarazioni mendaci o reticenti, l'amministrazione aggiudicatrice «può prescindervi, disponendo l'immediata esclusione della concorrente».
  • In quarto luogo la Commissione si è soffermata sulla novella introdotta dell'art. 83, comma 10, del Codice, laddove precisa che il periodo massimo di esclusione è fissato «a tre anni, decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo, nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna». La Commissione ha evidenziato che la suddetta previsione appare sostanzialmente conforme all'art. 57, comma 7, della direttiva 24. Tuttavia, da un punto di vista letterale, la norma europea, come dies a quo dei tre anni, fa riferimento alla data “del fatto”, mentre la norma nazionale al suo “accertamento definitivo”. La previsione modificata dal “correttivo” ha tenuto conto del Parere del Consiglio di Stato del 30 marzo 2017 n. 782, con cui si era evidenziata la necessità di ancorare la decorrenza del triennio ad un momento preciso, (giacché la “data del fatto” non assicurava tale esigenza «in quanto identiche violazioni compiute da due imprese lo stesso giorno, per fattori del tutto casuali, potrebbero anche venire alla luce in momenti differenti, il che conseguentemente finirebbe per limitare ingiustificatamente il triennio, per alcuni e non per altri, per tutto il periodo che va dalla commissione del fatto alla sua rilevanza nell'ambito del medesimo procedimento»). La Commissione evidenzia infatti che da un punto di vista sistematico, l'individuazione del dies a quo del triennio può ritenersi coincidente con la direttiva qualora la “data del fatto” sia intesa come data del fatto “definitivamente accertato”, tanto più che la norma nazionale è applicabile solo ove non sia intervenuta sentenza di condanna, definitiva o non definitiva. Inoltre precisa la Commissione, «occorre ritenere che la parte della norma incidente sulla fattispecie di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), sia esclusivamente quella introdotta dal correttivo, atteso che la restante parte della disposizione fa riferimento ad ipotesi di sentenze di condanna definitiva per le quali è prevista la pena accessoria dell'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione, le quali, ai sensi dell'art. 80, comma 1, lett. g), costituiscono motivo automatico di esclusione». Pertanto, la Commissione ha suggerito di modificare il par. 5.1 dello schema di Linee guida nel seguente modo: «La durata del motivo di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), del codice, per l'ipotesi in cui non sia intervenuta sentenza di condanna, è stabilita dal comma 10 dello stesso articolo ed è fissata in tre anni, decorrenti dalla data del definitivo accertamento del fatto, durante i quali la stazione appaltante deve tener conto del motivo stesso ai fini della propria valutazione discrezionale circa la sussistenza del presupposto per procedere all'esclusione dalla gara dell'operatore economico».
  • Infine la Commissione ha evidenziato che, in assenza di particolare urgenza, lo schema dovrà essere riformulato prevedendo l'ordinaria vacatio di quindici giorni e non l'immediata entrata in vigore delle nuove disposizioni.

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