Sulla illegittimità di una legge di gara che faccia riferimento ad un unico lotto per l’affidamento di servizi legali differenziati

Redazione Scientifica
27 Giugno 2017

Ove la legge di gara faccia riferimento, in ordine ai servizi legali...

Ove la legge di gara faccia riferimento, in ordine ai servizi legali, ad uno specifico settore amministrativo, va rilevato che è la condizione professionale di avvocato a costituire il sufficiente titolo, vuoi quanto a legittimazione vuoi quanto a interesse, per agire in giudizio in un tale caso.

Qualsiasi avvocato, infatti, dalla legge forense (art. 9 l. 31 dicembre 2012, n. 247 - Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense), è giuridicamente abilitato alle prestazioni in gara.

Nel caso di specie, una «specializzazione» formalizzata ai sensi – i soli ammissibili – di cui a quell'art. 9, non era richiesta dalla lex specialis.

Né risolve in senso contrario la circostanza, di mero fatto e dunque non di certificabile potenziale professionale, che il settore amministrativo nel quale il ricorrente soprattutto esercita abitualmente la professione, fosse diverso dalla contrattualistica pubblica.

Del resto, la specialità dell'avvocato corrisponde a un criterio di fatto che come si è visto non trova riscontro certificativo esclusivo in base alle norme di legge sulla professione di avvocato: queste, tranne che gli abilitati al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, non tracciano privative per specialità nell'ambito dell'attività legale.

Ove, con riferimento ai servizi legali (indetti, nel caso di specie, da Consip), sia bandita una gara in unico lotto che riguarda promiscuamente il servizio di consulenza strategica, organizzativa, legale e merceologica, e, al contempo prestazioni di servizi di consulenza strategico-organizzativa in ambito procurement, dunque di advisory strategico, di implementazione operativa delle iniziative individuate, e di consulenza legale, questa previsione è censurabile perché si trascendono i limiti di concorrenza, ragionevolezza e proporzionalità che connotano il margine di insindacabilità per discrezionalità dell'Amministrazione.

Da un lato infatti immotivatamente e irragionevolmente, e per quella che si presenta come la centrale di committenza dell'amministrazione pubblica italiana, accorpa in un'unica gara (c.d. lotto unico o ‘macrolotto, di ben 23 milioni di euro) una tipologia di servizi (per di più non specifiche, visto il carattere ancora generale delle prestazioni) le cui così consistenti dimensioni economiche dovevano indurre al frazionamento in più lotti per non restringere irrazionalmente la partecipazione alla gare degli operatori del settore, in danno dei principi di concorrenza (e favor partcipationis), buon andamento dell'amministrazione, ragionevolezza e proporzionalità (cfr. Cons. St., Sez. V, 6 marzo 2017, n. 1038, dove stazione appaltante era la stessa Consip s.p.a.).

Da un altro lato si impone un non adeguatamente giustificato preliminare accoppiamento e del tutto eterogeneo degli offerenti e ad effetti restrittivi, cioè della diffusa attività professionale propria dell'avvocato con attività di diverso ordine e natura, esercitabili come attività d'impresa e di fatto esercitate solo da un numero assai ristretto di figure, dalle molto consistenti rispettive dimensioni (come del resto è ulteriormente mostrato dal numero di appena tre offerte).

A questo secondo riguardo, preliminarmente si deve osservare che – dal punto di vista qualitativo – queste prestazioni si riferiscono ad attività professionali e imprenditoriali contenutisticamente diverse tra loro, eterogenee e reciprocamente autonome.

La circostanza che, naturalmente vadano in concreto e secondo le esigenze del caso coordinate nell'interesse del committente è di suo naturale: ma occorre rilevare che questo coordinamento è esigenza che si manifesta, per il se e per il come, di volta in volta, vale a dire in sede di esecuzione delle rispettive prestazioni contrattuali: come del resto avviene normalmente in riferimento a qualsiasi committente quando si avvale di più servizi di diverso genere, che debbono cooperare per la miglior cura del suo interesse. Ma è un coordinamento che, ragionevolmente, afferisce alla fase dell'esecuzione delle prestazioni, da modulare in ragione dell'esigenza del caso concreto: non già a priori, al momento della scelta dei soggetti, eterogenei, da coordinare.

Non si tratta di un unico servizio, da istituire in blocco unitario ed esternalizzare anche funzionalmente, ma di due diversi servizi da poi coordinare al momento delle concrete prestazioni, sotto il responsabile controllo e le indicazioni del committente (che, non va dimenticato, è una società in house, integralmente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze).

L'eccepito “legame funzionale” tra servizio di consulenza legale e servizio di consulenza strategica è dunque una modalità naturale, ma non originaria bensì successiva, da definire affare per affare, e che perciò non è coessenziale a un accordo-quadro (fermo poi che dalla lex specialis è deducibile che non è prevista – se mai potesse esserlo - alcuna integrazione o commistione organica tra i due servizi).

Nella specie, invece, la lex specialis portava a un previo raggruppamento temporaneo, all'uopo costituito. Vale a dire, una formula organizzativa che, in pratica, esternalizzava anche le scelte sul coordinamento in concreto, all'origine solo richiedendo una configurazione in raggruppamento: per di più del tutto autonoma: vale a dire, si esternalizzava una facoltà di scelta dell'altro - altrimenti propria del committente - da esplicare altrove e autonomamente. Detto altrimenti, si rimetteva alla libertà degli interessati anche la scelta del partner, di altro settore professionale, con cui presentarsi insieme alla gara.

Un tale modo di procedere non è di suo contrario all'ordinamento ed anzi è di normale pratica quando si tratti per un'impresa di acquisire requisiti di qualificazione alla gara che non possiede: però, se arriva a comportare implicazioni restrittive della concorrenza come qui patentemente è, deve – laddove il committente risponda alle regole pubblicistiche – corrispondere a una convenienza e un interesse di assoluto rilievo pubblico: e di ciò occorre siano adeguatamente esternate le precise ragioni.

Tanto più che occorre dimostrare che, almeno per le attività di advisory strategico e di implementazione operativa delle iniziative individuate, l'apparente genericità delle prestazioni non possa significare, anche solo in parte, una sovrapposizione con i compiti di istituto per cui è stato costituito e configurato, con la sua particolare caratterizzazione, il committente in questione. Il tutto con l'ulteriore particolare considerazione che qui ci si congiunge con un'attività non di impresa, bensì sicuramente professionale come è quella di consulenza legale.

Vero è che, per principio generale, compete all'amministrazione identificare le proprie esigenze da soddisfare ricorrendo all'appalto, vale a dire al mercato, e di corrispondentemente definirne oggetto, durata e modalità; e che questa facoltà esprime un apprezzamento discrezionale. Ma si tratta di discrezionalità che va esercitata, al solito, in modo congruo e proporzionato, anzitutto rispetto alle regole concorrenziali immanenti al mercato in cui si sostanzia la singola gara.

L'assetto dell'offerente configurato dal bando, all'opposto, restringe decisamente la libertà di accesso alla gara, escludendone a priori – per quanto concerne l'interesse apprezzabile dell'appellante - finanche un ipotetico ampio studio legale. Certamente tra i compiti di advisory strategico possono esservi attività che possono toccare l'approfondimento di profili giuridici, ma questo – come detto – è tema da definire in concreto.

Insomma, con l'impugnato bando la stazione appaltante ha accomunato prestazioni di genere del tutto diverso e ha richiesto requisiti quantitativi - l'ammontare del detto fatturato minimo – di livello patentemente eccessivo (perché proprio di una ristrettissima fascia di ricavato) e di loro disancorati da qualsiasi parametro qualitativo.

Il che è reso manifesto dall'effetto concreto, che ha visto rispondere al bando soltanto tre raggruppamenti concorrenti, cui partecipano ditte preminenti – anche per associazioni e integrazioni a livelli mondiali - nei settori delle valutazioni contabili, della fiscalità, delle transazioni commerciali, della consulenza gestionale strategica e operativa, dei servizi di investimento e di pianificazione finanziaria.

Occorre del resto non dimenticare che principi eurounitari su cui fonda il sistema di selezione dei contratti pubblici sono improntati al criterio per cui è la garanzia dell'effettiva concorrenza a recare in sé la garanzia di efficienza e la scelta migliore delle risorse (cfr. art. 2 d.lgs. n. 163 del 2006).

Questi elementi denotano che l'assetto di offerenti cui il bando è orientato fuoriesce dagli invocati principi cui presiede il Codice come da quelli generali di proporzionalità e di adeguatezza che li integrano, in sacrificio dei principi di concorrenza.

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