Bando Consip per l’affidamento dei (propri) servizi di advisory e consulenza legale: illegittima la mancata suddivisione in lotti

29 Giugno 2017

Il Consiglio di Stato, riformando la sentenza del TAR Lazio, ha dichiarato l'illegittimità del bando pubblicato da Consip per l'affidamento dei propri servizi di advisory strategico e di consulenza legale. Il Collegio ha in particolato dichiarato illegittime le clausole che, accomunando la richiesta di servizi del tutto diversi, senza la necessaria suddivisione in lotti, richiedevano requisiti di partecipazione – quale l'ammontare del fatturato – elevati e disancorati da qualsiasi parametro qualitativo, ponendo di fatto un'illegittima barriera per l'accesso alla gara.

Il Consiglio di Stato ha dichiarato l'illegittimità del bando Consip per l'affidamento dei propri servizi legali in ragione dalla mancata suddivisione in lotti della gara. Il bando infatti richiedeva l'offerta di servizi a supporto delle proprie attività tra loro eterogenei, domandando complessivamente le prestazioni di: (i) advisory strategico; (ii) implementazione operativa delle iniziative individuate; (iii) consulenza legale. Per la partecipazione alla gara venivano richiesti requisiti quantitativi elevati: l'associazione, sotto forma di un raggruppamento temporaneo di operatori economici, un fatturato globale non inferiore ad €. 20.000.000, iva esclusa; un fatturato specifico per servizi di consulenza strategico – organizzativa in ambito procurement sia privato che pubblico non inferiore ad €. 3.000.000,00, iva esclusa; un fatturato per servizi legali nel diritto amministrativo non inferiore ad €. 2.000.000,00, iva esclusa, di cui almeno €. 1.000.000,00 conseguiti per prestazioni di assistenza e di consulenza stragiudiziale legale in materia di contratti pubblici.

Il titolare di un studio legale impugnava, ritenendole escludenti, le predette clausole, ma il TAR Lazio (con sentenza II, 27 settembre 2016, n. 9952), respingeva il ricorso affermando che i requisiti censurati si ponevano nell'esercizio discrezionalità della stazione appaltante.

La suddetta sentenza veniva appellata dinanzi al Consiglio di Stato che accoglieva l'appello del ricorrente e respingeva l'appello incidentale di Consip.

In primo luogo la sentenza conferma l'ammissibilità del ricorso, posta in dubbio da una delle eccezioni sollevate da Consip, in ragione della portata autonomamente e immediatamente escludente delle clausole del bando impugnate. Nella specie, sottolinea la sentenza, Consip con la richiesta del requisito di un fatturato minimo di ingente entità e «di dimensioni tali da superare una proporzione che sia indice di qualità professionale» ha, di fatto, posto una vera e propria barriera all'accesso alla gara. In secondo luogo il Collegio respinge l'eccezione di inammissibilità con cui Consip aveva eccepito la mancanza di specializzazione professionale del ricorrente rispetto ai servizi richiesti dal bando precisando che è in sé «la condizione professionale di avvocato a costituire il sufficiente titolo, vuoi quanto a legittimazione vuoi quanto a interesse, per agire in giudizio in un tale caso». La sentenza precisa infatti che in base alla legge forense (art. 9 l. 31 dicembre 2012, n. 247) la «qualifica di specializzazione è essenzialmente volontaria e dagli effetti promozionali perché non introduce alcuna privativa o esclusiva della materia («Il conseguimento del titolo di specialista non comporta riserva di attività professionale») [e …] Non risolve in senso contrario la circostanza, di mero fatto e dunque non di certificabile potenziale professionale, che il settore amministrativo nel quale il ricorrente soprattutto esercita abitualmente la professione, fosse diverso dalla contrattualistica pubblica (…)».

Quanto al nucleo centrale della controversia ossia alla richiesta di un elevato fatturato minimo, come sopra accennato, il Consiglio di Stato evidenzia l'illegittimità del bando derivante dalla mancata suddivisione in lotti. La sentenza sottolinea che con l'impugnato bando la stazione appaltante ha accomunato prestazioni di genere del tutto diverse e un fatturato minimo – «di livello patentemente eccessivo (perché proprio di una ristrettissima fascia di ricavato) e di loro disancorati da qualsiasi parametro qualitativo. La formulazione delle clausole ha consentito infatti la partecipazione di soltanto tre raggruppamenti concorrenti, cui partecipano ditte preminenti – anche per associazioni e integrazioni a livelli mondiali - nei settori delle valutazioni contabili, della fiscalità, delle transazioni commerciali, della consulenza gestionale strategica e operativa, dei servizi di investimento e di pianificazione finanziaria».

Il Collegio evidenzia che Consip «immotivatamente e irragionevolmente, (…) per quella che si presenta come la centrale di committenza dell'amministrazione pubblica italiana» ha accorpato «in un'unica gara (c.d. lotto unico o ‘macrolotto, di ben 23 milioni di euro) una tipologia di servizi (per di più non specifiche, visto il carattere ancora generale delle prestazioni) le cui così consistenti dimensioni economiche dovevano indurre al frazionamento in più lotti per non restringere irrazionalmente la partecipazione alla gare degli operatori del settore, in danno dei principi di concorrenza (e favor partcipationis), buon andamento dell'amministrazione, ragionevolezza e proporzionalità»; eha peraltro imposto «un non adeguatamente giustificato preliminare accoppiamento del tutto eterogeneo degli offerenti e ad effetti restrittivi, cioè della diffusa attività professionale propria dell'avvocato con attività di diverso ordine e natura, esercitabili come attività d'impresa e di fatto esercitate solo da un numero assai ristretto di figure, dalle molto consistenti rispettive dimensioni (come del resto è ulteriormente mostrato dal numero di appena tre offerte)». A questo secondo riguardo, la sentenza precisa che - dal punto di vista qualitativo - le prestazioni richieste dal bando si riferiscono ad attività professionali e imprenditoriali contenutisticamente diverse tra loro e l'esistenza di un “legame funzionale” - eccepito da Consip - tra il servizio di consulenza legale e servizio di consulenza strategica costituisce in realtà solo «una modalità naturale, ma non originaria bensì successiva, da definire affare per affare, e che perciò non è coessenziale a un accordo-quadro (fermo poi che dalla lex specialis è deducibile che non è prevista – se mai potesse esserlo - alcuna integrazione o commistione organica tra i due servizi)». La sentenza precisa infine che sebbene, come affermato dal TAR, fosse compito di Consip identificare le proprie esigenze da soddisfare e di definire l'oggetto, la durata e la modalità della gara, la suddetta discrezionalità avrebbe dovuto essere esercitata in modo congruo e proporzionato, nel rispetto delle regole concorrenziali immanenti al mercato in cui si inserisce, nella specie, la singola gara.

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