Informative interdittive antimafia: autonomia e specificità dell'accertamento istruttorio per le imprese facenti parte di società consortili

Viviana Di Iorio
18 Marzo 2016

È illegittima l'informativa interdittiva antimafia che non scaturisce da un autonomo e specifico accertamento istruttorio, idoneo a dare conto di effettivi tentativi di infiltrazione mafiosa, ma che trae esclusivamente origine dalla partecipazione dell'impresa destinataria al r.t.i., e alla società consortile conseguentemente costituita, insieme ad altra impresa gravata a sua volta da una interdittiva specifica (peraltro immediatamente estromessa dalla società consortile appena raggiunta dal provvedimento prefettizio).

La regola posta dall'art. 37, commi 18 e 19, c.c.p. (su cui cfr. CGA, 8 febbraio 2016, n. 34) prevede che, in presenza di una misura interdittiva antimafia che colpisce un'impresa mandante o mandataria di un r.t.i., è consentito all'amministrazione proseguire il rapporto di appalto con l'impresa superstite (ove ricorra il possesso dei necessari requisiti di qualificazione richiesti dal bando).

Le richiamate disposizioni confermano la ratio di contemperare il prosieguo dell'iniziativa economica delle imprese in forma associata con le esigenze afferenti alla sicurezza e all'ordine pubblico, connesse alla repressione dei fenomeni di stampo mafioso, ogni volta che, a mezzo di pronte misure espulsive, si determini volontariamente l'allontanamento e la sterilizzazione delle imprese in pericolo di condizionamento mafioso.

Tali considerazioni, a parere del Collegio, possono riguardare anche il r.t.i. che ha assunto la forma della società consortile.

Ciò in quanto, la costituzione della predetta società appare fisiologica per l'esecuzione unitaria delle prestazioni appaltate e corrispondente alla prassi aziendale, trattandosi di una “società strumento” o “società operativa”, riconducibile al modello tipizzato dagli artt. 93 (per i lavori) e 276 (per i servizi) del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, composta da operatori economici riuniti in associazione temporanea, per assicurare una procedura coordinata e rapida per eseguire in modo unitario l'appalto.

Ne consegue che, ove l'interdittiva colpisca una delle imprese consorziate, non possa automaticamente desumersi la sussistenza di rischi di infiltrazione mafiosa in capo alle altre consorziate per il solo fatto dell'associazione; la “vicinanza” tra le imprese non è, infatti, di per sé indicativa dell'automatica infiltrazione anche dell'impresa non direttamente colpita dall'interdittiva, dovendosi in tale ipotesi effettuare un apprezzamento “caso per caso, in relazione alle concrete vicende collaborative tra le due imprese, che vanno adeguatamente approfondite allo scopo di accertare la sussistenza di fattori oggettivi di condizionamento, non della impresa controindicata rispetto a quella in valutazione, ma da parte delle medesime organizzazioni criminali che hanno compromesso la posizione della prima”.

Sulla scorta della suddetta argomentazione, è perciò illegittima l'informativa interdittiva antimafia che non scaturisce da un autonomo e specifico accertamento istruttorio, idoneo a dare conto di effettivi tentativi di infiltrazione mafiosa, ma che trae esclusivamente origine dalla partecipazione dell'impresa destinataria al r.t.i., e alla società consortile conseguentemente costituita, insieme ad altra impresa gravata a sua volta da una interdittiva specifica (peraltro immediatamente estromessa dalla società consortile appena raggiunta dal provvedimento prefettizio).