Qualificazione per l'esecuzione di lavori pubblici e raggruppamenti temporanei di imprese: cumulabilità dei requisiti e loro trasferimento in caso di cessione di ramo d'azienda

Roberto Fusco
21 Marzo 2016

In un raggruppamento temporaneo di imprese è ammissibile la cumulabilità dei requisiti di capacità tecnica per l'esecuzione di lavori. Il requisito di qualificazione richiesto deve essere posseduto dal raggruppamento nel suo complesso, non dai singoli partecipanti e nemmeno da almeno uno di essi isolatamente considerato.
Massime

In un raggruppamento temporaneo di imprese è ammissibile la cumulabilità dei requisiti di capacità tecnica per l'esecuzione di lavori. Il requisito di qualificazione richiesto deve essere posseduto dal raggruppamento nel suo complesso, non dai singoli partecipanti e nemmeno da almeno uno di essi isolatamente considerato.

Nella ipotesi di cessione del ramo d'azienda non è detto che la società cedente mantenga comunque i requisiti sostanziali tali da sorreggere la qualificazione per l'esecuzione dei lavori inerente al compendio ceduto, pertanto detta società avrà sempre l'onere di attivare il procedimento previsto dall'art. 76, comma 11, del d.P.R. n. 207del 2010 per la verifica del possesso dei requisiti necessari all'ottenimento di una nuova attestazione di qualificazione.

Il caso

La pronuncia in commento definisce il giudizio relativo ad una procedura aperta per l'affidamento del “servizio integrato energia per le pubbliche amministrazioni”, in relazione al quale il disciplinare di gara richiedeva, per i lavori ricompresi nell'oggetto del contratto, il possesso della qualificazione SOA nella categoria OG11 e con classifica minima VI.

La società ricorrente in primo grado, risultata seconda classificata, contestava l'aggiudicazione definitiva disposta in favore di altra società che avrebbe perso (quantomeno per un periodo di tempo) i requisiti di capacità tecnica e la connessa qualificazione per effetto di un intervenuto contratto di cessione di ramo di azienda.

La società controinteressata, nella sua veste di ricorrente incidentale, sosteneva che parte ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara non possedendo il citato requisito non frazionabile all'interno di un raggruppamento temporaneo di imprese.

Il giudice di primo grado (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 15 ottobre 2015, n. 2167) respingeva entrambe tali argomentazioni giudicando infondati sia il ricorso incidentale che quello principale e confermando l'aggiudicazione in capo alla parte controinteressata.

Nella pronuncia in commento, invece, il Consiglio di Stato ha riformato la decisione di primo grado, accogliendo il ricorso dell'appellante sulla base del convincimento che il contratto di cessione d'azienda in questione fosse idoneo ad incidere sui requisiti e sulle qualificazioni, disponendo pertanto il subentro della società appellante nel rapporto con la stazione appaltante, oltre a condannare quest'ultima al risarcimento del danno patito dalla medesima società.

La questione

La vicenda posta all'attenzione del Consiglio di Stato riguarda la sussistenza dei requisiti di capacità tecnico-professionale per l'esecuzione di lavori nell'ambito dei raggruppamenti temporanei d'impresa.

In primo luogo il Collegio si interroga sulla possibilità di cumulare i vari requisiti di idoneità tecnico-professionale tra le varie imprese nell'ambito dei raggruppamenti temporanei di imprese.

In secondo luogo viene affrontata la complessa tematica del contratto di cessione del ramo d'azienda con particolare riferimento alla sua idoneità a determinare effetti traslativi su tali requisiti e sulle connesse qualificazioni in possesso della società cedente.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio affronta preliminarmente la questione della cumulabilità dei requisiti di qualificazione poiché oggetto del primo motivo del ricorso incidentale della controinteressata che, in forza del suo carattere indubbiamente escludente, sarebbe stato idoneo a determinare la privazione della legittimazione ad agire della società appellante in caso di suo accoglimento.

Riprendendo quanto affermato dal Giudice di primo grado, viene confermato che, benché la legge di gara possa prevedere limiti di cumulabilità dei requisiti di capacità tecnica, nel caso concreto la formulazione del disciplinare non consentiva di ritenere che fosse stato imposto il possesso individuale dell'integrale requisito tecnico a ciascuna delle imprese partecipanti al raggruppamento. Pertanto l'esecuzione dei lavori deve essere affidata solo a imprese in possesso della certificazione, ma i valori necessari al raggiungimento della classifica richiesta possono risultare dalla somma dei requisiti posseduti.

Con riferimento alla questione concernente la cessione del ramo d'azienda, invece, il Consiglio di Stato stravolge l'impostazione adottata dal Giudice di prime cure, secondo la quale il contratto, pur denominato cessione di ramo d'azienda, risultava idoneo soltanto a determinare il trasferimento dei singoli cespiti, ma non del ramo d'azienda insieme alla connessa qualificazione per l'esecuzione di lavori.

Sul punto occorre evidenziare che esistono due diversi orientamenti giurisprudenziali.

Il primo sostiene che il contratto di cessione del ramo di azienda farebbe automaticamente venir meno le qualificazioni per l'esecuzione di lavori (in tal senso TAR Abruzzo, Pescara, Sez. I, 16 dicembre 2013, n. 616, confermata da Cons. St., Sez. III, 12 novembre 2014, n. 5573, a sua volta confermata a seguito di opposizione di terzo da Cons. St., Sez. III, 7 maggio 2015, n. 2296).

Il secondo, di segno opposto, ritiene che non necessariamente la cessione del ramo d'azienda (o di alcune componenti dello stesso) determinerebbe la perdita dei requisiti tecnico-professionali e delle connesse certificazioni (in tal senso TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 16 luglio 2014, n. 3972; TAR Liguria, Genova,Sez. II, 18 dicembre 2014, n. 1881, confermata da Cons St., Sez. V, 26 giugno 2015, n. 3245; TAR Marche, Ancona, Sez. I, 26 novembre 2015, n. 863; e TAR Lazio, Roma, Sez. III, 13 luglio 2015, n. 9350).

Il Giudice di appello aderisce al primo orientamento. Premesso che il “ramo d'azienda” può essere definito come un'articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità (Cass. civ., Sez. III, 30 giugno 2015, n. 13319), viene evidenziato che ad una sua cessione sia connaturato il trasferimento di un complesso di beni e di diritti organizzato per l'esercizio dell'impresa e idoneo a generare profitti (e non il trasferimento dei singoli cespiti). Nella controversia in questione, dato che sussisterebbero tutti gli elementi costitutivi e qualificativi di una cessione di ramo di azienda (comprovati anche dall'intero quadro dei rapporti contrattuali tra le parti) discenderebbe la conseguenza che, all'esito del trasferimento, il soggetto cedente perderebbe i requisiti sostanziali che stanno alla base delle qualificazioni per l'esecuzione di lavori, per il conseguimento delle quali dovrebbe chiedere una nuova attestazione di qualificazione ai sensi dell'art. 76, comma 1 del d.P.R. n. 207 del 2010.

Osservazioni

L'aspetto più rilevante dell'esaminata pronuncia riguarda la distinzione tra la perdita dei requisiti sostanziali tecnico-professionali per l'esecuzione di lavori e perdita della connessa qualificazione che comprova l'esistenza di tali requisiti.

L'attestazione di qualificazione, infatti, viene persa automaticamente dalla società cedente in caso di alienazione del ramo di azienda. Verificato in concreto che la cessione riguardi effettivamente un ramo d'azienda nella sua interezza, per effetto della normativa vigente, sia la società cedente che quella cessionaria sono onerate a richiedere un'altra attestazione ai sensi dell'art. 76, comma 11, d.P.R. n. 207 del 2010 (in tal senso anche Cons. St., Sez. V, 16 gennaio 2015, n. 70).

Discorso diverso, invece, viene fatto per i requisiti che stanno alla base della qualificazione. Sebbene normalmente la cessione di ramo d'azienda incida sull'assetto dei requisiti posseduti dalla società cedente, non è da escludersi che possano inverarsi situazioni in cui la cedente mantenga comunque i requisiti sostanziali che stanno alla base della la qualificazione inerente al compendio alienato, indipendentemente da ulteriori acquisizioni. In tal caso si potrebbe ipotizzare che non sia necessaria una nuova domanda di qualificazione dato che si uscirebbe dal perimetro di applicazione del citato dell'art. 76, comma 11 che si riferisce esplicitamente alle domande di certificazione richieste «sulla base dei requisiti acquisiti successivamente alla cessione del complesso aziendale o del suo ramo». Il Collegio, però, non concorda con tale impostazione affermando che sia preferibile dare un'interpretazione non strettamente letterale alla citata disposizione, tale da prescrivere una nuova richiesta di attestazione a prescindere da requisiti acquisiti successivamente alla cessione del ramo aziendale. Infatti, secondo la normativa vigente, la società cedente non potrà auto-valutare la persistenza dei requisiti in capo a se stessa, dato che il potere certificativo di rilasciare tali qualificazioni spetta alle Società di Organismo di Attestazione all'esito di un procedimento istruttorio diretto ad accertare il possesso dei requisiti previsti in capo al soggetto richiedente (Cons. St., Sez. V, 16 gennaio 2015, n. 70). Pertanto, successivamente alla cessione di un suo ramo di azienda, la società cedente avrà sempre l'onere di chiedere l'attestazione di qualificazione ad una SOA anche nel caso in cui essa ritenga di non aver perso i requisiti necessari per la qualificazione inerenti al compendio ceduto.

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