Sul recesso dal contratto conseguente all’informativa antimafia interdittiva

Valeria Zallocco
30 Maggio 2017

È inammissibile la doglianza di illegittimità derivata del provvedimento di recesso in dipendenza degli asseriti vizi dell'informativa antimafia interdittiva qualora quest'ultima non sia impugnata nel medesimo giudizio, né è possibile una cognizione in via incidentale del provvedimento prefettizio. Deve ritenersi legittimo il recesso disposto in un tempo in cui il provvedimento interdittivo antimafia era del tutto efficace e dagli atti non risulti che tale efficacia sia venuta meno al tempo della presentazione del ricorso.

La vicenda trae origine dal recesso da un contratto esercitato dalla stazione appaltante in ragione della sopravvenuta informazione antimafia interdittiva nei confronti dell'aggiudicatario-contraente. Quest'ultimo impugnava il recesso, muovendo censure dirette a contestare la legittimità dell'informativa antimafia e deducendo l'illegittimità derivata del provvedimento impugnato. L'informativa prefettizia, tuttavia, non era oggetto del medesimo giudizio perché già impugnata innanzi ad altra sede giurisdizionale.

La sentenza afferma che è inammissibile la doglianza di illegittimità derivata del provvedimento di recesso in dipendenza dei vizi del provvedimento recante l'informativa antimafia interdittiva, qualora quest'ultimo provvedimento non sia impugnato nello stesso giudizio, né è possibile una cognizione in via meramente incidentale del provvedimento prefettizio.

La pronuncia si sofferma, poi, sugli effetti dell'interdittiva antimafia tipica e sui poteri che residuano in capo all'organismo committente sul sindacato nel merito dei presupposti che hanno indotto il Prefetto alla sua adozione. Con riguardo agli effetti, l'interdittiva antimafia tipica determina, in capo all'impresa che ne è destinataria, l'incapacità a contrattare ex art. 94 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 e, dunque, incide sui requisiti di capacità generale (art. 38, lett. m, d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 80, comma 2, del vigente Codice dei Contratti Pubblici). Quanto ai residui poteri dell'organismo committente, la sentenza afferma che l'apprezzamento circa la sussistenza dei presupposti dell'interdittiva è riservato in via esclusiva all'Autorità di pubblica sicurezza e non può essere messo in discussione da parte dei soggetti che devono prestare osservanza alla misura di interdittiva. Di conseguenza, ogni successiva statuizione della stazione appaltante si configura dovuta e vincolata, tanto che il provvedimento di recesso dal contratto non deve essere corredato da alcuna specifica motivazione, salva la diversa ipotesi – del tutto eccezionale e residuale – in cui a fronte dell'esecuzione di gran parte delle prestazioni e del pagamento dei corrispettivi dovuti, venga riconosciuto prevalente l'interesse alla conclusione della commessa con l'originario affidatario.

Nel caso di specie – conclude il Collegio – al tempo dell'emanazione del provvedimento di recesso, l'interdittiva antimafia era pienamente efficace e tale dato non è stato modificato dalle vicende successive, pertanto, in applicazione del criterio tempus regit actum, il recesso risulta adottato in una situazione idonea ad integrare il presupposto per la sua emanazione.