Anche la persona giuridica può essere socio di maggioranza ex art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006.

30 Giugno 2016

L'espressione “ socio di maggioranza” contenuta nell'art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006 deve intendersi riferita anche al socio persona giuridica.

La decisione afferma che la locuzione “socio di maggioranza” contenuta nell'art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 (come modificato dall'art. 4, comma 2, lett. b), d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in l. 12 luglio 2011, n. 106) deve intendersi riferita non solo al socio-persona fisica, ma anche al socio-persona giuridica. Il Collegio non ritiene ragionevole, infatti, limitare la verifica di cui alla disposizione citata al solo socio di maggioranza-persona fisica, non potendosi circoscrivere a quest'ultimo la garanzia di moralità del concorrente, che deve, invece, interessare anche il socio persona giuridica «per il quale il controllo ha più ragion d'essere, trattandosi di società collegate in cui potrebbero annidarsi fenomeni di irregolarità elusive degli obiettivi di trasparenza perseguiti». Evidenzia la pronuncia, infatti, che se lo spirito del d.lgs. n. 163 del 2006 è quello di assicurare legalità e trasparenza nelle procedure di affidamento, l'integrità morale del concorrente deve essere garantita sia in caso di concorrente persona fisica che di concorrente persona giuridica, venendo altrimenti violato il principio della par condicio dei concorrenti. I Giudici sottolineano, poi, come il dato testuale della citata disposizione – che nulla specifica in ordine alla natura giuridica del socio di maggioranza – avvalorerebbe l'opzione ermeneutica sostenuta «in conformità ad un approccio sostanzialistico alla normativa che attribuisce rilievo ai requisiti di moralità di tutti i soggetti che condizionano la volontà degli operatori che stipulano contratti con la pubblica amministrazione […] in ossequio ai principi di lealtà, correttezza, trasparenza e buona amministrazione».

Il Consiglio di Stato richiama, a sostegno delle proprie conclusioni, l'art. 45 della direttiva 2004/18/CE che, nel prevedere l'esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici del candidato o dell'offerente che abbia riportato condanne per talune ipotesi di reato, dispone che «in funzione del diritto nazionale dello Stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell'offerente» e, pertanto, non solo non osterebbe alla verifica della sussistenza dei requisiti morali rispetto alle persone giuridiche e non solo alle persone fisiche, bensì imporrebbe di effettuare il controllo nei confronti di ogni soggetto che nella sostanza eserciti i richiamati poteri di rappresentanza, decisione o controllo.

Il Collegio ha ritenuto, pertanto, legittima l'esclusione fondata sulla constatazione dell'esistenza di condanne penali definitive a carico del Presidente e del Vice Presidente della società socia di maggioranza (per quota peraltro pari al 99,9 %) della concorrente, trattandosi di socio con «un “significativo”, se non esclusivo, “ruolo decisionale e gestionale societario”», che deve, quindi soggiacere «all'obbligo di accertamento della verifica dei requisiti morali in capo ai soggetti muniti di poteri di rappresentanza e direzione tecnica».

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