Conferma approccio sostanzialistico relativamente agli oneri dichiarativi gravanti sui soci e conseguenze sulle attestazioni SOA precedentemente rilasciate

Leonardo Droghini
30 Agosto 2017

Gli oneri dichiarativi gravanti sui soci ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del /2006 riguardano anche chi, pur risultando formalmente socio di minoranza della società partecipante a una pubblica gara, ne detenga comunque il controllo indiretto. Detta interpretazione sostanzialistica è idonea a travolgere gli effetti di attestazioni SOA che erano state rilasciate prima del chiarimento giurisprudenziale non essendo invocabile il principio di legittimo affidamento.

La sentenza afferma la validità dell'orientamento sostanzialistico inerente gli oneri dichiarativi gravanti sui soci ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. c), Codice del 2006, come novellato dal d.l. n. 70 del 2011, e ne chiarisce l'efficacia intertemporale.

La vicenda origina da una precedente pronuncia giurisdizionale, confermata in appello, in relazione ad una gara pubblica nella quale il socio di minoranza dell'impresa aggiudicataria era gravato da numerosi procedimenti penali. In quella sede, il giudice ha affermato che l'obbligo dichiarativo di cui all'art. 38, comma 1, lett. c) opera non solo in caso di socio di maggioranza “diretto” della s.p.a., ma anche in caso di socio di maggioranza “indiretto” o “derivato” per via di partecipazioni azionarie incrociate; circostanza che si verificava nella fattispecie.

A seguito di detta decisione, la DAP (Organismo di Attestazione) – che aveva anni prima rilasciato diverse attestazioni SOA in favore della stessa impresa – ha disposto, su sollecito dell'ANAC, la decadenza dalle attestazioni di qualificazione ai sensi dell'art. 40, comma 9-ter, d.lgs. n. 163 del 2006 per carenza del requisito di cui all'art. 38, comma 1, lett. c), con effetto “ora per allora”; provvedimenti che venivano impugnati.

La sentenza in epigrafe richiama in via preliminare l'interpretazione sostanzialistica dell'art. 38, comma 1, lett c) inaugurata con la sentenza n. 4425 del 2014 del Consiglio di Stato e ne abbraccia l'intento pratico: evitare comportamenti opportunistici finalizzati a eludere gli obblighi dichiarativi di cui all'art. 38 da parte di chi, pur socio di minoranza, detenga comunque un controllo indiretto dell'impresa concorrente tramite un “gioco” di partecipazioni societarie.

Ciò chiarito, il Consiglio di Stato definisce l'efficacia temporale di questo “nuovo” orientamento e, in particolare, affronta il problema di se detto indirizzo sia idoneo a travolgere anche gli effetti di attestazioni SOA che erano state rilasciate prima del chiarimento giurisprudenziale.

Il giudice di primo grado aveva optato per la soluzione negativa, poiché l'applicazione a situazioni pregresse dell'orientamento “sostanzialistico” contrasta con i principi generali di affidamento e di certezza del diritto; infatti, le attestazioni SOA erano state correttamente rilasciate conformemente all'orientamento a quel tempo prevalente.

Viceversa e discutibilmente, la decisione di appello ritiene legittimi i provvedimenti di decadenza sulla base di plurimi argomenti.

Innanzitutto nega qualsiasi contrasto tra l'applicazione retroattiva dell'orientamento sostanzialistico e il principio di legittimo affidamento; in particolare, secondo il ragionamento del Consiglio di Stato, ciò che mancherebbe nella fattispecie è la buona fede in senso oggettivo di chi ha artatamente eluso la normativa di settore. L'applicazione retroattiva è inoltre sostenuta argomentando che il chiarimento giurisprudenziale non ha valenza innovativa, ma solo interpretativa: semplicemente chiarisce la corretta portata degli obblighi dichiarativi incombenti sulle imprese ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. c), anche ai fini del rilascio delle attestazioni SOA.

In aggiunta, si ritiene che il provvedimento di decadenza non sia qualificabile quale misura afflittiva di carattere lato sensu “penale” ai sensi della giurisprudenza CEDU – e perciò adottabile solo in relazione a fatti successivi al nuovo indirizzo – ma sia soltanto una misura ripristinatoria che elide le ingiustificate conseguenze favorevoli all'interessato, lui derivanti per la mancata dichiarazione di circostanze ostative al riconoscimento di un determinato beneficio.

Infine, è escluso che il potere esercitato collida con le regole che presiedono l'esercizio dell'autotutela, sostenendo che il potere di decadenza cui al comma 9-ter dell'art. 40 del vecchio Codice, avrebbe carattere di specialità rispetto alle ipotesi di cui al Capo IV-bis della l. n. 241 del 1990: l'esercizio del potere/dovere di dichiarare la decadenza deriverebbe dal solo riscontro dei relativi presupposti e i relativi termini per l'accertamento sarebbero meramente ordinatori e non perentori.

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