La revoca dell’aggiudicazione definitiva incontra limiti “particolarmente stringenti”

Roberto Fusco
30 Novembre 2016

La revoca di un'aggiudicazione legittima (prima della stipula del contratto) necessita di sopravvenute ragioni di pubblico interesse particolarmente consistenti e preminenti sulle esigenze di tutela del legittimo affidamento, che devono fondarsi sulla sicura verifica della inidoneità del prodotto offerto dall'aggiudicatario a soddisfare le necessità della stazione appaltante, non essendo sufficiente, invece, un diverso e sopravvenuto apprezzamento della misura dell'efficacia dell'oggetto della fornitura.

Le sentenza chiarisce i presupposti, i contenuti e le finalità dell'istituto della revoca nell'ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.

La vicenda sottoposta all'esame del Consiglio di Stato riguarda la fornitura a noleggio di apparecchiature mediche, bandita da un'Azienda Ospedaliera che, dopo aver aggiudicato l'appalto alla prima classificata, ha revocato l'aggiudicazione prima della stipula del contratto. Avverso tale provvedimento di revoca la società aggiudicataria ha proposto ricorso al giudice amministrativo di primo grado che, però, ha respinto il gravame giudicando legittime sia la contestata revoca dell'aggiudicazione, sia l'indizione e la definizione della nuova procedura (TAR Puglia, Bari, Sez. II, 20 maggio 2016, n . 694).

L'adito giudice di appello, nel pronunciarsi sulla questione, svolge alcune importanti considerazioni sulla revoca in generale [disciplinata dall'art. 21-quinques l. n. 241 del 1990 come modificato dall'art. 25, comma 1, lettera b-ter), l. n. 164 del 2014], che viene definita come lo strumento dell'autotutela decisoria preordinato alla rimozione, con efficacia ex nunc, di un atto ad efficacia durevole, in esito a una nuova (e diversa) valutazione dell'interesse pubblico alla conservazione della sua efficacia. Come è noto i presupposti per il suo legittimo esercizio possono consistere, anche alternativamente: nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto che deve essere imprevedibile al momento dell'adozione del provvedimento, o nella rinnovata (e diversa) valutazione dell'interesse pubblico originario (eccetto che per i provvedimenti autorizzatori o attributivi di vantaggi economici).

Il potere di revoca, che è connotato da un'ampia discrezionalità (ex multis Cons. St., sez. III, 6 maggio 2014, n. 2311), deve comunque tenere in adeguata considerazione le esigenze di tutela connesse al legittimo affidamento ingenerato nel privato danneggiato dalla revoca e all'interesse pubblico della certezza dei rapporti giuridici costituiti dall'atto originario. Secondo il collegio, pertanto, per la tutela di tali interessi, l'amministrazione dovrebbe attenersi (pure) alle seguenti regole per revocare un provvedimento: a) la revoca deve essere preceduta da un confronto procedimentale con il destinatario dell'atto che si intende revocare; b) non è sufficiente un ripensamento tardivo e generico circa la convenienza dell'emanazione dell'atto originario; c) le ragioni addotte a sostegno della revoca devono rivelare la consistenza e l'intensità dell'interesse pubblico che si intende perseguire con il ritiro dell'atto originario; d) la motivazione della revoca dev'essere profonda e convincente nell'esplicitare, non solo i contenuti della nuova valutazione dell'interesse pubblico, ma anche la sua prevalenza su quello del privato che aveva ricevuto vantaggi dal provvedimento originario a lui favorevole.

Premesso un tanto sull'istituto della revoca in generale, il collegio passa all'analisi delle peculiarità della revoca nell'ambito delle procedure di evidenza pubblica, premettendo innanzitutto che essa resta impraticabile dopo la stipula del contratto d'appalto, dovendo utilizzarsi, in quella fase, il diverso strumento del recesso (Cons. di St., Ad. plen., 29 giugno 2014, n.14), mentre, prima del perfezionamento del documento contrattuale, l'aggiudicazione è pacificamente revocabile (ex multis Cons. St., sez. III, 13 aprile 2011, n.2291).

Riconosciuta in astratto la revocabilità dell'aggiudicazione prima della stipula, vengono poi individuate le condizioni per il suo valido esercizio nell'ambito della procedura di evidenza pubblica, procedura che impone all'amministrazione, in virtù della nota strutturazione procedimentale della scelta del contraente, l'onere di una ponderazione particolarmente rigorosa ti tutti gli interessi coinvolti.

Il ritiro di un'aggiudicazione legittima, infatti, postula la sopravvenienza di ragioni di interesse pubblico (o una rinnovata valutazione di quelle originarie) particolarmente consistenti e preminenti sulle esigenze di tutela del legittimo affidamento ingenerato nell'impresa che ha diligentemente partecipato alla gara (vincendola nel rispetto delle regole) ed esige, quindi, una motivazione particolarmente convincente circa i contenuti e l'esito della necessaria valutazione comparativa dei predetti interessi (Cons. St., Sez. V, 19 maggio 2016, n. 2095).

Pertanto, per legittimare il provvedimento revoca, il ripensamento dell'amministrazione, deve fondarsi sulla sicura verifica dell'inidoneità della prestazione descritta nella lex specialis a soddisfare le esigenze contrattuali che hanno determinato l'avvio della procedura. L'aggiudicazione può essere validamente rimossa solo nell'ipotesi eccezionale in cui una rinnovata istruttoria abbia rivelato l'assoluta inidoneità della prestazione, inizialmente richiesta dalla stessa amministrazione, a soddisfare i bisogni per i quali si era determinata a contrarre. Al contrario, non può in alcun modo giudicarsi idoneo a giustificare la revoca un ripensamento circa il grado di satisfattività della prestazione messa a gara.

Nel caso di specie, l'affermazione circa il non allineamento dell'oggetto della fornitura gara «alle attuali esigenze di risultato clinico, come da istruttoria agli atti gara», assunta a fondamento della revoca, si rivela del tutto inidonea a legittimare il provvedimento di ritiro dell'aggiudicazione. Essa, infatti, non è fondata sull'allegazione della sopravvenuta verifica di carenze funzionali dell'oggetto della fornitura messo a gara (e, cioè, dell'incapacità di quest'ultimo di assolvere la funzione clinica per cui era stata bandita la procedura), ma risulta motivata soltanto sull'incerta valutazione della maggiore efficacia di apparecchi dotati di diverse caratteristiche tecniche.

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