I problemi di contabilizzazione nel partenariato pubblico-privato: il leasing della pubblica amministrazione

31 Marzo 2016

Il focus propone di fare il punto sul perimetro applicativo dello strumento di partnership pubblico-privata di cui all'art. 160-bis c.c.p. – d.lgs. n. 163 del 2006 – , fornendo lo scorcio prospettico del giudice contabile. Muovendo dalla ricerca del discrimine tra leasing c.d. di godimento e leasing c.d. finanziario, si analizzeranno i criteri di recente proposti per il computo a bilancio dei canoni e, più in generale, per la contabilizzazione degli acquisti di beni e servizi con la formula della locazione finanziaria.
Abstract

Il focus propone di fare il punto sul perimetro applicativo dello strumento di partnership pubblico-privata di cui all'art. 160-bis c.c.p.d.lgs. n. 163 del 2006 – , fornendo lo scorcio prospettico del giudice contabile. Muovendo dalla ricerca del discrimine tra leasing c.d. di godimento e leasing c.d. finanziario, si analizzeranno i criteri di recente proposti per il computo a bilancio dei canoni e, più in generale, per la contabilizzazione degli acquisti di beni e servizi con la formula della locazione finanziaria.

Partenariato pubblico-privato e contratto di leasing: linee operative ed evolutive di un sistema

L'amministrazione pubblica ha nel tempo acquisito sempre più ampia libertà operativa nella stipula delle singole tipologie contrattuali, potendo oggi prendere parte ad ogni negozio giuridico che non implichi la corporeità del contraente (M. IMMORDINO - M.C. CAVALLARO, I contratti della pubblica amministrazione, in F.G. SCOCA (a cura di), Diritto Amministrativo, Torino, 2014, 400 ss.). Le iniziali riserve sull'ammissibilità del leasing da parte di soggetti pubblici – figlie principalmente della mancata previsione normativa dello strumento, per ovvie ragioni, nella Legge di Contabilità dello Stato – sono state progressivamente superate dalla stessa giurisprudenza, ancor prima del suggello formale del Testo Unico dei Contratti della Pubblica Amministrazione. E pure nello schema dell'emanando nuovo codice degli appalti, approvato dal C.d.M. in data 03 marzo 2016, il legislatore opta per una definizione espressa della locazione finanziaria, quale «contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l'esecuzione di lavori» [art. 3, lett. ggg)]. Di tal che oramai queste formule consensuali sono a tal punto equiparate all'ordinario incanto pubblico che la giurisprudenza amministrativa tratta le fattispecie senza nemmeno più distinguerle dall'appalto ordinario quanto al relativo regime giuridico (TAR Liguria, Sez. II, 02 novembre 2011, n. 1497, cfr. anche Commissione europea, parere motivato n. C(2006)2518 d.d. 28 giugno 2006, e la sentenza della Corte di giustizia CE del 26 aprile 1994, causa C-272/91; tale impostazione oggi confermata all'art. 187, comma I, della già richiamata bozza del nuovo Codice dei contratti pubblici).

Per vero, le operazioni di partnership pubblico-privato sono oggi previste anche in via generale, all'elencazione – nemmeno tassativa – dell'art. 3, comma 15-ter, d.lgs. n. 163 del 2006. Proprio da questo articolo si può prendere il passo nell'inquadramento giuridico di questi strumenti negoziali – e del leasing in particolare – anche ai fini contabili. Vi si legge, infatti, come il partenariato consenta una «allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti» diversa da quella che ordinariamente si produce con il contratto di appalto di lavori, servizi e forniture (questa definizione è acquisita e specificata nella bozza del nuovo Codice degli appalti: l'art. 3, norma innanzitutto il «“contratto di partenariato pubblico privato”» ovverosia «il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano l'esecuzione di lavori, servizi o disponibilità di beni immobili ad uno o più operatori economici riconoscendo a titolo di corrispettivo per l'investimento e per la gestione dei lavori oggetto del contratto, un canone o altra utilità correlati alla disponibilità dell'opera o alla prestazione dei servizi, con assunzione di rischio, secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell'operatore»; successivamente, l'art. 180, comma IV, specifica quindi come «nel contratto di partenariato pubblico privato il trasferimento del rischio in capo all'operatore economico comporta l'allocazione a quest'ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l'esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell'opera»).

È proprio sulla scorta di questo assunto che il giudice contabile, nella sentenza in commento, giunge ad affermare come l'elemento caratteristico di tali figure consti appunto nella «suddivisione del rischio economico tra P.A. e privato, che giustifica un trattamento contabile parzialmente diverso, in dipendenza delle possibili evenienze, di tali negozi rispetto all'ordinario contratto d'appalto». Nell'affermare un tanto, la Corte lombarda ha mutuato la linea di pensiero già maturata dalle Sezioni Riunite, che con deliberazione di indirizzo d.d. 16 settembre 2011, n. 16, hanno ritenuto di rinsaldare la disciplina interna con la normativa europea. Il riferimento corre, infatti, da un lato al Regolamento 2013/549/UE, all. A, cap. 15 (c.d. Sec 2010) che detta le disposizioni di base del sistema contabile compatibile a livello internazionale per gli Stati Membri; dall'altro agli «“indirizzi comunitari” (che) sono stati formulati nelle decisioni dell'Istituto europeo di statistica; in particolare (…) la decisione “Treatment of public-private partnerships” (dell'11 febbraio 2004) dove, in linea con il Sistema Europeo dei Conti SEC 95 (…) (secondo la quale) i beni (assets) oggetto delle operazioni di Partenariato Pubblico Privato non devono essere registrati nei conti delle Pubbliche Amministrazioni, ai fini del calcolo dell'indebitamento netto e del debito, solo se c'è un sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata» (a tal proposito, giova pure la lettura delle raccomandazioni formulate dalla Corte dei Conti UE, relazione speciale 21 settembre 2012, n. 12).

Preso atto della peculiare flessibilità di questi contratti, non a caso nati nella prassi, e della distanza giuridica che li separa dall'ordinario contratto d'appalto, si cerca quindi coerenza nel trattamento contabile alle singole fattispecie negoziali. Invero, la Corte dei Conti ha già da tempo consapevolezza della libertà che il «legislatore ha inteso riconoscere ai contraenti dando loro la possibilità di “personalizzare” la causa giuridica dello schema negoziale “piegandola” ad esigenze concrete che possono venire in rilievo in sede di realizzazione dell'opera privata destinata ad un servizio pubblico», consentendo «alle parti detta autonomia negoziale anche in sede di regolamentazione contrattuale dei reciproci obblighi» (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Lombardia, n. 439/2012/PAR). Tuttavia il rischio evidente di questa flessibilità è che il contratto concretamente stipulato venga a costituire un improprio – ed illegittimo – veicolo di indebitamento dell'amministrazione (in termini, ancora, Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Lombardia, n. 439/2012/PAR, ed, ulteriormente, Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, n. 66/PAR/2012 del 31 maggio 2012).

È in base a queste due direttrici in costante tensione reciproca che vanno dunque lumeggiate le caratteristiche del leasing pubblico ai fini contabili.

Infatti, il contratto di locazione finanziaria ha trovato fecondo terreno di sviluppo presso le PP.AA. sostanzialmente per due ordini di ragioni. La prima è strettamente economica e consta nella cronica carenza di liquidità per il pagamento delle opere pubbliche e delle forniture di beni e servizi contingenti. La seconda – di particolare interesse in questa sede – è invece eminentemente contabile: la normativa in tema di finanza pubblica finisce con l'imporre la spesa di finanziamento, escludendo invece esborsi di investimento (cfr. la lucida analisi di A. CRISMANI, Cenni sul leasing pubblico, in I contratti dello Stato e degli enti pubblici, anno IV, n. 4, ottobre-dicembre 1996).

Di un tanto pare essersi avveduto infine anche il legislatore: nella relazione illustrativa al nuovo Codice degli appalti si precisa, infatti, come la «disposizione (in tema di locazione finanziaria, art. 187, ndr) chiarisce che la corretta allocazione e distribuzione dei rischi trova presupposto nell'equilibrio economico finanziario, inteso come la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria».

Leasing operativo e leasing finanziario nella giurisprudenza contabile

Come si è visto, la Corte dei Conti individua nel concetto di rischio economico il discrimine giuridico-funzionale di qualificazione delle fattispecie di partenariato ai fini della corretta individuazione dell'afferente trattamento contabile. Pur precisando come, nel caso concreto, spetti all'interprete valutare il contratto stipulato dalla P.A. ai fini del relativo inquadramento giuridico, il giudice contabile fornisce alcuni spunti circa i criteri da utilizzare. Infatti, i debiti assunti in partenariato non devono essere registrati quali spese di finanziamento ove sussistano congiuntamente due condizioni: a) il soggetto privato deve assumere il rischio di costruzione; b) il soggetto privato deve assumere almeno uno dei due rischi: di disponibilità o di domanda (cfr. Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per il Veneto, n. 302/2015/PAR, d.d. 18 giugno 2015, nonché Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Lombardia, n. 120/2013/PAR d.d. 28 marzo 2013). Peraltro, per rischio di costruzione si intende quello connesso al possibile aumento di costo in fase realizzativa; per rischio di disponibilità la capacità del concessionario di fornire il servizio di gestione previsto; per rischio di domanda la possibile mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa a seguito della realizzazione [cfr. deliberazione n. 19 del 31 marzo 2010 dell'AVCP e Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per l'Abruzzo, n. 12/2013/PAR, d.d. 05 aprile 2013, nonché nello schema del nuovo Codice degli appalti, art. 3, comma I, lett. zz), aaa), bbb) e ccc)].

In questi termini, dunque, si irreggimenta il criterio di allocazione del rischio attraverso la verifica del concreto disposto pattizio.

Quanto allo specifico caso della locazione finanziaria, anche per la giurisprudenza contabile viene in rilievo la classificazione generale sviluppata nell'ambito del diritto civile. Il leasing di godimento ha infatti«ad oggetto la messa a disposizione del conduttore di un bene che di solito è nella disponibilità del locatore, il quale si obbliga a fornire altresì i servizi connessi alla perfetta efficienza del bene stesso (assistenza, manutenzione, ecc.) dietro pagamento dei canoni; i quali, diversamente dal leasing finanziario, non contengono alcuna porzione di prezzo ma sono ragguagliati al valore di utilizzazione del bene, cosicché l'acquisto al termine del contratto costituisce un fatto meramente eventuale. Proprio questa caratteristica dei canoni esclude la componente del finanziamento prevista nel leasing finanziario. Tuttavia, la casistica giurisprudenziale evidenzia che tale fattispecie atipica ha ad oggetto beni strumentali a rapida obsolescenza economica (quali ad es. i mezzi di trasporto, attrezzature informatiche, ecc.) destinati a soddisfare esigenze temporanee (di breve durata) dell'utilizzatore, il quale non vuole assumersi il rischio (e il costo) legato al rapido deterioramento di tali beni» (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Puglia, n. 66/2012/PAR del 31 maggio 2012). Caratteristica, quest'ultima, che consente di distinguere la locazione finanziaria pure dal«contratto di disponibilità (il quale) presuppone invece che il bene (si presume immobile) oggetto del contratto sia destinato a soddisfare esigenze che, se pure non permanenti, siano piuttosto durature» (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Puglia, ibidem; della scarsa chiarezza nella differenziazione delle due tipologie contrattuali si è invero avveduto pure il legislatore, che ha stabilito all'art. 1, comma I, lett. sss) della l. 28 gennaio 2016, n. 11 (c.d. legge delega alla redazione del nuovo Codice degli appalti) come fosse necessaria la «razionalizzazione ed estensione delle forme di partenariato pubblico privato»).

Attraverso questa linea di demarcazione si concreta il concetto di rischio economico dell'operazione nel caso della locazione finanziaria. In altre parole, se la tipologia delle obbligazioni contrattuali dedotte qualifica il contratto ai fini civilistico-amministrativi, l'allocazione del rischio che ne è la conseguenza complessiva consente l'imputazione contabile dell'operazione. Proprio da questa valutazione si può far discendere la differenza tra una operazione di indebitamento frazionato per l'acquisto al patrimonio di un bene e la semplice retribuzione della disponibilità provvisoria di un asset.

Contabilizzazione dei canoni di leasing

La flessibilità della locazione finanziaria consente dunque di farne veicolo per l'acquisto non solo di beni durevoli, ma anche di servizi, apparecchiature ed attrezzature strumentali. Il T.U.C.P.A., tuttavia, non si occupa del contratto di leasing mobiliare o di servizi, disciplinando solamente quello immobiliare nella sua forma in costruendo e costruito. Peraltro, ai fini contabili, la differenza tra questi ultimi non rileva, stante come l'art. 160-bis, comma IV, d.lgs. n. 163 del 2006 (peraltro ripreso in maniera sostanzialmente pedissequa nello schema del nuovo Codice dei contratti pubblici all'art. 187, comma IV), imponga pure nel leasing in costruendo di iniziare il pagamento dei canoni solo a seguito dell'ultimazione dell'opera. Questo consente di trattare il problema senza differenziare le soluzioni in base alla tipologia di bene (mobile o immobile) e di leasing (in costruendo o costruito). Diversa, invece, la questione in caso di leasing per l'acquisto di servizi: in tale ipotesi il giudice contabile ha escluso che l'esborso debba intendersi quale forma di indebitamento (cfr. Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per il Veneto, n. 173/2015/PAR, d.d. 13 marzo 2015).

Ecco quindi che, tracciati gli assi cartesiani del sistema, si può procedere all'analisi della soluzione proposta dalla Corte lombarda, tessendo le fila del ragionamento. Deducono, infatti, i giudici contabili, che i canoni di leasing finanziario traslativo vadano iscritti con le medesime scritture utilizzate per gli investimenti finanziati a debito. Ciò comporta che al momento della consegna del bene oggetto del contratto vada rilevato un debito pari all'importo oggetto di finanziamento, da iscrivere tra le "accensioni di prestiti", registrando coerentemente l'acquisizione del bene fra le spese di investimento; l'importo della complessiva operazione è costituito dal valore corrente dell'asset all'inizio del contratto, comprensivo dell'eventuale contributo in corso d'opera e del prezzo finale di riscatto. Peraltro, anche se formalmente non ancora di proprietà dell'ente sotto il profilo civilistico, dal punto di vista contabile si ritiene che il bene debba essere preso in carico dall'ente ed inventariato tra i beni in disponibilità. Al momento del pagamento dei canoni periodici, questi vanno registrati distinguendo in concreto la parte corrispettiva del mero godimento, da imputare in bilancio tra le spese correnti, dalla quota capitale, da iscrivere invece tra i rimborsi prestiti della spesa. L'esborso per l'esercizio del riscatto va infine registrato tra le spese di investimento. Giova invece precisare come «in caso di estinzione anticipata dell'operazione con contestuale riscatto del bene, viene maggiormente in risalto la natura di investimento della spesa sostenuta, dunque la necessità di imputare quest'ultima al Titolo II per la quota afferente al valore residuo del bene oggetto di riscatto» (Corte dei Conti, Sez. consultiva per il Piemonte, n. 294/2012/PAR, d.d. 13 settembre 2012).

In definitiva, si deduce che è consentito il computo a spesa corrente della sola porzione della pigione che afferisca direttamente a corrispettivo del godimento: il leasing finanziario traslativo comporta dunque un vero e proprio vincolo di accantonamento continuativo dei canoni di locazione, nel rispetto del patto di stabilità interno e, più in generale, dei limiti di indebitamento previsti dall'ordinamento. E, dunque, il riferimento corre in primis ai limiti di indebitamento ex art. 204, T.U.E.L., al patto di stabilità interno – ed in particolare all'art. 31, l. n. 183 del 2011 e s.m.i. – come modificato dalla Legge di stabilità per il 2016, nonché, infine, alla definizione contenuta all'art. 3, comma 17, l. 24 dicembre 2003, n. 350, come modificato dal d.lgs. n. 126 del 2014 (in termini Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Campania, 1675/2012/PAR, d.d. 22.04.2012, in Foro amministrativo – TAR, pagg. 1615 ss e Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per il Lazio, n. 212/2015/PAR, d.d. 23 dicembre 2015).

Permangono, tuttavia, margini di discrezionalità rilevanti che si insinuano tra le maglie di questo ragionamento. Deprezzamento del bene e corrispettivo di godimento progrediscono in maniera aritmetica: maggiore è la rapidità di obsolescenza dell'asset, maggiore sarà la somma imputabile a compenso di disponibilità. Per questi beni, infatti, ad essere retribuito non è certo il valore del bene – che a fine contratto sarà pressoché nullo – bensì la possibilità di disporne nel medio-lungo periodo. Il che, nel caso concreto, si converte in una maggiorazione della spesa corrente (ove si imputa il corrispettivo di godimento) rispetto all'indebitamento finanziario (ove si imputa l'investimento). Con risultati forse altrettanto pericolosi per la spesa pubblica.

Per di più, sono prefigurabili pure casi border line – specie in materia di leasing immobiliare –, ove in concreto, nonostante i criteri predisposti dal giudice contabile, potrebbe risultare assai incerta l'allocazione del rischio della locazione finanziaria.

In definitiva, se i criteri predisposti dalla Corte dei Conti consentono di stabilire alcuni punti fermi nella contabilizzazione delle operazioni in partenariato, sarà la prudente applicazione delle norme da parte della P.A., ancor prima dell'esegesi giurisprudenziale, a garantire la corretta imputazione dei canoni di leasing.

In conclusione

L'allocazione del rischio è il criterio qualificativo che determina l'iscrizione contabile del contratto di leasing della pubblica amministrazione. Per contratti c.d. “di disponibilità”, preordinati al godimento per breve periodo di un asset con rischi a carico del locatore, è ammissibile l'imputazione dei canoni a spesa corrente. Le forme di leasing finanziario-traslativo, preordinate cioè all'acquisizione del bene al patrimonio, debbono invece essere iscritte quali forme di indebitamento della pubblica amministrazione, scomputando dal corrispettivo ed iscrivendo a spesa corrente la sola porzione del canone che sia il prezzo del godimento precario dell'asset.

Guida all'approfondimento

- D. DI AMATO, Il leasing pubblico, in C. FRANCHINI (a cura di), I contratti con la pubblica amministrazione, Torino, 2007;

- M.A. SANDULLI, Il partenariato pubblico privato istituzionalizzato nell'evoluzione normativa, in www.federalismi.it, 2012.

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