Soccorso istruttorio a pagamento: obbligo di applicazione della sanzione pecuniaria anche nel caso di “rinuncia” del concorrente

Simone Castrovinci Zenna
21 Marzo 2016

Il focus si propone di analizzare la soluzione offerta dalla giurisprudenza e dalla prassi in merito alla possibilità, per la stazione appaltante, di irrogare la sanzione pecuniaria prevista per il nuovo soccorso istruttorio anche nel caso in cui il concorrente decida di non integrare la documentazione richiesta, così di fatto “abbandonando” la procedura di gara.
Abstract

Il focus si propone di analizzare la soluzione offerta dalla giurisprudenza e dalla prassi in merito alla possibilità, per la stazione appaltante, di irrogare la sanzione pecuniaria prevista per il nuovo soccorso istruttorio anche nel caso in cui il concorrente decida di non integrare la documentazione richiesta, così di fatto “abbandonando” la procedura di gara.

Il nuovo soccorso istruttorio a pagamento: ambito di applicazione

Come noto, il d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha novellato gli artt. 38 e 46, d.lgs. 163 del 2006 (il “Codice Appalti”) modificando, per così dire, la fisionomia dell'istituto del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici.

Infatti, ad un'impostazione volta a dare preminenza al principio della par condicio tra i concorrenti, inteso in senso molto rigoroso, si è sostituita una concezione finalizzata a limitare al minimo le esclusioni legate a “mere” carenze documentali, così attribuendo preminenza al favor partecipationis e valorizzando il principio di tassatività (rectius tipicità) delle cause di esclusione già presente nel citato art. 46.

Storicamente, lo strumento del soccorso istruttorio, che costituisce un modello di azione amministrativa già contenuto nell'art. 6, comma 1, lett. b), l. n. 241 del 1990, veniva declinato, in materia di contratti pubblici, come possibilità di completare dichiarazioni o documenti già presentati, senza tuttavia poter produrre nuova documentazione (Consiglio St., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9).

A seguito delle recenti modifiche legislative, l'attivazione del soccorso istruttorio diviene un obbligo per la stazione appaltante in ogni caso di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive. Pertanto, viene consentita l'integrazione documentale per i casi di irregolarità “essenziali” mentre, laddove l'irregolarità non rivesta il carattere dell'essenzialità (in quanto non idonea a condurre all'esclusione del concorrente) la stazione appaltante non disporrà il soccorso istruttorio.

Quando sussistono i presupposti per l'applicazione del soccorso istruttorio la stazione appaltante non potrà procedere all'immediata esclusione del concorrente, ma dovrà chiedere la “sanatoria” di tali irregolarità, indicando il contenuto delle integrazioni da rendere e assegnando al concorrente un termine non superiore a 10 giorni per provvedere. Soltanto una volta decorso inutilmente tale termine, la stazione appaltante escluderà il concorrente. La generale applicabilità del “nuovo” rimedio trova limite soltanto nell'inalterabilità del contenuto dell'offerta, nella certezza in ordine alla provenienza della stessa, nonché nel principio di segretezza e di immodificabilità delle condizioni dei concorrenti al momento della scadenza del termine di partecipazione alla gara (ANAC, determinazione 8 gennaio 2015, n.1).

Trattasi, pertanto, di una vera e propria procedimentalizzazione del potere (dovere) di soccorso in un'ottica collaborativa tra soggetto pubblico e privato che “dialogano” al fine di evitare esclusioni legate a mere dimenticanze o irregolarità formali.

A ciò, tuttavia, si accompagna un meccanismo sanzionatorio (i.e. pagamento, in favore della stazione appaltante, di una sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore 1% del valore della gara, comunque per un ammontare massimo di 50.000 euro) il cui pagamento è garantito dalla cauzione provvisoria.

Soccorso istruttorio e sanzione pecuniaria: i primi contrasti interpretativi

Proprio l'introduzione di una misura sanzionatoria ha destato numerosi dubbi in dottrina e giurisprudenza e ha quasi da subito dato vita ad un contrasto interpretativo relativo al rapporto intercorrente tra l'effettivo ricorso al soccorso istruttorio e l'applicazione della sanzione pecuniaria.

In base ad un primo orientamento, fatto proprio dall'ANAC (Determinazione 8 gennaio 2015, n. 1; comunicato del 23 marzo 2015), la sanzione pecuniaria andrebbe irrogata soltanto nel caso in cui il concorrente decida di avvalersi del nuovo soccorso istruttorio, in quanto sarebbe correlata alla sanatoria di tutte le irregolarità riscontrate dalla stazione appaltante. Diversamente, secondo tale impostazione, l'incameramento dell'intera cauzione provvisoria conseguirebbe all'ipotesi in cui la mancata integrazione dipenda da una carenza del requisito dichiarato.

Secondo un diverso orientamento, sostenuto dal procuratore della Corte dei Conti (relazione del Procuratore Generale della Corte dei Conti, inaugurazione anno giudiziario 2015), la sanzione sarebbe dovuta anche ove il concorrente decida di non rispondere all'invito a regolarizzare. Secondo tale impostazione, la stazione appaltante non dovrebbe procedere ad escutere in toto la cauzione provvisoria laddove manchi la prova della carenza sostanziale del requisito sotteso alla carenza documentale.

La giurisprudenza amministrativa sembra avere aderito a questo secondo orientamento, ritenendo che la sanzione pecuniaria sia dovuta anche nel caso in cui il concorrente decida di non integrare la documentazione richiesta dalla stazione appaltante.

Il ragionamento fatto proprio dalla giurisprudenza (TAR Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 29 febbraio 2016, n. 66; TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 12 gennaio 2016, n. 55; TAR Abruzzo, Sez. I, 25 novembre 2015, n. 784) muove dalla ratio sottesa alla novella legislativa – avvalorata dal dato testuale dell'art. 38, comma 2-bis del Codice Appalti – per giungere a ritenere applicabile la sanzione pecuniaria ivi prevista a prescindere dall'attivazione del rimedio istruttorio. In particolare, il legislatore del 2014, al fine di superare le incertezze applicative del combinato disposto degli artt. 38 e 46 c.c.p., ha procedimentalizzato il potere di soccorso istruttorio (che è divenuto doveroso per ogni ipotesi di mancanza o irregolarità delle dichiarazioni sostitutive) al fine di dequalificare le irregolarità dichiarative che, da fattori escludenti, divengono mere carenze regolarizzabili o sanzionabili in via pecuniaria.

Pertanto, l'esclusione dalla gara – in virtù del principio della tassatività delle cause di esclusione, consacrato nell'art. 46 c.c.p. – sarebbe consentita, nel caso di omissioni dichiarative o incompletezze documentali, soltanto nel caso in cui non si proceda a “sanare” tali elementi nel termine assegnato dalla stazione appaltante.

La previsione di una sanzione pecuniaria avrebbe, invece, lo scopo di garantire la serietà delle offerte presentate, per favorire la responsabilizzazione dei concorrenti, nonché per evitare spreco di risorse.

Muovendo da tali premesse, la giurisprudenza ha quindi ritenuto che il nuovo comma 2-bis dell'art. 38 si articoli in una misura sanzionatoria – che costituisce la reazione dell'ordinamento ad un comportamento negligente (i.e. la presentazione di un'offerta recante irregolarità essenziali) idoneo ad arrecare un vulnus ai principi di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa – e nella sanzione espulsiva, che costituisce un autonomo segmento procedimentale, attivabile nel caso di mancanza dei requisiti di partecipazione o, comunque, di mancata regolarizzazione e integrazione delle carenze documentali.

La predetta ricostruzione sarebbe avvalorata dal dato testuale dell'art. 38, comma 2-bis, a norma del quale «La mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive (…) obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara«. In sostanza, la sanzione pecuniaria discenderebbe dall'accertamento del fatto storico (presentazione di un'offerta incompleta). Infatti, quel che la norma mira a sanzionare è la commissione, da parte del concorrente, di una violazione e non, invece, la scelta di rimediarvi.

In conclusione

La soluzione prospettata dalla giurisprudenza amministrativa e dalla Corte dei Conti sembra rispondere alla logica che ha mosso l'intervento del legislatore: ridurre le esclusioni da procedure di gara motivate da semplici irregolarità formali ma, al contempo, disincentivare condotte poco serie da parte dei concorrenti, ponendo a carico di questi ultimi sul piano patrimoniale il maggior onere procedimentale sopportato dalla stazione appaltante.

Tralasciando le ulteriori ambizioni legislative (i.e. ridurre il contenzioso giurisdizionale) – che sembrano realizzare un curioso caso di eterogenesi dei fini, attesa la difficoltà di intendere l'esatta portata del concetto di essenzialità che comporta l'attivazione del soccorso istruttorio – ciò che non viene adeguatamente esplicitato nelle citate pronunce giurisprudenziali è l'ulteriore conseguenza del volontario “ritiro” del concorrente dalla procedura di gara, cioè la possibilità o meno di escutere la cauzione provvisoria di cui all'art. 75 c.c.p.

Come noto, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 34 del 10 dicembre 2014, ha affermato il principio per cui anche la mancanza dei requisiti di ordine generale legittima l'escussione della garanzia provvisoria.

Laddove, tuttavia, l'irregolarità commessa dal concorrente non consenta di valutare l'esistenza o meno dei predetti requisiti, l'escussione della cauzione, a prescindere dall'eventuale carattere sanzionatorio di tale misura, non sembrerebbe applicabile.

Tuttavia, un diverso percorso argomentativo potrebbe condurre a ritenere applicabile l'escussione della cauzione provvisoria – in aggiunta all'esclusione dalla gara e alla sanzione pecuniaria – anche al caso di “ritiro” volontario del concorrente.

Infatti, la garanzia provvisoria è finalizzata ad evitare che l'operatore economico si sottragga ingiustificatamente alla sottoscrizione del contratto ed è intesa a responsabilizzare i partecipanti alla gara in ordine alle dichiarazioni rese, nonché a garantire la serietà e l'affidabilità dell'offerta. Quest'ultima, ai sensi dell'art. 11, comma 6, del Codice, ha un periodo minimo di efficacia di 180 giorni (o un diverso periodo indicato nel bando) dalla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte. Questo periodo minimo sta proprio ad indicare una irrevocabilità dell'offerta presentata e l'irrilevanza di un eventuale atto di rinuncia o ritiro dell'offerta intervenuto durante questo periodo. Atteso che la cauzione provvisoria copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto del concorrente e, in generale, serve a garantire l'Amministrazione della serietà dell'offerta presentata, l'eventuale ritiro dell'offerta prima della scadenza del termine di validità dovrebbe comportare il legittimo incameramento della garanzia prestata.

Diversamente, una volta «decorso il termine di validità dell'offerta, rectius, di durata del vincolo di irrevocabilità dell'offerta, il concorrente è libero di ritirare l'offerta e uscire dalla gara senza incorrere in sanzioni» (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 11 agosto 2015, n. 3918).

Sotto tale aspetto, pertanto, è forse necessario che la giurisprudenza, anche in base alla disciplina che verrà introdotta dal nuovo codice appalti e dall'ANAC (che, come visto, è stata protagonista della vicenda interpretativa oggetto di analisi), chiarisca le conseguenze derivanti dalla scelta del concorrente di non integrare la documentazione incompleta presentata in sede di gara, al fine di evitare la produzione di plurimi effetti sanzionatori che sembrano eccedere in punto di proporzionalità le finalità sottese all'istituto del soccorso istruttorio.

Guida all'approfondimento

T.A.R. Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 29 febbraio 2016, n. 66;

T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 12 gennaio 2016, n. 55;

T.A.R. Abruzzo, Sez. I, 25 novembre 2015, n. 784

Consiglio St., Ad. plen., 10 dicembre 2014, n. 34;

Relazione del Procuratore Generale della Corte dei Conti, inaugurazione anno giudiziario 2015;

ANAC, determinazione 8 gennaio 2015, n. 1;

ANAC, comunicato del 23 marzo 2015.

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