Adunanza Plenaria: il rito speciale in materia di contratti pubblici si applica anche alle concessioni di servizi

29 Luglio 2016

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sancisce l'applicabilità del rito speciale in materia di contratti pubblici anche alle controversie aventi ad oggetto gli affidamenti di concessioni di servizi. In ragione dell'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione, la pronuncia riconosce, inoltre, il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile, ai sensi dell'art. 37 del c.p.a., in favore della ricorrente che aveva notificato il ricorso dopo la scadenza del termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art.120, comma 5, c.p.a., ma nel rispetto di quello, ordinario, di sessanta giorni.

L'Adunanza Plenaria sancisce l'applicabilità del rito speciale in materia di contratti pubblici anche alle controversie aventi ad oggetto gli affidamenti di concessioni di servizi.

In primo luogo la pronuncia evidenzia le numerose incertezze provocate dalla previgente disciplina sostanziale in materia di contratti di concessione prima dell'adozione della direttiva n. 2014/23/UE e degli artt.164 ss. del d.lgs. n. 50 del 2016 che ne hanno puntualmente definito gli elementi essenziali e che ora consentono l'identificazione dello “strumento concessorio” e la sua distinzione dal contratto di appalto.

In secondo luogo, la sentenza sottolinea le incertezze applicative che investono anche l'individuazione del rito applicabile ai suddetti contratti, risultando controverso nella prassi giurisprudenziale se la locuzione “provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture” ex art. 119, comma 1, lett. a, cui rinvia l'art. 120 c.p.a. includa anche i provvedimenti concernenti le procedure aventi ad oggetto le concessioni di servizi.

Il Collegio evidenzia che le richiamate disposizioni, conformando in senso in senso restrittivo l'esercizio del diritto di difesa, hanno natura eccezionale e consentono unicamente un'interpretazione letterale strettamente legata al significato delle espressioni lessicali utilizzate.

In particolare, la locuzione “procedure di affidamento”, contenuta nell'art.119, comma 1, lett. a, c.p.a., trova puntuale definizione nell'art. 3, comma 36, del d.lgs. n.163 del 2006 (ma, poi, ripetuta, con le medesime parole, dall'art. 3, lett. rrr, nel d.lgs. n. 50 del 2016) ai sensi del quale le “procedure di affidamento” e “l'affidamento” comprendono sia l'affidamento di lavori, servizi, o forniture, o incarichi di progettazione, mediante appalto, sia l'affidamento di lavori o servizi mediante concessione, sia l'affidamento di concorsi di progettazione e di concorsi di idee.

L'Adunanza Plenaria chiarisce che le definizioni, contenute nell'art. 3 del Codice del 2006, ma in generale nei testi normativi “complessi”, hanno valenza cogente e rispondono alla specifica funzione di chiarire il significato dei termini e delle espressioni utilizzate dal legislatore anche in diversi atti normativi.

Di conseguenza, quando un istituto abbia già ricevuto una definizione chiara del suo significato e una autonoma disciplina sostanziale in un diverso provvedimento legislativo, l'interprete, “in difetto di indizi significativi di una diversa volontà del legislatore”, deve “stimare quel richiamo coerente con la formula definitoria già vigente”.

Peraltro, il sopra descritto vincolo interpretativo deve intendersi particolarmente stringente nelle ipotesi in cui la norma debba essere ricava in forza di un concetto giuridico che sia “proprio del corpus normativo all'interno del quale è contenuta la definizione cogente” (codice dei contratti pubblici) e, viceversa, estraneo all'oggetto principale dell'atto legislativo da interpretare (codice del processo amministrativo).

Invero, aggiunge l'Adunanza Plenaria che, anche prescindendo dalla richiamata definizione legislativa, il solo utilizzo della parola “affidamento”, se usata senza ulteriori precisazioni o limitazioni del suo oggetto assume valenza generale giacché individua l'atto con cui, contestualmente, la pubblica amministrazione sceglie il suo contraente e gli attribuisce la titolarità del relativo rapporto senza rifersi ad un particolare schema contrattuale.

A fortiori, il Collegio evidenzia che anche la stessa ratio del rito speciale - identificabile nell'esigenza della sollecita definizione dei giudizi aventi a oggetto provvedimenti che implicano la cura di interessi particolarmente rilevanti e che, come tali, non tollerano una prolungata situazione giudiziaria di incertezza - investe nella stessa misura, sia le controversie relative agli appalti che quelle concernenti le concessioni.

Infine, la pronuncia aggiunge che l'applicabilità del rito speciale anche alle concessioni garantisce la certezza della disciplina applicabile anche alle controversie aventi ad oggetto i “contratti misti”. Invero, se questi ultimi fossero esclusi dall'ambito di applicazione del rito speciale, “soffrirebbero, infatti, di un'inammissibile instabilità regolativa” costringendo il giudice a indagare l'oggetto principale del contratto, “al solo fine di identificare le norme processuali di riferimento”. Di conseguenza, per evitare tale “effetto paradossale e pericoloso”, che esporrebbe i giudizi sui contratti pubblici ad inaccettabili ambiguità processuali, il rito speciale deve essere applicato anche ai contratti misti.

In conclusione, in ragione dell'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla suddetta questione, l'Adunanza Plenaria concede al ricorrente, che aveva notificato il ricorso nel rispetto del termine ordinario di sessanta giorni, la rimessione in termini per errore scusabile ai sensi dell'art. 37 c.p.a..

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