21 Novembre 2024

Il nuovo Codice dei contratti pubblici ha confermato e rafforzato il ruolo centrale dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nell’ambito della complessiva riforma del sistema delineato per attuare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), di cui il nuovo codice costituisce una componente fondamentale. 

Accanto alle “tradizionali” funzioni di vigilanza e controllo sui contratti pubblici, anche al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione (che vengono rafforzate ed ampliate), e al rafforzamento di altri poteri preesistenti (come la funzione precontenziosa, la legittimazione straordinaria a ricorrere e la funzione sanzionatoria), pur essendo stato eliminato il potere di adottare linee guida, ad ANAC sono stati attribuiti nuovi poteri per assicurare l’integrale digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti e per garantire l’attuazione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti.

Di seguito, vengono analizzate le funzioni attuali attribuite ad ANAC, che rappresentano il risultato di un lungo percorso normativo, che ha portato a concentrare in un’unica autorità amministrativa indipendente le funzioni in materia di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione con quelle di vigilanza e di controllo sui contratti pubblici. 

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* Le opinioni  di cui al presente contributo sono espresse a titolo personale e non rappresentano la posizione dell'Autorità di appartenenza. 

Inquadramento

ll d.lgs. n. 36/2023 conferma il ruolo centrale dell'Autorità nazionale anticorruzione (di seguito, ANAC) nel sistema dei contratti pubblici, attribuendole “la vigilanza e il controllo sui contratti pubblici”, anche “al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione” (art. 222, comma 1, d.lgs. n. 36/2023).

In particolare, l'art. 222 del codice dispone il riordino e la revisione delle competenze dell'ANAC (in precedenza elencate nell'art. 213 del d.lgs. n. 50/2016), in attuazione del criterio contenuto nell'art. 1, comma 2, lett. h) della legge delega n. 78/2022, che prevedeva la “revisione delle competenze dell'Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti”.

Come si preciserà infra, le funzioni attribuite ad ANAC, nel settore della contrattualistica pubblica, sono molteplici e riflettono l'unicità di questa Autorità, nella quale sono concentrate le attività di prevenzione e contrasto della corruzione e la vigilanza sui contratti pubblici (sia in fase di svolgimento della gara, che in fase esecutiva). Alle funzioni di vigilanza, consultive, regolatorie e sanzionatorie, tipiche di ogni autorità amministrativa indipendente nel proprio settore di riferimento, si sono nel tempo aggiunte ulteriori funzioni che ne hanno progressivamente rafforzato le competenze: si pensi, alla introduzione del modello di successo della vigilanza collaborativa, che ha sperimentato un ruolo inedito dell'Autorità di ausilio e di supporto dell'operato delle stazione appaltante durante l'indizione e lo svolgimento delle procedure di gara, allo scopo di perseguire un maggiore tasso di legittimità degli atti dalle medesime adottati; alla introduzione del potere monocratico del Presidente dell'ANAC di disporre il commissariamento delle imprese; alla introduzione della legittimazione processuale straordinaria dell'Autorità ad impugnare dinanzi al Giudice amministrativo provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto o affetti da gravi violazioni di legge; all'introduzione del parere di precontenzioso come rimedio alternativo alla tutela giurisdizionale; e, più di recente, all'attribuzione della titolarità esclusiva in capo ad ANAC della Banca Data Nazionale dei contratti pubblici, che ha conferito a tale autorità un ruolo cardine nel processo di digitalizzazione dei contratti pubblici, oltre al significativo rafforzamento dei preesistenti poteri, soprattutto di vigilanza e sanzionatori.

La genesi di ANAC

La configurazione attuale delle funzioni dell'ANAC è frutto di un lungo percorso normativo, scandito da diverse tappe, che hanno progressivamente portato a concentrare in un'unica autorità amministrativa indipendente le funzioni in materia di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione con quelle di vigilanza e di controllo sui contratti pubblici. Tale scelta nasce dalla percezione che il settore dei contratti pubblici è particolarmente esposto al rischio di corruzione, per cui l'attività di controllo sulla legittimità di una procedura di gara svolge un ruolo di prevenzione rispetto al verificarsi di fenomeni corruttivi o di mala administration.

La prima tappa di questo percorso è rappresentata dall'art. 13 del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, che aveva istituito la Commissione per la valutazione, l'integrità e la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni (di seguito, CIVIT), cui erano affidati tutti gli adempimenti centrali in materia di valutazione e misurazione della performance, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica e con il Ministero dell'Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. La CIVIT aveva, in particolare, il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione; garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione; assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale.

Il passo decisivo verso la creazione di un'Autorità nazionale anticorruzione si è avuto con l'emanazione della l. 6 novembre 2012, n. 190, la quale, in attuazione dell'art. 6 della Convenzione dell'ONU contro la corruzione e degli artt. 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, ha individuato la CIVIT quale Autorità nazionale anticorruzione, attribuendole funzioni di controllo, prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Tuttavia, la l. n. 190/2012, per quanto riguardava l'attività di vigilanza in materia di anticorruzione e trasparenza, aveva previsto che la CIVIT, nello svolgimento delle funzioni a questa affidate, dovesse coordinarsi costantemente con il Dipartimento della funzione pubblica (DFP) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, titolare di ulteriori funzioni in materia di valutazione della performance, che si intrecciavano in maniera non sempre chiara con quelle della Commissione.

Un ulteriore passaggio si è avuto, poi, con l'emanazione del d.l. 31 agosto 2013, n. 101, convertito nella l. 30 ottobre 2013, n. 125, con il quale  il legislatore, dopo un primo tentativo di scissione delle funzioni prettamente destinate al contrasto della corruzione da quelle inerenti la valutazione della performance, aveva confermato la titolarità di tutte le originarie attribuzioni alla CIVIT, la quale assumeva da quel momento la denominazione di “Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche”.

(Segue). Il decreto-legge n. 90/2014 e le funzioni previste nel d.lgs. n. 163/2006

La configurazione attuale dell'Autorità si è delineata nel 2014, con l'emanazione del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito nella l.11 agosto 2014, n. 114, il cui art. 19 ha soppresso l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (di cui all'art. 6 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), trasferendone compiti e funzioni all'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza (di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 150/2009), che è stata ridenominata Autorità nazionale anticorruzione.

Con riferimento alla soppressione della AVCP occorre sottolineare come all'esaurimento dell'attività della precedente Autorità preposta alla vigilanza di settore non abbia corrisposto l'eliminazione dal mondo giuridico delle funzioni dalla stessa esercitate né la soppressione dell'apparato organizzativo destinato negli anni all'esercizio di tali compiti e poteri. La ratio dell'intervento normativo di riforma operato mediante decretazione d'urgenza era, infatti, quella di costituire un'unica Autorità in cui far confluire sia la titolarità delle funzioni prettamente destinate alla prevenzione del fenomeno corruttivo e alla promozione di un adeguato livello di trasparenza nella pubblica amministrazione, sia di quelle funzioni più propriamente finalizzate alla creazione di un sistema di vigilanza di tipo regolatorio-preventivo e sanzionatorio-successivo su un settore, quello dei contratti pubblici, troppo spesso teatro di episodi di carattere mafioso e corruttivo.

A tal proposito, appare opportuno evidenziare come nessuna indicazione sia stata fornita dal legislatore europeo in merito all'obbligatoria istituzione di specifiche Autorità nazionali anticorruzione ovvero preposte alla vigilanza si contratti pubblici. Ed infatti, sia l'art. 83 della direttiva 2014/24/UE sui settori ordinari, sia l'art. 99 della direttiva 2014/25/UE sui settori speciali, si limitano a stabilire che, al fine di garantire una corretta ed efficiente applicazione delle disposizioni contenute negli atti normativi europei, gli Stati membri debbano assicurare che i compiti relativi all'attuazione delle stesse siano svolti da uno o più organismi, autorità o strutture. A ben vedere, viene inserita nelle nuove direttive appalti una disposizione che risulta addirittura meno stringente ed incisiva di quella in precedenza contenuta all'art. 81 della direttiva 2004/18/CE, a tenore del quale era richiesto agli Stati membri di dare applicazione alla normativa euro-unitaria tramite meccanismi efficaci, accessibili e trasparenti, anche mediante costituzione, a tale scopo, di un'agenzia indipendente.

In evidenza

Con riferimento al fenomeno della successione delle due Autorità in questione nell'esercizio dell'attività di vigilanza sui contratti pubblici, di particolare interesse risulta l'ordinanza Cons. Stato, sez. VI, 11 settembre 2014, n. 4630, nella quale il giudice amministrativo ha evidenziato come la fattispecie de qua non integrerebbe un caso di successione a titolo universale in senso proprio, consistendo piuttosto in un riassetto di apparati amministrativi necessari alla vita della pubblica amministrazione, con conseguente prosecuzione delle controversie pendenti.

La complessa attività di riorganizzazione della nuova Autorità è stata articolata per volontà stessa del legislatore in due fasi: la prima, disciplinata dalla legge, volta a consentire all'Autorità di esercitare nell'immediatezza tutto il complesso di funzioni e poteri attribuitile, attraverso il trasferimento definitivo delle risorse umane, finanziarie e strumentali della precedente Autorità di settore; la seconda, affidata al Presidente dell'Autorità, al quale l'art. 19, comma 3, d.l. n. 90 del 2014 imponeva la predisposizione di un Piano di riordino entro il 31 dicembre 2014.

In evidenza

Mediante la predisposizione del suddetto Piano, approvato con delibera del 30 dicembre 2014, si è proceduto dunque a ridefinire per intero l'organizzazione dell'Autorità, promuovendo l'adozione di un modello organizzativo unitario nel quale le diverse direzioni e i singoli uffici assumono un ruolo fondamentale di supporto al Presidente e al Consiglio per l'esercizio di tutte le funzioni attribuite all'ANAC, le quali risultano, come detto, alquanto diversificate sia in relazione al loro oggetto (anticorruzione, contratti, trasparenza) sia al loro contenuto (di vigilanza, di regolazione, di sanzione).

Un'ulteriore novità di assoluta rilevanza è rappresentata dalla ridefinizione della distribuzione delle funzioni tra DFP e ANAC. A tal riguardo, il d.l. n. 90 del 2014 citato individua all'art. 19 il criterio di base di ripartizione delle attribuzioni nella “concentrazione delle funzioni”. Nel rinviare a successivi e distinti atti la specifica precisazione dei poteri loro rispettivamente attribuiti, il legislatore in tale sede ha sancito, da un lato, l'affidamento delle competenze in materia di valutazione e misurazione della performance al DFP (art. 19, comma 9), dall'altro, di tutte le funzioni in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza all'ANAC (art. 19, comma 15).

In evidenza

Degno di nota appare l'art. 22 del d.l. n. 90/2014, rubricato “Razionalizzazione delle autorità indipendenti”, attraverso il quale il legislatore ha riconosciuto  implicitamente la qualifica di Autorità amministrativa indipendente all'ANAC, superando i dubbi in precedenza manifestati da parte della dottrina con riferimento, in particolare, alla qualificazione della CIVIT.

La volontà del legislatore nella creazione di un'unica Autorità per la prevenzione del fenomeno corruttivo e per la vigilanza sul settore degli appalti pubblici è apparsa ben chiara: superare le inefficienze del sistema ed i limiti operativi che caratterizzavano l'intervento dell'AVCP, alla luce dei poco penetranti poteri riconosciuti a quest'ultima, attraverso l'attribuzione all'ANAC di un ampio ventaglio di poteri che le consentano di vigilare in maniera effettiva ed efficiente, prevenendo il più possibile il diffondersi di ipotesi corruttive altresì in un settore come quello dei contratti pubblici troppo esposto a pressioni del mondo dell'illegalità.

In materia di funzioni e compiti dell'ANAC, nel settore dei contratti pubblici, il d.l. n. 90/2014 ha operato su due fronti: da un lato, attribuendo ad ANAC, quale Autorità preposta alla vigilanza sui contratti pubblici, tutte le singole funzioni dell'AVCP, previste nel d.lgs. n. 163/2006; dall'altro, attribuendo anche poteri monocratici al Presidente dell'Autorità.

Per quanto concerne le singole funzioni attribuite all'ANAC, che competevano all'AVCP, si fa riferimento alla funzione di vigilanza sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, nei settori ordinari e speciali, nonché sui contratti esclusi (prevista nell'art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006), alla vigilanza sul sistema di qualificazione degli operatori economici (art. 6, comma 7, lett. m) del d.lgs. n. 163/2006), al potere regolatorio (consistente nell'adozione di determinazioni di carattere generale per dettare regole di condotta uniformi, volte ad orientare e correggere l'attività degli operatori di settore, nonché – in seguito alla previsione di cui all'art. 1, comma 1, lett. t) della l. n. 11/2016 – anche di adottare atti di indirizzo quali linee-guida, bandi-tipo, contratti-tipo e altri strumenti di regolazione flessibile), al potere di precontenzioso (previsto nell'art. 6, comma 7, lett. n) del d.lgs. n. 163/2006, consistente nell'adozione di parere non vincolante, contenente la soluzione stragiudiziale di controversie sorte durante la fase di evidenza pubblica), al potere sanzionatorio sia nei confronti delle stazioni appaltanti e delle SOA, sia nei confronti degli operatori economici. Sono stati, inoltre, attribuiti ad ANAC il potere di segnalare al Governo e al Parlamento i fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui contratti pubblici, di formulare proposte in ordine alle modifiche della legislazione, e di presentare al Governo e al Parlamento una relazione annuale nella quale si evidenziano le disfunzioni riscontrate nel settore dei contratti pubblici.

Importanti novità sono state introdotte dal d.l. n. 90/2024 in materia di funzioni dell'ANAC, di cui la principale è stata senza dubbio l'attribuzione al Presidente dell'Autorità del potere di disporre il commissariamento delle imprese. Tale potere era stato previsto, sia in via straordinaria, con riferimento al grande evento Expo 2015, sia come potere ordinario ed esercitabile a regime, esercitabile nei confronti delle imprese esecutrici di appalti pubblici ai fini di anticorruzione (art. 32 del d.l. n. 90/2014).

(Segue). Il potenziamento del ruolo di ANAC nel d.lgs. n. 50/2016

Con l'adozione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE, in un'ottica di incremento dell'efficienza del settore dei contratti pubblici, è stato significativamente rafforzato il ruolo dell'ANAC nel mercato dei contratti pubblici, sia ridefinendo le funzioni già attribuite con il d.lgs. n. 163/2006, sia attribuendole nuovi poteri.

La legge delega del 28 gennaio 2016, n. 11 (recante “Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”), prevedeva al riguardo precisi criteri direttivi.

In particolare, L'art. 1, comma 1, alla lettera t) prevedeva l' “attribuzione all'ANAC di più ampie funzioni di promozione dell'efficienza, di sostegno allo sviluppo delle migliori pratiche, di facilitazione allo scambio di informazioni tra stazioni appaltanti e di vigilanza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, comprendenti anche poteri di controllo, raccomandazione, intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio, nonché di adozione di atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, anche dotati di efficacia vincolante e fatta salva l'impugnabilità di tutte le decisioni e gli atti assunti dall'ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa” e, alla lettera u) l' “individuazione dei casi in cui, con riferimento agli atti di indirizzo di cui alla lettera t), l'ANAC, immediatamente dopo la loro adozione, trasmette alle Camere apposite relazioni”. Inoltre, al fine di rendere più trasparenti le procedure, con la finalità anche di concorrere alla lotta alla corruzione e di evitare i conflitti d'interesse, è stata prevista l'unificazione delle banche dati esistenti nel settore presso l'ANAC (lett. q) e l'introduzione di un apposito sistema, gestito dall'ANAC, di qualificazione delle medesime stazioni appaltanti, teso a valutarne l'effettiva capacità tecnica e organizzativa, sulla base di parametri obiettivi (lett. bb), nonché la creazione di un Albo dei componenti delle commissioni giudicatrici (lett. hh).

Tracciando un quadro di sintesi sulle nuove funzioni previste nel d.lgs. n. 50/2016, si evidenzia che le principali novità sono rappresentate: i) dalla previsione del potere di adottare linee-guida, anche dotate di efficacia vincolante; ii) dalla creazione, presso l'ANAC, di un albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici; iii) dall'istituzione dell'elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house; iv) nella istituzione del c.d. sistema di rating di impresa, sotto la direzione dell'ANAC; v) nella istituzione della piattaforma digitale presso l'Autorità, in cui pubblicare tutti gli atti relativi alla programmazione di contratti pubblici, nonché alle procedure di affidamento di appalti pubblici, concorsi di progettazione, concorsi di idee e di concessioni; vi) dalla istituzione della Banca Data dei Contratti Pubblici, finalizzata a consentire le verifiche sul possesso dei requisiti di qualificazione degli operatori economici; vii) nell'introduzione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, gestito dall'ANAC; viii) nel rafforzamento dell'istituto del precontenzioso, attraverso la previsione innovativa del parere di ANAC di adottare anche pareri vincolanti, previa dichiarazione delle parti interessate di adeguarsi a quanto deciso dall'Autorità; ix) nel riconoscimento della legittimazione straordinaria dell'ANAC all'impugnazione degli atti delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, in via diretta ed in via diretta (previa la preventiva adozione di un parere motivato), introdotto in sede di correttivo; x) nell'estensione dei poteri di vigilanza in fase esecutiva, con riferimento alle modifiche contrattuali e varianti in corso d'opera e ai provvedimenti di sospensione dei lavori.  

(Segue). Le principali novità introdotte dal nuovo codice

Il d.lgs. n. 36/2023, in attuazione del criterio direttivo contenuto nell'art. 1, comma 2, lett. h) della legge delega n. 78/2022, ha apportato ulteriori significative novità in ordine alle funzioni attribuite all'ANAC, rafforzandone alcuni poteri.

Tracciando un quadro di sintesi, può osservarsi che accanto alla riconsiderazione dei poteri regolatori e alla eliminazione del potere di adottare linee-guida (già anticipata con il c.d. decreto-legge Sblocca cantieri, d.l. n. 32/2019, convertito con modificazioni con la l. n. 114/2019), si assiste ad un rafforzamento delle funzioni già attribuite ad ANAC e alla introduzione di nuove attribuzioni. In particolare, sono rafforzati i poteri di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, prevedendo, in alcuni casi specifici, l'irrogazione di sanzioni amministrative per le violazioni accertate, allo scopo di incidere in modo più forte sul mercato vigilato. La vigilanza è stata, inoltre, ampliata sul versante dell'esecuzione dei contratti, non più limitandola alla verifica del rispetto del principio di economicità dei contratti pubblici. È stato altresì ampliato il perimetro della vigilanza collaborativa, finalizzata a supportare le stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti di gara, nella gestione della gara ed ora anche nella fase di esecuzione del contratto, laddove il previgente codice limitava la validità del protocollo d'intesa solo alla fase pubblicistica di selezione del contraente. Tale potere è stato rafforzato anche prevedendo che il persistente discostamento dalle indicazioni dell'ANAC ha una ricaduta sul sistema di premialità ai fini della qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all'art. 63 del codice.

È attribuito ad ANAC un ruolo centrale in materia di digitalizzazione dei contratti pubblici, assegnandole il compito di contribuire al coordinamento della digitalizzazione del sistema dei contratti pubblici da parte della Cabina di Regia (art. 222, comma 3, lett. m). L'art. 23 del codice prevede che l'ANAC è titolare in via esclusiva della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP), abilitante l'ecosistema nazionale di e-procurement, che (come si preciserà infra) attraverso le sue sezioni e componenti assolve a diverse finalità: pubblicità legale (che in ambito nazionale, a partire dal 1 giugno 2024, ha sostituito la pubblicità sulla G.U.R.I.), trasparenza, verifica dei requisiti degli operatori economici tramite il Fascicolo virtuale (FVOE), Piattaforma dei Contratti Pubblici (PCP), utilizzata anche per l'acquisizione del CIG, e Registro delle Piattaforme di approvvigionamento digitale certificate che hanno ottenuto la certificazione.

È stata, inoltre, rafforzata la funzione precontenziosa (art. 220, primo comma), in attuazione dell'art. 1, comma 2, lett. ll) della legge delega n. 78/2022, che prevedeva l' “estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto”.

Infine, è stata attribuita e resa operativa (rispetto alla inattuata previsione contenuta nel precedente codice) la funzione di ANAC di qualificare le stazioni appaltanti e le centrali di committenza, ai sensi dell'art. 63 del codice, procedendo all'iscrizione in un elenco dei soggetti qualificati, in possesso dei requisiti di cui all'Allegato II.4 del codice. È stato, invece, abrogata la funzione di ANAC di formazione dell'elenco dei soggetti e delle società in house, prima disciplinato dall'art. 192 del d.lgs. n. 50/2016, nonché dell'albo dei componenti delle Commissioni giudicatrici, che era disciplinato nell'art. 78 del d.lgs. n. 50/2016 e dalle linee guida Anac n. 5 (non attuato)

La composizione e il funzionamento

La modalità di nomina e la composizione dell'ANAC è tuttora disciplinata dall'art. 13 del d.lgs. n. 150/2009, che aveva istituito la CIVIT, che (come detto) è stata ridenominata Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi dell'art. 1 della l. n. 190/2012 e dell'art. 19 del d.l. n. 90/2014.

In particolare, l'art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 150/2009, definisce l'Autorità come un “organo collegiale composto dal presidente e da quattro componenti scelti tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all'amministrazione, con comprovate competenze in Italia e all'estero, sia nel settore pubblico che in quello privato, di notoria indipendenza e comprovata esperienza in materia di contrasto alla corruzione”. Il Presidente e i componenti sono nominati, tenuto conto del principio delle pari opportunità di genere, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti. Il Presidente è nominato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro della giustizia e il Ministro dell'interno; i componenti sono nominati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Sia il Presidente che i componenti del Consiglio non possono essere scelti tra persone che rivestono incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano rivestito tali incarichi e cariche nei tre anni precedenti la nomina e, in ogni caso, non devono avere interessi di qualsiasi natura in conflitto con le funzioni dell'Autorità. Il Consiglio dura in carica sei anni e non può essere confermato.

La struttura operativa dell'ANAC è diretta da un Segretario generale nominato con deliberazione della medesima Autorità, tra soggetti aventi specifica professionalità ed esperienza gestionale-organizzativa nel campo del lavoro pubblico.

La citata disposizione legislativa (comma 4, dell'art. 13) prevede, inoltre, l'autonomia regolamentare e organizzativa dell'Autorità, stabilendo che quest'ultima “definisce con propri regolamenti le norme concernenti il proprio funzionamento”.

L'organizzazione e il funzionamento dell'Autorità sono disciplinati dal Regolamento “concernente l'organizzazione e il funzionamento dell'ANAC” approvato con Delibera del Consiglio dell'Autorità n. 919 del 16 ottobre 2019, e da ultimo modificato con la Delibera n. 398 del 24 luglio 2024. Tale Regolamento disciplina, in particolare, gli organi dell'Autorità (Presidente, Consiglieri, Consiglio, Segretario Generale e Strutture di diretta collaborazione) e il loro funzionamento, l'articolazione degli uffici, il conferimento degli incarichi dirigenziali, l'assegnazione del personale non dirigenziale e gli organi ausiliari (Camera arbitrale, Esperto per la valutazione delle performance, Organo per i procedimenti disciplinari e Collegio dei revisori dei conti). L'Allegato 1 del suddetto Regolamento disciplina la Struttura organizzativa dell'Autorità, attualmente articolata in 29 Uffici.

In evidenza

L'ordinamento giuridico ed economico del personale è disciplinato nel “Regolamento sull'ordinamento giuridico ed economico del personale”, adottato con Delibera del Consiglio del 9 gennaio 2019 (da ultimo modificato con Delibera n. 533 del 16 novembre 2022), ai sensi dell'art. 52-quater del d.l. 24 aprile 2017, n. 50, come convertito dalla l. 21 giugno 2017, n. 96. Quest'ultima disposizione ha, in particolare, attribuito all'ANAC il potere di definire con propri regolamenti l'organizzazione e l'ordinamento giuridico ed economico del proprio personale secondo i principi contenuti nella l. 14 novembre 1995, n. 481 sulle autorità amministrative indipendenti.

In seguito all'entrata in vigore dell'art. 52-quater del d.l. n. 50/2017, la giurisprudenza ha chiarito che l'ANAC non è soggetta all'applicazione del d.lgs. n. 165/2001 (“l'art. 52-quater del citato decreto-legge n. 90 del 2014, come convertito, che ha attribuito all'Anac il potere di definire con propri regolamenti l'organizzazione e l'ordinamento giuridico ed economico del proprio personale secondo i principi contenuti nella legge 14 novembre 1995, n. 481 sulle autorità indipendenti (legge alla quale rinvia, come detto, anche il regolamento Anac del 2019): l'art. 2, comma 28, della legge n. 481 del 1995 esclude infatti che alle autorità indipendenti si applichino le disposizioni di cui al d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (attualmente confluite nel d.lgs. n. 165 del 2001), fatto salvo il solo principio di distinzione tra indirizzo e gestione (richiamato espressamente dall'art. 2, comma 10, della medesima legge n. 481 del 1995). Deve conseguentemente escludersi, dopo l'approvazione del predetto regolamento da parte dell'Anac, che questa sia soggetta alle norme del d.lgs. n. 165 del 2001 e in particolare all'art. 30, comma 2-bis, del medesimo decreto legislativo”, cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 giugno 2024, n. 5449, che ha confermato sentenza TAR Lazio, Roma, sez. I, 28 gennaio 2021, n. 1191).

Le singole funzioni di ANAC nel settore dei contratti pubblici

La funzione di vigilanza

La funzione di vigilanza attribuita all'ANAC e, prima ancora all'AVCP (ai sensi dell'art. 6, commi 5 e 7, del d.lgs. n. 163/2006), è stata da sempre intesa dal legislatore in senso ampio, quale macro-funzione omnicomprensiva all'interno della quale ricondurre gli specifici poteri riconosciuti all'Autorità, quali il potere regolatorio, i poteri di amministrazione attiva, di indirizzo, di ispezione e anche i poteri sanzionatori (considerati quale corollario dei poteri di vigilanza).

Sin dal d.lgs. n. 163/2006 tale funzione è stata considerata dal legislatore idonea a ricomprendere non solo le attività di vigilanza in senso stretto (c.d. vigilanza ordinaria), intesa come controllo di legittimità sull'attività del soggetto vigilato, ma anche una serie di interventi finalizzati, in ottica collaborativa e costruttiva, a ripristinare la legittimità dell'attività amministrativa, oltre ad iniziative volte a contribuire alla modifica della legislazione vigente (come la c.d. vigilanza speciale, la segnalazione a Governo e Parlamento dei fenomeni particolarmente gravi di inosservanza del Codice e la formulazione di proposte di modifiche normative). In particolare, l'art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006 individuava l'oggetto e le finalità di tale attività, incaricando l'AVCP di vigilare sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e speciali, nonché, nei limiti stabiliti dal codice, sui contratti esclusi dall'ambito di applicazione di quest'ultimo, al fine di garantire l'osservanza dei principi di concorrenza, correttezza e trasparenza delle procedure di evidenza pubblica, nonché di economicità ed efficienza nell'esecuzione dei contratti. Il comma 7 della stessa disposizione elencava, poi, le principali attività annoverabili in questa funzione: a) vigilanza sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare vigente verificando, anche con indagini campionarie, la regolarità delle procedure di affidamento; b) vigilanza sulla legittimità della scelta della stazione appaltante di sottrarre concrete fattispecie contrattuali all'applicazione della normativa sull'evidenza pubblica nonché il rispetto, in tali casi, dei principi relativi ai contratti esclusi; c) vigilanza affinché fosse assicurata l'economicità dell'esecuzione dei contratti; d) accertamento che dall'esecuzione dei contratti non derivasse pregiudizio per l'erario pubblico; e) segnalazione al Governo e al Parlamento fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o distorta applicazione della normativa dell'evidenza; f) formulazione di proposte al Governo in ordine alle modifiche occorrenti della disciplina dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; g) proposta di eventuali revisioni del regolamento al Ministro delle infrastrutture; h) predisposizione ed invio al Governo e al Parlamento di una relazione annuale sull'attività dell'Autorità, segnalando le disfunzioni riscontrate nel settore dei contratti pubblici, con particolare riferimento alle ipotesi indicate dalle lett. da h) 1 a h) 6 del comma 7 in esame;  i) sovraintendenza all'attività dell'Osservatorio sui contratti pubblici istituito presso la medesima Autorità; l) esercizio dei poteri sanzionatori alla stessa attribuiti dalla normativa di settore; m) vigilanza sul sistema di qualificazione, potendo altresì procedere all'annullamento, in caso di constatata inerzia degli organismi di attestazione, nonché alla sospensione in via cautelare delle attestazioni rilasciate in difetto dei presupposti stabiliti dalla legge.

Con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, le elencate funzioni di vigilanza sono state mantenute in capo all'ANAC (che nel frattempo era subentrata all'AVCP) e si sono arricchite con due importanti funzioni, che erano state introdotte dal d.l. n. 90/2014 e che, con la nuova codificazione, sono state messe a regime. La prima importante novità è stata rappresentata dalla previsione di una nuova forma di vigilanza preventiva, la c.d. vigilanza collaborativa, consistente nella stipula di protocolli di azione con le stazioni appaltanti, al fine di supportare queste ultime nella predisposizione degli atti di gara e nell'attività di gestione dell'intera procedura di evidenza pubblica, sino alla conclusione del contratto, e di prevenire comportamenti violativi della disciplina di settore. La seconda novità è stata introdotta dall'art. 37 del d.l. n. 90 del 2014, poi confluita nell'art. 106, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016, e consiste nella previsione espressa dell'obbligo del RUP di trasmettere all'ANAC, per i contratti sopra soglia, le varianti in corso d'opera di importo eccedente il dieci per cento dell'importo originario del contratto, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad una apposita relazione del RUP, entro trenta giorni dall'approvazione da parte della stazione appaltante, prevedendo che “Nel caso in cui l'ANAC accerti l'illegittimità della variante in corso d'opera approvata, essa esercita i poteri di cui all'articolo 213. In caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione e trasmissione delle varianti in corso d'opera previsti, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 213, comma 13”. Analogo obbligo informativo era previsto, sempre a carico del RUP, ai sensi dell'art. 107, comma 4, del precedente codice, con riferimento alle sospensioni di lavori superiori al quarto del tempo contrattuale complessivo.

Con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2023, il legislatore ha ulteriormente irrobustito le funzioni di vigilanza dell'Autorità, operando su tre fronti: in primo luogo, introducendo la possibilità di irrogare sanzioni amministrative anche nell'ambito dell'attività di vigilanza, in secondo luogo, ampliando la vigilanza anche sul versante dell'esecuzione del contratto, in terzo luogo, estendendo la vigilanza collaborativa anche alla fase esecutiva.

L'art. 222, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 36/2023, modificando in modo significativo l'art. 213, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016, ha attribuito ad ANAC efficaci poteri sanzionatori in modo da garantire il rispetto delle regole di buona amministrazione e, di conseguenza, il corretto funzionamento del mercato di riferimento. La nuova disposizione prevede, infatti, che l'ANAC vigila sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali e sui contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezze, nonché sui contratti esclusi nell'ambito di applicazione del codice. La vigilanza è finalizzata ad appurare la sussistenza di eventuali anomalie nello svolgimento degli affidamenti e il mancato rispetto dei principii e delle previsioni normative dettate in tema di contrattualistica pubblica. All'esito dei procedimenti di vigilanza, l'ANAC provvede a censurare le violazioni riscontate, esortando la stazione appaltante, ove possibile, all'adozione di provvedimenti che riconducano a legalità o che eliminino, anche attraverso l'esercizio del potere di autotutela, i vizi accertati, ovvero adottando raccomandazioni per il futuro. Inoltre, nelle ipotesi di maggiore gravità, l'Autorità rimette gli atti, per gli eventuali seguiti di competenza, alla Procura della Repubblica ovvero alla Corte dei Conti, con il coinvolgimento delle Procure regionali.

In alcuni casi specifici enunciati nella medesima disposizione l'Autorità può concludere il procedimento, irrogando sanzioni amministrative. Per delimitare tale potere – conformemente al principio di stretta legalità delle sanzioni – esso è stato previsto solo in quattro casi: 1) vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti pubblici (lett. b); 2) vigilanza sul sistema di qualificazione degli esecutori dei contratti pubblici (lett. f); 3) vigilanza sulla qualificazione stazioni appaltanti (lett. l); 4) vigilanza sulla digitalizzazione dei contratti pubblici e sull'utilizzo della BDNCP (lett. m), nonché in altri casi previsti dal codice.

Come evidenziato nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato, tale integrazione è stata ritenuta necessaria “tenuto conto del fatto che nel d.lgs. n. 50 del 2016, difetta l'attribuzione in capo all'Autorità di veri e propri poteri d'intervento sul mercato di riferimento. In particolare, l'Autorità è attualmente dotata di competenze essenzialmente “soft”, senza un'incidenza diretta e forte sul mercato vigilato: infatti, dall'elenco delle competenze contenuto nell'art. 213, del d. lgs. n. 50 del 2016 emerge un insieme di attività essenzialmente rivolto verso il referto a favore degli organi titolari di potere decisionale: Governo e Parlamento, oltre che verso gli organi giudiziari muniti di potere inquisitorio/repressivo (Procure della Repubblica e Corte dei Conti). Il potere sanzionatorio, inoltre, risulta debole e limitato all'irrogazione di una sanzione pecuniaria in caso di omessa risposta alle richieste di documentazione e informazioni agli operatori del settore e nel richiamo al rispetto della legittimità, economicità ed efficienza dell'azione procedimentale, ma senza una vera e propria disposizione di chiusura che assicuri il rispetto in concreto di tali principi”.

Sulla base di questa considerazione, il nuovo codice ha previsto che, nei casi sopra richiamati, l'ANAC può irrogare sanzioni, nel rispetto dei principi di cui alla l. 24 novembre 1981, n. 689, da un importo minimo di euro 500 al massimo di euro 5.000. La disciplina dell'esercizio del potere sanzionatorio è rimessa al potere regolamentare dell'Autorità. Per rendere ancora più efficace il potere sanzionatorio si prevede, inoltre, che l'irrogazione della sanzione pecuniaria abbia una ricaduta sul sistema di premialità per la qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all'art. 63.

La vigilanza, inoltre, è ampliata sul versante dell'esecuzione dei contratti, in quanto non è più limitata alla verifica del rispetto del principio di economicità dei contratti pubblici e, quindi, diretta ad accertare che dall'esecuzione degli stessi non derivi un pregiudizio per il pubblico erario, ma è estesa alla verifica della correttezza dell'esecuzione tout court dei contratti pubblici.

In evidenza

L'esercizio della funzione di vigilanza è disciplinato dal Regolamento sull'esercizio dell'attività di vigilanza in materia di contratti pubblici, adottato con Delibera n. 270 del 20 giugno 2023, entrato in vigore il 1° luglio 2023. Il nuovo Regolamento ha tenuto conto, in particolare, del principio di risultato di cui all'art. 1 del nuovo codice, considerato raggiunto solo nel caso in cui l'opera è affidata e realizzata e/o il servizio posto in essere. Conseguentemente, come sottolineato nella Relazione annuale ANAC 2023, “la vigilanza si è evoluta in un'ottica maggiormente preventiva e correttiva, al fine di: consentire alle stazioni appaltanti di apportare aggiustamenti in tutte le fasi del procedimento di appalto; avviare i monitoraggi per la verifica e il controllo sulle azioni correttive effettuate dalle stazioni appaltanti; sollecitare tutti i soggetti vigilati a comportamenti virtuosi nello svolgimento dei propri compiti realizzando un'azione di moral suasion e al contempo fornendo puntuali indicazioni al fine di evitare il ripetersi in futuro delle criticità riscontrate”. 

Il procedimento di vigilanza ordinaria può essere avviato d'ufficio o su segnalazione. L'avvio del procedimento può essere preceduto da un'attività istruttoria di acquisizione di documenti e di informazioni, e in sede di comunicazione di avvio devono essere indicate le violazioni ipotizzate, su cui si svolge il contraddittorio. Nel corso dell'istruttoria possono essere svolte audizioni, acquisizioni documentali e ispezioni, anche con l'ausilio della Guardia di Finanza. Il procedimento può concludersi con l'archiviazione, con l'accertamento di buone prassi (qualora emerga una passi virtuosa da parte della stazione appaltante), con l'accertamento di illegittimità. In questo caso, l'ANAC adotta una raccomandazione, di carattere non vincolante, volta ad eliminare le criticità emerse oppure ad evitare la reiterazione della condotta illegittima in futuro. Qualora emergano profili di responsabilità penale, amministrativo-contabile o disciplinare, l'Autorità trasmettere gli atti alle autorità competenti per il seguito di rispettiva competenza.

Per completare il quadro, vanno menzionate alcune forme speciali di vigilanza, che differiscono la vigilanza c.d. ordinaria, finora descritta.

Un primo richiamo va fatto all'attività di alta sorveglianza svolta dal Presidente dell'ANAC attraverso l'Unità Operativa Speciale (UOS), introdotta dall'art. 30 del d.l. n. 90/2014, tutt'ora vigente. Tale disposizione ha istituito l'Unità Operativa Speciale (UOS), composta da personale in posizione di comando, distacco o fuori ruolo anche proveniente dal corpo della Guardia di Finanza, attraverso la quale il Presidente dell'ANAC ha svolto i compiti di alta sorveglianza e garanzia della correttezza e della trasparenza delle procedure di gara connesse alla realizzazione delle opere dell'evento EXPO Milano 2015. Alla luce dell'esperienza positiva maturata, l'UOS è coinvolto anche nell'esercizio delle funzioni di vigilanza esercitate dagli Uffici dell'Autorità, in particolare nelle funzioni di vigilanza collaborativa. L'ambito che tutt'oggi impegna maggiormente l'attività di UOS è quello della ricostruzione pubblica post sisma 2016 e 2017 del Centro Italia.

Altra forma di vigilanza è quella svolta da ANAC sulle SOA, attualmente prevista nell'art. 100 del d.lgs. n. 36/2023 (in precedenza nell'art. 84 del d.lgs. n. 50/2016 e nell'art. 40 del d.lgs. n. 163/2006).

L'ANAC svolge un ruolo di vigilanza e monitoraggio sul sistema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici, per i contratti di lavori di importo superiore a euro 150.000, basato sull'attività delle SOA (Società Organismi di attestazione).

L'attività di vigilanza è svolta da ANAC sia sulle SOA, sia sulle attestazioni di qualificazione rilasciate agli operatori economici.

L'attività di vigilanza sulle SOA è svolta d'ufficio, con cadenza semestrale, per verificare il possesso dei requisiti morali e di indipendenza, di cui all'art. 5 dell'allegato II.12 al d.lgs. n. 36/2023, in capo ai soggetti (soci, amministratori, dipendenti, sindaci e loro familiari) che compongono la struttura organizzativa delle SOA autorizzate, così come previsto nel Manuale sull'attività di qualificazione per l'esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro (adottato dall'ANAC il 16 ottobre 2014). In aggiunta ai controlli semestrali, l'Autorità svolge anche controlli sulle operazioni societarie delle SOA, in occasione del rilascio dei nulla osta al trasferimento, a titolo oneroso o gratuito, delle azioni delle SOA, alle cessioni di ramo d'azienda tra SOA e/o alle operazioni di fusione per incorporazione tra SOA, alle modifiche dei membri dei Consigli di amministrazione e dei collegi sindacali, alle modifiche dell'organico delle SOA.

L'attività di vigilanza di ANAC è anche volta a verificare il corretto operato degli organismi di attestazione durante l'esercizio della loro attività, con particolare riguardo alle indicazioni contenute nell'art. 11 dell'allegato II.12 del codice. Le verifiche di ANAC comprendono anche accertamenti ispettivi in loco presso gli organismi vigilati, e sono volte a verificare i comportamenti e le prassi amministrative tenute dalle SOA nello svolgimento della loro attività di attestazione, l'accertamento di eventuali irregolarità o illeciti nella valutazione dei requisiti speciali delle imprese, nonché l'accertamento dell'eventuale impiego di personale esterno alla SOA in forme non legittime o non autorizzate.

Nell'ambito dell'attività di vigilanza svolta dall'ANAC sulle SOA, un peso rilevante è costituito dalle segnalazioni provenienti dalle SOA nell'ambito delle istruttorie per il rilascio delle attestazioni di qualificazione. In questo ambito si inseriscono le segnalazioni ricevute dalle SOA per false dichiarazioni o presentazione di documenti non veritieri prodotti dagli operatori economici nel procedimento finalizzato al rilascio dell'attestazione.

(Segue). La vigilanza collaborativa

La vigilanza collaborativa è una innovativa forma di vigilanza di ANAC sui contratti pubblici, di carattere preventivo, in quanto, a differenza della vigilanza ordinaria e delle altre forme speciali di vigilanza, viene esercitata ex ante, prima della formale adozione di singoli atti di gara da parte della stazione appaltante. L'istituto è, dunque, espressione del principio di leale collaborazione tra ANAC e singole Amministrazioni, ed è rivolto a garantire un elevato tasso di legittimità degli atti adottati dalle stazioni appaltanti nell'indizione della gara, nel suo espletamento e (ora) anche nell'esecuzione del contratto, con il fine di ridurre i rischi di contenzioso amministrativo (ritardando l'affidamento tempestivo del contratto e, dunque, il risultato della gara), nonché di scoraggiare comportamenti opportunistici della stazione appaltante e dei concorrenti, anche in una logica di prevenzione della corruzione e di rispetto della legalità.

Tale forma peculiare di vigilanza è oggi disciplinata nell'art. 222, comma 3, lett. h) del d.lgs. n. 36/2023, che, in attuazione del criterio direttivo contenuto nella legge delega, prevede un ampliamento del suo ambito di applicazione anche alla fase esecutiva, nonché un suo rafforzamento, attraverso la previsione secondo cui il persistente discostamento dalle indicazioni dell'ANAC ha una ricaduta sul sistema di premialità ai fini della qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all'art. 63 del codice.

L'istituto è nato in occasione del grande evento dell'Expo di Milano 2015, con l'art. 30 del d.l. n. 90/2014 che (come già ricordato) aveva istituito presso l'ANAC l'Unità Operativa Speciale (UOS), con il compito di assistere il Presidente dell'ANAC nello svolgimento delle verifiche sulla legittimità degli affidamenti connessi a tale evento. L'istituto è stato, poi, messo a regime nell'art. 213, comma 3, lett. h), del d.lgs. n. 50/2016 e, sotto il previgente codice, il suo svolgimento era disciplinato dal Regolamento approvato con Delibera n. 160 del 30 marzo 2022.

Con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2023, l'Autorità ha adottato un nuovo Regolamento (approvato con Delibera n. 269 del 20 giugno 2023) che disciplina la stipula dei protocolli di vigilanza collaborativa e lo svolgimento di tale attività.

La richiesta di stipula di un protocollo di intesa è su base volontaria e può provenire da stazioni appaltanti, enti concedenti o centrali di committenza. Oggetto della richiesta può essere un singolo affidamento o più affidamenti specifici, anche se il Regolamento ANAC detta, al riguardo, precisi presupposti per l'ammissibilità della richiesta, secondo un criterio quantitativo, legato all'importo oggetto di gara, o qualitativo, legato alla natura dell'intervento da realizzare o all'elevato rischio corruttivo (art. 4 del cit. reg.).

Il protocollo di intesa può essere anche di tipo trilaterale, quando coinvolge l'ANAC, l'ente beneficiario e la stazione appaltante (spesso una centrale di committenza) responsabile della gara, oppure un protocollo quadro, come quello che consente ai commissari straordinari impegnati nella realizzazione di grandi opere di accedere alla vigilanza collaborativa per gli affidamenti assegnati.

I protocolli di vigilanza collaborativa hanno durata annuale, salva diversa decisione del Consiglio e sono pubblicati sul sito dell'ANAC.

Nel concreto, l'attività di vigilanza collaborativa si basa sul preventivo esame, da parte dell'Autorità, dei singoli atti relativi la procedura o le procedure oggetto del protocollo, ai fini dello svolgimento di una verifica di legittimità a carattere preventivo, che precede la loro formale adozione. Formano oggetto di verifica tutti gli atti della procedura di affidamento, elencati a titolo esemplificativo nell'art. 7 del Regolamento.

Il procedimento si svolge in contraddittorio con le parti che hanno stipulato il protocollo. L'istruttoria si basa su tempistiche rapide ed è incentrata sulle c.d. osservazioni, attraverso le quali l'Autorità esprime la propria valutazione sull'atto esaminato, evidenziandone eventuali criticità o anche l'opportunità di alcune modifiche, nel rispetto della discrezionalità della stazione appaltante.

Attraverso tale strumento si avvia, dunque, un dialogo con la stazione appaltante, volto ad individuare l'adozione di un provvedimento legittimo, che soddisfa l'interesse pubblico esplicitato dalla stazione appaltante, nel rispetto della discrezionalità ad essa spettante.  In particolare, se la stazione appaltante ritiene di non adeguarsi alle osservazioni dell'ANAC, è tenuta a presentare le proprie motivazioni, che vengono valutate dall'Autorità, attraverso le c.d. osservazioni conclusive. Ricevute tali osservazioni, la stazione appaltante può decidere se adeguarsi o, nell'esercizio della propria discrezionalità, non adeguarsi, assumendo gli atti di propria competenza.

Merita, tuttavia, segnalare che, nei casi in cui mancato adeguamento viene ritenuto particolarmente grave o persistente, il Regolamento (art. 8, comma 9) prevede che il Consiglio dell'Autorità può disporre la risoluzione del protocollo di vigilanza e l'attivazione di tutti i poteri di vigilanza previsti dalla legge. Inoltre, il persistente mancato adeguamento, non motivato, alle osservazioni dell'ANAC, è valutabile ai fini della qualificazione della stazione appaltante.

In evidenza

La giurisprudenza ha evidenziato che le osservazioni rese dall'Autorità in sede di vigilanza collaborativa sono atti endoprocedimentali “privi di autonoma lesività e perciò impugnabili, quali atti presupposti, unitamente al provvedimento conclusivo del procedimento (purché abbiano avuto rilevanza “nella dinamica del rapporto controverso”, cfr. sent. 725/17 cit.)” (TAR Lazio, Roma, sez. I, 3 febbraio 2021, n. 1406).

(Segue). La funzione regolatoria

Il potere regolatorio di ANAC è quello che, nel tempo, ha subito maggiori modifiche, soprattutto in relazione alla tipologia, alla natura giuridica e alla efficacia degli strumenti di regolazione (bandi-tipo, contratti-tipo, comunicati, linee-guide, determinazioni aventi carattere generale, atti amministrativi generali).

Nonostante le numerose modifiche legislative impattanti su tale funzione, il punto fermo è il ruolo centrale assunto dall'Autorità, sin dal d.lgs. n. 163/2006, quale soggetto preposto alla regolazione del mercato dei contratti pubblici, mediante la definizione di regole di condotta destinate ad orientare e correggere l'attività degli operatori di settore.

Anche prima dell'adozione del d.lgs. n. 163/2006, l'esercizio del potere regolatorio si esplicava mediante l'emanazione di determinazioni aventi carattere generale, ai quali era attribuito esclusivamente valore di moral suasion, derivante dall'emanazione degli stessi un effetto meramente persuasivo e di indirizzo, e non uno specifico obbligo giuridico. Nel d.lgs. n. 163/2006 non vi era nessuna norma che riconosceva espressamente il potere regolatorio dell'AVCP, ma il suo fondamento si desumeva dall'art. 8, comma 1, che prevedeva l'obbligo dell'Autorità di dotarsi di forme e metodi di organizzazione e di analisi di impatto della normazione per l'emanazione di atti di propria competenza e, in particolare, di atti amministrativi generali, di programmazione o pianificazione.

Il primo riconoscimento esplicito di tale potere vi è stato con l'introduzione, nel 2011, del primo strumento di regolazione semi-vincolante, rappresentato dai c.d. bandi-tipo. L'art. 4, comma 2, lett. h), del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito nella l. 12 luglio 2011, n. 106 (c.d. Decreto Sviluppo), ha, infatti, inserito il comma 4-bis nell'art. 64 del d.lgs. n. 163/2006, in base al quale all'Autorità era affidato il compito di standardizzare la documentazione di gara mediante la predisposizione di modelli (c.d. bandi-tipo), previo parere del Ministero dei trasporti e sentite le categorie professionali interessate, nei quali devono essere altresì indicate le cause tassative di esclusione di cui all'art. 46, comma 1-bis (principio introdotto con la medesima riforma legislativa).

L'introduzione dei bandi-tipo ha rappresentato una prima ipotesi di regolazione quasi vincolante, in quanto, secondo la stessa disposizione le stazioni appaltanti erano obbligate a redigere la documentazione di gara conformemente a tali modelli, potendosene discostare solo motivando le ragioni di un'eventuale deroga nella delibera a contrarre o negli atti di gara. Tale potere è stato conformato anche con  i successivi codici e tutt'oggi rappresenta lo strumento principale per la promozione dell'efficienza e della qualità delle stazioni appaltanti.

Con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, il legislatore ha rafforzato significativamente la funzione regolatoria di ANAC, in attuazione del criterio direttivo contenuto nell'art. 1, comma 1, lett. t), l. n. 11 del 2016, che aveva richiesto il riconoscimento del potere dell'Autorità di adottare linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, “anche dotati di efficacia vincolante”. Il comma 2 dell'art. 213 del d.lgs. n. 50/2016 aveva espressamente previsto che “l'ANAC, attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati, garantisce la promozione dell'efficienza, della qualità dell'attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche” e il comma 3, lett. h-bis) della stessa disposizione (introdotta dal d.lgs. n. 56/2017) prevedeva che l'ANAC “al fine di favorire l'economicità dei contratti pubblici e la trasparenza delle condizioni di acquisto, provvede con apposite linee guida, fatte salve le normative di settore, all'elaborazione dei costi standard dei lavori e dei prezzi di riferimento di beni e servizi (…)”, demandando all'Autorità anche il potere di “indica[re] negli strumenti di regolazione flessibile, di cui al comma 2, e negli ulteriori atti previsti dal codice, la data in cui gli stessi acquistano efficacia”. Singole disposizioni del codice affidavano, poi, compiti specifici alle linee guida ANAC, precisandone il carattere vincolante o non vincolante (si vedano artt. 25, comma 13, 31, commi 5 e 8, 36, comma 7, 63, comma 1, 78, 80, comma 13, 81, comma 2, 83, comma 10, 110, comma 6,157, 177, 181, comma 4, 192).

Il codice del 2016 aveva introdotto un nuovo sistema di regolazione secondaria, che avrebbe dovuto integralmente sostituire il regolamento unico di attuazione ed esecuzione della normativa primaria (anche se il d.P.R. n. 207/2010, continuava in parte ad essere applicato per le parti non coperte dalle linee-guida e dai decreti ministeriali, ai sensi dell'art. 216, commi 4, 5, 14,16, 17, 19, 21,26, del d.lgs. n. 50/2016), con l'aspirazione di rappresentare un sistema di regolazione secondaria più snello e flessibile, idoneo ad essere modificato più velocemente rispetto alle tempistiche richieste per i regolamenti governativi, recependo tempestivamente le modifiche normative.

Complessivamente, in vigenza di tale sistema, l'Autorità ha adottato 17 linee-guida.

In evidenza

Senza pretesa di esaustività, è d'obbligo richiamare il problema della collocazione sistematica delle linee guida emanate direttamente dall'ANAC, oltre che di quelle proposte dall'ANAC, ma adottate con decreto ministeriale. Il Consiglio di Stato, nel parere della Commissione speciale sullo schema del codice del 2016, n. 855/2016, ha precisato che, mentre le linee guida non vincolanti sono inquadrabili tra gli ordinari atti amministrativi, le linee guida vincolanti, capaci di innovare l'ordinamento con disposizioni munite dei caratteri di generalità e astrattezza, in ragione della natura soggettiva dell'autorità emanante, sono da annoverare agli atti di regolazione delle autorità amministrative indipendentiche non sono regolamenti in senso proprio ma atti amministrativi generali e, appunto, di regolazione” (sulle caratteristiche degli atti di regolazione delle Autorità indipendenti si veda Cons. Stato, parere 2 agosto 2016, n. 1767). La differente natura giuridica delle linee guida segnava anche una differente disciplina, in quanto, mentre le linee guida vincolanti non lasciavano margini valutativi alle stazioni appaltanti, che erano obbligate a darvi attenuazione, a pena di illegittimità degli atti consequenziali, le linee guida non vincolanti consentivano alle stazioni appaltanti, dietro adeguata motivazione, di discostarsi da quanto disposto dall'Autorità (al di fuori di questa ipotesi, la violazione delle linee guida poteva essere considerata come elemento sintomatico dell'eccesso di potere).

Con il d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla l. 14 giugno 2019, n. 55 (c.d. decreto sblocca-cantieri), il legislatore è intervenuto sul sistema di regolazione secondaria, prevedendo il “ritorno” al regolamento unico di esecuzione ed attuazione del codice, incidendo anche sul potere regolatorio di ANAC.

L'art. 1, comma 20, lett. gg) della l. n. 55/2019 ha introdotto il comma 27-octies nell'art. 216 del d.lgs. n. 50/2016 che affidava ad un regolamento governativo, ai sensi dell'art. 17, comma 1, lett. a) e b) della l. n. 400/1988 (che avrebbe dovuto essere adottato entro 180 giorni dall'entrata in vigore della nuova disposizione), il compito di dettare la disciplina di dettaglio in materia di affidamento degli incarichi di progettazione (art. 24, comma 2), RUP (art. 31, comma 5), contratti sotto-soglia (art. 36, comma 7), opere c.d. super-specialistiche (art. 89, comma 11), controllo tecnico, contabile e amministrativo (art. 111, commi 1 e 2), appalti di lavori a beni culturali (artt. 146, 147 e 150).

In ossequio a tale previsione, il regolamento governativo (che, come noto, non è stato adottato) avrebbe dovuto sostituire 3 linee-guida ANAC (le linee-guida n. 1 sui servizi di ingegneria ed architettura, le n. 3 sul RUP e le n. 4 sui contratti sotto-soglia), oltre a n.7 decreti ministeriali. La novellata previsione demandava, in particolare, al regolamento la disciplina relativa alle seguenti materie: a) nomina, ruolo e compiti del responsabile del procedimento;  b) progettazione di lavori, servizi e forniture, e verifica del progetto; c) sistema di qualificazione e requisiti degli esecutori di lavori e dei contraenti generali; d) procedure di affidamento e realizzazione dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie comunitarie; e) direzione dei lavori e dell'esecuzione; f) esecuzione dei contratti di lavori, servizi e forniture, contabilità, sospensioni e penali; g) collaudo e verifica di conformità; h) affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria e relativi requisiti degli operatori economici; i) lavori riguardanti i beni culturali.

Il decreto sblocca-cantieri ha inciso sul potere regolatorio dell'ANAC sotto due fronti.

Innanzitutto, il comma 27-octies dell'art. 216 aveva previsto che  “le linee guida e i decreti adottati in attuazione delle previgenti disposizioni di cui agli articoli 24, comma 2, 31, comma 5, 36, comma 7, 89, comma 11, 111, commi 1 e 2, 146, comma 4, 147, commi 1 e 2 e 150, comma 2, rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma, in quanto compatibili con il presente codice e non oggetto delle procedure di infrazione nn. 2017/2090 e 2018/2273. Ai soli fini dell'archiviazione delle citate procedure di infrazione, nelle more dell'entrata in vigore del regolamento, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l'ANAC sono autorizzati a modificare rispettivamente i decreti e le linee guida adottati in materia”.

Attraverso tale previsione, da un lato, sono stati cristallizzati i contenuti delle linee guida finora adottate dall'ANAC, che rimanevano in vigore solo in presenza di due contestuali condizioni- la prima di carattere temporale “fino alla data di entrata in vigore del regolamento”, la seconda, di carattere contenutistico legata alla “compatibilità” con la riforma-, dall'altro lato, è stata consentita la modifica dei decreti ministeriali e delle linee guida vigenti ai soli fini dell'archiviazione delle procedure di infrazione avviate della Commissione UE.

Sotto altro profilo, era stato previsto che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento, avrebbero cessato di avere efficacia le linee guida: 1) vertenti sulle materie disciplinate dal regolamento; 2) in contrasto con le disposizioni recate dal regolamento. Anche in questo caso, la valutazione relativa alla incompatibilità tra le linee guida e il regolamento veniva rimessa all'interprete.

Il d.l. n. 32/2019 non aveva, tuttavia, modificato la disposizione di carattere generale (art. 213, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016) che attribuiva ad ANAC il potere di adottare linee-guida non vincolanti e altri strumenti di regolazione flessibile. Potere, tuttavia, che, dopo la riforma del 2019, non è stato più esercitato dall'Autorità, salvo che per rispondere alle citate procedure europee di infrazione.

Con l'entrata in vigore del nuovo codice è stato definitivamente eliminato il potere di ANAC di adottare linee guida, sia a carattere vincolante che non vincolante, pur rimanendo intatto il potere di adottare bandi-tipo, contratti-tipo e atti amministrativi generali. L'art. 225, comma 16, del d.lgs. n. 36/2023 ha previsto che “A decorrere dalla data in cui il codice acquista efficacia ai sensi dell'articolo 229, comma 2 [1° luglio 2023], in luogo dei regolamenti e delle linee guida dell'ANAC adottati in attuazione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, laddove non diversamente previsto dal presente codice, si applicano le corrispondenti disposizioni del presente codice e dei suoi allegati”.

La disciplina di dettaglio contenuta in alcune linee guida, al pari di quella contenuti in numerosi decreti ministeriali esecutivi o attuativi del codice, è stata fatta confluire negli allegati al nuovo codice, dove sono racchiuse le disposizioni di attuazione ed esecutiva, immediatamente applicabili. La peculiarità del nuovo sistema è quella di assegnare, in sede di prima applicazione del d.lgs. n. 36/2023, la normativa di esecuzione e di attuazione ad una fonte avente lo stesso rango (di fonte primaria) delle disposizioni cui dare esecuzione, al fine di assicurarne l'immediata applicabilità, prevedendo al contempo un peculiare meccanismo di delegificazione degli allegati, in quanto nella quasi totalità dei casi (eccetto gli allegati I.1, I.12 e II.10) è prevista l'abrogazione dell'allegato a decorrere dall'entrata in vigore del corrispondente regolamento, adottato ai sensi dell'art. 17 della l. n. 400/1988, che lo sostituirà integralmente.

In evidenza

Sulla perdita di efficacia delle linee -guida ANAC si è pronunciata la giurisprudenza, richiamando l'art. 225, ultimo comma, del d.lgs. n. 36/2023. Degna di nota è la sentenza del TAR Lazio, Roma, 14 maggio 2024, n. 9492, che, in relazione alle linee-guida n. 12 relative all'affidamento dei servizi legali, ha precisato che “quand'anche si volesse riferire tale disposizione [art. 225, comma 16] alle c.d. linee guida vincolanti, ovvero quelle emanate in attuazione di specifiche disposizioni del d.lgs. n. 50/2016 (ad esempio l'art. 36 comma 7), i principi di logica e coerenza che devono caratterizzare la disciplina d.lgs. n. 36/23 inducono a ritenere che l'effetto caducante, derivante dall'entrata in vigore della nuova disciplina di rango primario, non possa non riguardare anche le c.d. linee guida interpretative, quali quelle impugnate nel presente giudizio, che, rispetto alle prime, non sono caratterizzate da precettività”.

Il nuovo codice, pur eliminando il potere di ANAC di adottare le linee-guida, nonché il riferimento agli “altri strumenti di regolazione flessibile” (sostituiti dalla categoria degli atti amministrativi generali), ha confermato le funzioni regolatorie dell'ANAC. L'art. 222, comma 2, prevede, infatti, che l'ANAC, attraverso bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo e altri atti amministrativi generali, “garantisce la promozione dell'efficienza, della qualità dell'attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche”. È, inoltre, previsto che, per l'adozione di tali atti regolatori, l'Autorità “si dota, nei modi previsti dal proprio ordinamento, di forme e metodi di consultazione, di analisi e di verifica dell'impatto della regolazione, di adeguata pubblicità, anche sulla Gazzetta Ufficiale, in modo che siano rispettati la qualità della regolazione e il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive e dal codice. I bandi-tipo, i capitolati-tipo e i contratti-tipo sono, altresì, pubblicati sul sito istituzionale dell'ANAC e dallo stesso scaricabili con modalità tale da garantirne l'autenticità”.

Nell'attuale sistema, il principale potere regolatorio dell'Autorità viene esercitato attraverso l'adozione di bandi-tipo, disciplinati dall'art. 83, comma 3, del d.lgs. n. 36/2023, prevedendo (analogamente all'art. 71 del d.lgs. n. 50/2016) l'obbligo delle stazioni appaltanti di redigere i documenti di gara conformemente a tali modelli, motivando espressamente, nella determina a contrarre, le deroghe al bando-tipo. La loro funzione è quella di assicurare la corretta e uniforme applicazione delle disposizioni del codice, facilitando al tempo stesso l'operato delle stazioni appaltanti, in un'ottica di maggiore efficienza e standardizzazione del loro operato. In questa logica, i bandi-tipo operano una distinzione tra le clausole di carattere obbligatorio e vincolante (che devono essere imperativamente inserite nel bando), quelle con c.d. ipotesi alternative (che indicano una o più opzioni che possono essere scelte dalle stazioni appaltanti nell'esercizio della propria discrezionalità), quelle eventuali o facoltative (che le stazioni appaltanti hanno la facoltà di scegliere se inserire o meno), ed infine le indicazioni operative (che si limitano a fornire alcune indicazioni operative utili per la stesura del disciplinare).

Con Delibera n. 309 del 27 giugno 2023, l'ANAC ha adottato il bando-tipo n. 1/2023, avente ad oggetto la Procedura aperta per l'affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari sopra-soglia, da aggiudicarsi secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. In allegato a tale bando-tipo, è stata pubblicata anche la domanda di partecipazione-tipo, adottata con Delibera n. 43 del 24 gennaio 2024. Ad oggi, si è conclusa la consultazione sul bando-tipo n. 2, relativo all'affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria, ma il bando non è stato ancora adottato.

In evidenza

Il Consiglio di Stato si è recentemente occupato del valore dei bandi-tipo adottati dall'Autorità, sebbene con riferimento all'art. 213, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, ma statuendo principi validi anche in relazione al nuovo Codice, che ha confermato tale potere in capo all'ANAC. Con la sentenza del 16 gennaio 2023, n. 526, la Sezione Quinta del Consiglio di Stato, pur non indagando la natura giuridica dei bandi-tipo definita “dubbia”, ha affermato che, in considerazione dell'art. 71 del d.lgs. n. 50/2016 (che espressamente stabilisce che i bandi di gara sono redatti in conformità dei bandi-tipo e che “Le stazioni appaltanti nella delibera a contrarre motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo”), i bandi-tipo predisposti dall'ANAC hanno un valore vincolante per le stazioni appaltanti, le quali possono discostarsene solamente dandone adeguata giustificazione nella delibera a contrarre. Pertanto, “nel momento in cui il bando-tipo è stato adottato, esso costituisce parametro dell'azione amministrativa delle stazioni appaltanti che allo stesso sono tenute ad uniformarsi, salvo, come detto, il potere di deroga adeguatamente motivato”. Sul piano processuale ciò si traduce nella necessità di procedere con l'immediata impugnazione del bando-tipo, unitamente alla lex specialis di gara, posto che il potere conformativo di una stazione appaltante costituisce un limite invalicabile nel caso in cui l'operatore economico dovesse impugnare solo il bando e il disciplinare. Infatti, anche laddove fosse accolto il ricorso dell'operatore e annullata la lex specialis di gara, la stazione appaltante avrebbe solo la possibilità di conformarsi al bando-tipo ANAC, quale parametro regolatorio superiore e vincolante, non messo in discussione dall'operatore economico (Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2023, n. 526).

Accanto ai bandi-tipo vanno menzionati i contratti-tipo, poco conosciuti in quanto finora relativi a due settori particolari. Con Delibera n. 1116 del 22 dicembre 2020, è stato adottato lo schema di contratto-tipo in materia di PPP (“Contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche a diretto utilizzo della Pubblica Amministrazione, da realizzare in partenariato pubblico privato”), al fine di incentivare e sostenere gli investimenti in infrastrutture.

Si è, invece, conclusa la consultazione per la predisposizione del contratto-tipo di rendimento energetico o di prestazione energetica (Energy Performance Contract – EPC) per gli edifici pubblici, anche se il testo finale è, al momento, sottoposto alla valutazione dei soggetti partecipanti ad un tavolo tecnico, che vede coinvolte numerose istituzioni oltre l'ANAC (peraltro, nella relazione annuale del 2023 del Presidente dell'Autorità viene sottolineata l'importanza di intervenire nel settore strategico dell'efficienza energetica, il cui miglioramento rappresenta uno degli obiettivi dell'UE).

Altro atto da annoverare tra gli strumenti regolatori, sebbene non menzionato nel codice, è lo strumento del comunicato del Presidente dell'Autorità. Si tratta di atti che perseguono, per lo più, una funzione di indirizzo, in particolare, costruiscono uno strumento idoneo a fornire un indirizzo uniforme della normativa vigente e ad assicurare la corretta ed omogenea attuazione delle disposizioni normative.

Per cogliere l'ampio utilizzo di questo strumento nella prassi, si pensi che, nell'ultimo anno, sono stati adottati circa 50 Comunicati del Presidente in materia di contratti pubblici.

Accanto agli strumenti regolatori sopra enunciati, va menzionata la categoria degli atti amministrativi generali, introdotta nell'art. 222, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023, in sostituzione degli “strumenti di regolazione flessibile”. In questa categoria rientrano gli atti privi dei caratteri dell'astrattezza e della innovatività, aventi destinatari indeterminabili a priori, ma determinabili a posteriori, rivolti alla cura degli interessi pubblici affidati all'Autorità. Vi rientrano, dunque, tutte le Delibere di ANAC, aventi portata generale, finalizzate ad orientare l'attività delle stazioni appaltanti o degli operatori economici.

Rientrano in questa categoria tutti gli atti adottati da ANAC per dare attuazione al nuovo Codice, di cui si riporta di seguito un elenco.

Disposizione del d.lgs. n. 36/2023

Tipologia e contenuto dell'atto

Estremi del provvedimento, laddove adottato

BDNCP

art. 23

art. 222, comma 9

Provvedimento che individua le informazioni e i dati che le stazioni appaltanti sono tenute a trasmettere alla BDNCP, attraverso le piattaforme telematiche, nonché i tempi entro i quali i titolari delle piattaforme e delle banche dati garantiscono l'integrazione con i servizi abilitanti l'ecosistema di approvvigionamento digitale. 

Delibera n. 261 del 20 giugno 2023

Fascicolo virtuale dell'operatore economico (FVOE)

Art. 24, comma 4

Provvedimento ANAC, di intesa con MIT e AGID, che definisce le tipologie di dati da inserire nel FVOE, concernenti la partecipazione alle procedure di gara e il loro esito

Delibera n. 262 del 20 giugno 2023

Pubblicità legale degli atti di gara

Art. 27

Provvedimento ANAC, d'intesa con MIT, che stabilisce le modalità di attuazione della pubblicità legale degli atti tramite la BDNCP

Delibera n. 263 del 20 giugno 2023

Trasparenza

Art. 28, comma 4

Art. 222, comma 9

Provvedimento che individua le informazioni e i dati relativi alla programmazione di lavori, servizi e forniture, nonché alle procedure del ciclo di vita dei contratti pubblici che rilevano ai fini dell'assolvimento degli obblighi di pubblicazione di cui al d.lgs. n. 33/2013

Delibera n. 264 del 20 giugno 2023, modificata ed integrata con Delibera n. 601 del 19 dicembre 2023

Qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza

Art. 62, comma 10

Regolamento per l'assegnazione d'ufficio di una stazione appaltante o centrale di committenza qualificata

Delibera n. 266 del 20 giugno 2023

Qualificazione delle stazioni appaltanti

Art. 63

Provvedimento che stabilisce le modalità attuative del sistema di qualificazione e i casi in cui può essere disposta la qualificazione con riserva

Manuale per la qualificazione del 27 marzo 2023, Comunicato del Presidente del 17 maggio 2023

Casellario informatico

Art. 222, comma 10

Regolamento per la gestione del Casellario informatico, in cui iscrivere le notizie, le informazioni e i dati degli o.e. relative alle case di esclusione di cui all'art. 94, nonché le ulteriori informazioni, nonché la durata delle iscrizioni e la loro modalità di archiviazione.

Delibera n. 272 del 20 giugno 2023

Affidamenti dei concessionari

Art. 186, commi 2 e 5

Provvedimento che disciplina le modalità di calcolo delle quote di esternalizzazione dei contratti di lavori, servizi e forniture da parte dei titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici non affidate conformemente al diritto UE

Delibera n. 265 del 20 giugno 2023

(Segue). La funzione di precontenzioso

I pareri di precontenzioso dell'ANAC sono ricondotti nella categoria degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (Alternative Dispute Resolution, ADR) aventi la finalità di regolazione dei conflitti, anche solo potenziali.

Il Consiglio di Stato ha, tuttavia, escluso che si tratti di un rimedio alternativo alla giurisdizione in senso stretto, al fine di assicurarne la compatibilità con la Costituzione, ed in particolare con il principio di indisponibilità dell'interesse legittimo nonché con l'art. 12 c.p.a. (che limita alle posizioni di diritto soggettivo la compromettibilità in arbitri delle controversie devolute al giudice amministrativo). Si tratta, piuttosto, di uno strumento deflattivo del contenzioso, finalizzato a risolvere rapidamente le controversie nel settore dei contratti pubblici, con l'intento di perseguire un alto tasso di legittimità delle procedure di affidamento (Cons. Stato, parere n. 855/2016).

L'art. 220, primo comma, del d.lgs. n. 36/2023 riscrive la funzione precontenziosa dell'Autorità, in precedenza disciplinata nell'art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016.

Le modifiche introdotte attuano il criterio direttivo contenuto nell'art. 1, comma 2, lett. ll), della legge delega n. 78 del 14 giugno 2022, che prevedeva testualmente l' “estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto”. L'istituto viene rafforzato sia ampliandone il perimetro applicativo in alcuni casi (circoscritti) relativi alla fase esecutiva del contratto, sia rafforzando l'effetto conformativo dei pareri, in quanto, a valle del procedimento, l'Autorità può ricorrere al Giudice amministrativo, in caso di mancato adeguamento al parere da parte della stazione appaltante.

Una esplicita conferma della volontà del legislatore di rafforzare la rilevanza dei pareri resi dall'ANAC, si ritrova anche tra i principi fondamentali del nuovo codice, in quanto, nell'ambito del principio di fiducia, è previsto che “Non costituisce colpa grave la violazione o l'omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti” (art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 36/2023). Viene, infatti, previsto che l'adeguamento ad un parere reso da un'Autorità, compresa l'ANAC, incide sull'elemento soggettivo dell'illecito amministrativo, come esimente della colpa grave.

Prima di analizzare le novità introdotte dal nuovo codice, è utile tracciare l'evoluzione normativa di tale istituto.

La competenza precontenziosa, intesa come il potere di rilasciare a pareri ai fini della risoluzione di questioni sorte durante lo svolgimento di procedure di affidamento di contratti pubblici, è considerata come una funzione immanente dell'Autorità, riconducibile in senso lato all'esercizio della funzione di vigilanza. Il potere a rilasciare pareri veniva attribuito anche all'AVLP, sotto la vigenza dell'art. 4 della l. n. 109/1994, pur in assenza di una espressa previsione normativa. Con l'art. 6, comma 7, lett. n) del d.lgs. n. 163/2006 è stato poi espressamente previsto che l'AVCP “su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione”. Tale competenza è stata rafforzata con il comma 1 dell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016 prevedendo che, con l'accordo delle parti, il parere poteva assumere carattere vincolante, ferma la possibilità di una sua impugnazione dinanzi al Giudice Amministrativo.

Le principali novità apportate dall'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016 sono state: la possibilità di iniziativa singola a ciascuna parte del rapporto sostanziale (sebbene tale opzione fosse stata ammessa in via di prassi anche nel precedente sistema); la previsione di un termine finale (30 giorni) per la pronuncia del parere; l'eliminazione della possibilità di formulare una “ipotesi di soluzione” della controversia; la gratuità del rilascio dei pareri (mediante la soppressione del richiamo all'art. 1, comma 67, della l. n. 266/2005); la previsione dell'impugnabilità dei pareri vincolanti (resi su istanza di tutte le parti interessate) dinanzi al Giudice Amministrativo e l'applicabilità dell'art. 26 c.p.a. in caso di successivo rigetto del ricorso. La disciplina di dettaglio del procedimento per l'adozione dei pareri di precontenzioso di cui all'art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 era stata definita nel Regolamento dell'ANAC del 9 gennaio 2019.

Tale Regolamenti prevedeva che il parere poteva assumere efficacia vincolante in due casi: 1) in caso di istanza congiunta presentata dalla stazione appaltante e da una o più parti interessate, che esprimono la volontà di attenersi al contenuto del parere (art. 5, comma 1, reg.), anche se doveva trattarsi di soggetti portatori di interessi confliggenti tra cui vi era una “questione controversa”; 2) in caso di istanza singola a cui aderiva altro soggetto interessato alla soluzione della questione controversa (c.d. parere congiunto per adesione successiva), manifestando la volontà di attenersi al parere entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di parere (art. 4, comma 2, reg.).

In entrambi i casi, era necessario che l'assenso all'efficacia vincolante del parere fosse esplicito, non potendo desumersi dalla formulazione dell'istanza. La vincolatività del parere congiunto è stata definita «a geometria variabile», in quanto l'effetto vincolante si produceva nei confronti delle sole parti che vi avessero preventivamente acconsentito. Era, dunque, possibile che il parere non fosse vincolante nei confronti di tutte le parti del procedimento.

In evidenza

La giurisprudenza ha delineato un differente regime di impugnazione dei pareri non vincolanti rispetto a quelli vincolanti.

In caso di pareri non vincolanti, è esclusa la loro immediata impugnabilità, in quanto privi del carattere di autonoma ed immediata lesività (Cons. St., V, ord. n. 2436/2021). È stato precisato che esso “assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale”; pertanto, “l'impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione” (Cons. St., VI, n. 1622/2019).

Invece, in caso di pareri vincolanti, il Consiglio di Stato ha chiarito che “il parere espresso dall'ANAC ai sensi dell'art. 211 del d.lgs. n. 50 del 2016 può essere impugnato dalla parte che si sia previamente obbligata alla sua osservanza, per la quale il parere assume pertanto portata vincolante, pure se l'altra parte per contro non si sia impegnata (in tal senso Cons. Stato, Sez. V, 25 luglio 2018, n. 4529). Il parere vincolante, infatti, obbligando le parti ad attenervisi, è atto immediatamente lesivo, condizione questa che ne consente - giusta anche quanto espressamente previsto dalla norma - l'autonoma impugnabilità” (Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2019, n. 1622).

L'art. 220, primo comma, del d.lgs. n. 36/2023 ha riscritto la funzione precontenziosa dell'ANAC, perseguendo la finalità di rafforzarla e di estenderne l'ambito applicativo.

Le principali novità consistono: i) nella eliminazione della distinzione tra pareri vincolanti e non vincolanti; ii) nella limitazione del potere di impugnare il parere da parte dell'operatore economico che lo abbia richiesto o che abbia aderito alla richiesta di parere di altra parte, solo per violazioni relative “al merito della controversia”; iii) nell'obbligo della stazione appaltante che non intende conformarsi al parere, di comunicare le ragioni del proprio dissenso all'ANAC e alle parti del procedimento; iv) nel riconoscimento del potere straordinario di ANAC di ricorrere al Giudice amministrativo in caso di mancata conformazione della stazione appaltante; v) nella possibilità, esercitabile dall'Autorità in sede regolamentare, di estendere l'applicazione di tale rimedio anche per la soluzione di  questioni relative alla fase esecutiva.

La prima importante novità è relativa all'eliminazione della distinzione tra pareri vincolanti e non vincolanti. Non è più contemplata la possibilità per le parti (stazione appaltante e operatore economico) di acconsentire preventivamente ad attenersi a quanto stabilito dal parere ed è eliminato il regime differenziato di efficacia soggettiva nonché di impugnativa delle due tipologie di pareri. Il riferimento al meccanismo dell'adesione è rimasto nel secondo periodo del primo comma dell'art. 220, laddove si prefigura che l'operatore economico possa aderire ad una richiesta di parere. L'adesione, però, non determina più l'obbligatorietà del parere nei confronti delle parti interessate, ma produce effetti solo sul regime di impugnativa del parere (in sede regolamentare, è stato, inoltre, previsto che i pareri congiunti vanno trattati in via prioritaria dall'Ufficio).

La seconda novità è relativa proprio a quest'ultimo aspetto: gli operatori economici che hanno deciso di rivolgersi all'Autorità, come parti istanti oppure come “convenuti” (cioè come soggetti destinatari della richiesta di parere di una stazione appaltante, di un ente concedente o di altro operatore e che hanno aderito al procedimento, entro il termine di 10 giorni dalla ricezione della richiesta) possono impugnare il parere di precontenzioso “esclusivamente per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia”. Analoga limitazione dei motivi di impugnativa non è prevista per i soggetti che non assumono la qualifica di parte istante in via originaria o per successiva adesione; se ne può desumere che questi ultimi, nel rispetto delle ordinarie regole processuali, sono legittimati ad impugnare il parere, ai sensi dell'art. 120 c.p.a., anche per altri motivi, quali le violazioni procedurali. L'espressione “violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia”, richiama quella utilizzata nell'art. 213, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023 (che ricalca l'art. 209, comma 14, del d.lgs. n. 50/2016), relativa all'impugnazione dei lodi arbitrali, per casi diversi dalla nullità del loro, anche se le uniche analogie tra i due istituti sono quelle della loro riconducibilità alla categoria delle ADR e alla loro attivazione su base volontaria. Nella relazione illustrativa allo schema del nuovo codice, il Consiglio di Stato ha evidenziato che la locuzione in esame è espressione della regola generale di non annullabilità dei provvedimenti affetti da violazioni formali o procedurali, dettata dall'art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990, per cui l'impugnazione del parere da parte dell'operatore economico istante o che ha aderito all'istanza in via successiva sarà ammissibile solo per dedurre violazioni sostanziali e non anche per vizi formali o procedimentali che non incidono sul contenuto dispositivo del parere. La ratio di tale previsione è quella di evitare impugnative di natura strumentale, volte solo a dilazionare i termini di conclusione delle procedure di gara, mediante la previsione secondo la quale l'operatore economico può ottenere l'annullamento in sede giudiziale del parere solo quando esso sia “sbagliato” nella sostanza.

Ulteriore novità apportata da nuovo codice riguarda l'efficacia del parere di precontenzioso nei confronti della stazione appaltante o dell'ente concedente. L'ultimo periodo del primo comma dell'art. 220 prevede, infatti, l'obbligo, per la stazione appaltante o l'ente concedente che non intendano conformarsi al parere, di comunicare entro quindici giorni le relative motivazioni alle parti interessate e all'Autorità, che può proporre ricorso contro tale determinazione negativa. Attraverso tale previsione viene rafforzata l'obbligatorietà dei pareri, sotto il profilo della loro efficacia conformativa, in quanto nelle ipotesi in cui la stazione appaltante intenda sottrarsi a dare attuazione al contenuto del parere ha l'obbligo di motivare questa sua decisione entro un termine breve (15 giorni dalla ricezione del parere) e l'Autorità, qualora ritenga non valide le ragioni di dissenso addotte, può proporre ricorso al Giudice Amministrativo entro i successivi 30 giorni. Viene, dunque, previsto che il procedimento di precontenzioso possa sfociare in un giudizio dinanzi al Giudice amministrativo, laddove l'Autorità (a fronte dell'inerzia o dell'inottemperanza della stazione appaltante rispetto ai contenuti del parere) ritenga che le motivazioni addotte dalla stazione appaltante per discostarsi dal parere non siano valide e che nelle procedura siano state commesse “gravi violazioni del codice”, alle quali è necessario porre rimedio con il più efficace (quanto ad esecutività) ricorso giurisdizionale.

Altra novità riguarda la possibilità per l'Autorità di prevedere, con proprio regolamento, anche ipotesi relative alla fase esecutiva con riferimento alle quali è esercitabile la funzione precontenziosa (art. 220, comma 4, del codice). In sede regolamentare, tale facoltà è stata esercitata prevedendo quattro ipotesi tassative in cui l'ANAC può emettere pareri di precontenzioso per risolvere questioni controverse sorte in fase esecutiva, dovendo trattarsi di questioni relative a: 1) il divieto di rinnovo tacito dei contratti; 2) la clausola di revisione del prezzo e il relativo provvedimento applicativo; 3) modifiche contrattuali apportate senza una nuova procedura di affidamento, in assenza dei presupposti legittimanti; 4) il diniego di autorizzazione al subappalto (art. 4 comma 2, del nuovo Regolamento). Si tratta di quattro ipotesi, da interpretarsi in via restrittiva, nelle quali è ravvisabile l'esercizio di un potere autoritativo della stazione appaltante in fase di esecuzione del contratto, per cui, in caso di eventuale ricorso dell'ANAC per la conformazione della stazione appaltante al parere reso, sarebbe ravvisabile la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, secondo le regole del riparto di giurisdizione. Sarebbe, invece, problematico ipotizzare l'attivazione del ricorso di ANAC, per ottenere la conformazione di pareri che dirimono controversie rientranti nella giurisdizione ordinaria, sia perché l'art. 220, comma 3, del d.lgs. n. 36/2023, cui rinvia il primo comma dell'art. 220, richiama i presupposti e il rito dell'art. 120 c.p.a., sia perché l'impugnativa straordinaria di ANAC, a prescindere dal contesto in cui viene attivata (se all'esito di un procedimento di precontenzioso, in via diretta o in seguito al mancato adeguamento di un parere motivato) ha ad oggetto atti e provvedimenti relativi alla procedura di affidamento o che, se relativi alla fase esecutiva, evidenziano una elusione degli obblighi connessi alla fase di affidamento.

Il procedimento di rilascio dei pareri di precontenzioso è disciplinato dal nuovo Regolamento in materia di precontenzioso, adottato con Delibera dell'Autorità n. 267 del 20 giugno 2023, entrato in vigore il 1° luglio 2023 e applicabile alle istanze aventi ad oggetto procedure di gara assoggettate al d.lgs. n. 36/2023.

Il procedimento è improntato ai canoni della l. n. 241/90 e ricalca il precedente regolamento.

Le novità principali riguardano l'ampliamento dell'ambito di applicativo oggettivo (esteso, come detto, anche a quattro ipotesi specifiche di controversie sorte in fase esecutiva), la disciplina della fase successiva alla conclusione del procedimento, relativa all'adeguamento al parere, e le norme dedicate ai rimedi avverso il parere.

Si segnala che il procedimento può avere tre epiloghi. Il primo è rappresentato dalla declaratoria di inammissibilità o improcedibilità dell'istanza, nei casi previsti dall'art. 7 del Regolamento. Il secondo è rappresentato dall'adozione di un parere, approvato con Delibera del Consiglio, in seguito all'istruttoria condotta dall'Ufficio, nel rispetto del principio del contraddittorio e incentrata su tempi rapidi e una interlocuzione scritta. Il terzo epilogo è rappresentato dall'adozione del parere da parte del Dirigente dell'Ufficio, reso con motivazione sintetica, anche attraverso il richiamo a precedenti dell'Autorità; tale procedura semplificata è attivabile in due casi: 1) questioni relative a contratti sotto-soglia e di facile soluzione; 2) questioni relative a contratti soglia-soglia, relative a valutazioni discrezionali della stazione appaltante.

In evidenza

La natura dei pareri di precontenzioso, ai sensi dell'art. 220, comma 1, del d.lgs. n. 36/2023, è ricostruita nella sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, 19 luglio 2024, n. 14802, laddove viene evidenziato che: “Se, infatti, la novella legislativa ha espressamente affermato il potere delle stazioni appaltanti di non conformarsi al parere dell'Autorità – nell'ottica di valorizzare e promuovere l'autonomia decisionale e la responsabilità delle s.a. (su cui grava il solo obbligo di non ignorare il parere, dovendo motivare le ragioni per cui scelgono di seguirlo o meno) – è chiaro che il parere di precontenzioso non è di per sé idoneo ad arrecare alcun pregiudizio agli operatori economici coinvolti nella vicenda in relazione alla quale detto parere viene reso”. Il TAR ha, dunque, dichiarato inammissibile il ricorso proposto da un operatore (impresa ausiliaria) avverso il parere di precontenzioso, in quanto privo di portata immediatamente lesiva nei propri confronti, non avendo impugnato i successivi atti con cui la stazione appaltante aveva obbligato il concorrente a sostituire l'impresa ausiliaria e aveva successivamente aggiudicato la gara ad altro operatore.

(Segue). La funzione consultiva

Accanto alla funzione precontenziosa, rimane in capo all'ANAC anche la funzione c.d. consultiva, consistente nel potere di rilasciare pareri giuridici su questioni di particolare interesse, anche al di fuori dei casi e dei limiti previsti dall'art. 220, primo comma del nuovo codice.

Si tratta di funzione considerata immanente in ogni Autorità amministrativa indipendente, in quanto volta a dirimere problematiche interpretative della normativa di settore, di cui ciascuna autorità deve garantire il rispetto. Nel caso di ANAC, il fondamento normativo esplicito è individuato nella l. n. 190/2012 e ricomprende tutte le materie rientranti nell'ambito di intervento dell'Autorità.

In particolare, l'attività consultiva è esercitata in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, con riferimento a problematiche interpretative e applicative della l. n. 190/2012 dei suoi decreti attuativi (d.lgs. n. 33/2013 e d.lgs. n. 39/2013, nonché in materia di contratti pubblici, con riferimento a problematiche interpretative del d.lgs. n. 36/2023, che non rientrano nell'art. 220 del codice.

A differenza del parere di precontenzioso (che può essere richiesto sia dalla stazione appaltante e/o ente concedente, che da un operatore economico o da un soggetto collettivo, purché sia legittimato e abbia un interesse concreto al rilascio del parere), in materia di contratti pubblici, i pareri consultivi possono essere richiesti solo da una stazione appaltante, da un ente concedente o da soggetti portatori di interessi collettivi costituiti in associazioni o comitati.

Nel dettaglio, l'esercizio della funzione consultiva è disciplinato dal Regolamento adottato con Delibera del Consiglio dell'Autorità n. 297 del 17 giugno 2024, il quale prevede un iter procedimentale uniforme per l'esercizio della funzione consultiva svolta da ANAC sia in materia di prevenzione della corruzione, sia in materia di contratti pubblici.

Per quanto concerne l'oggetto della richiesta di pareri, si segnala che, ai sensi dell'art. 2, comma 2, del citato Regolamento, “l'attività consultiva è svolta: a) nei casi indicati nell'art. 1, co. 2, lett. d) (pareri in tema di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici) ed e) (pareri facoltativi in materia di conferimento degli incarichi ai dirigenti), della l. 190/2012 e nell'art. 16, co. 3 del d.lgs. 39/2013 (pareri obbligatori in tema di incompatibilità ed inconferibilità degli incarichi);              b) quando la questione sottoposta all'attenzione dell'Autorità presenta una particolare rilevanza sotto il profilo della novità, dell'impatto socio-economico o della significatività dei profili problematici posti in relazione alla corretta applicazione delle norme relative  in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza (L. n. 190/2012) e di contratti pubblici (D.lgs. n. 36/2023)”.

(Segue). La legittimazione straordinaria

La legittimazione straordinaria ad agire dell'ANAC è stata introdotta, per la prima volta, in sede di conversione del d.l. n. 50/2017, in via di emendamento (l. n. 96/2017), dall'art. 52-ter, che ha introdotto tre nuovi commi nell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016, dopo l'abrogazione, da parte del correttivo, del comma 2 dell'art. 211, recante la disciplina della raccomandazione vincolante.

Il decreto correttivo del precedente codice aveva accolto il suggerimento formulato dal Consiglio di Stato in sede di parere sullo schema di codice laddove, a fronte delle criticità connesse all'istituto della raccomandazione vincolante, aveva ritenuto preferibile una riformulazione del comma 2 in chiave di controllo collaborativo ispirata alla disciplina dettata dall'art. 21-bis l. n. 287/1990 per l'AGCM. Il legislatore si è mosso nella direzione indicata e ha conferito all'ANAC il potere di agire in giudizio per l'impugnazione di atti e provvedimenti viziati da violazioni della normativa in materia di contratti pubblici.

È stata, in modo, riconosciuta ad ANAC una legittimazione processuale speciale, affine a quella attribuita all'AGCM, in materia di provvedimenti amministrativi lesivi delle norme a tutela della concorrenza, dal richiamato art. 21-bis l. n. 287/1990. 

In evidenza

Con sentenza n. 20/2013, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimazione speciale dell'AGCM, ritenendola compatibile con il dettato costituzionale, trattandosi non di un nuovo e generalizzato controllo di legittimità, bensì di un potere di iniziativa finalizzato a contribuire ad una più completa tutela del corretto funzionamento del mercato. Specularmente, il potere di agire in giudizio attribuito all'ANAC è stato qualificato dal Consiglio di Stato come un peculiare strumento di vigilanza collaborativa che si coniuga con i più generali poteri di vigilanza e controllo attribuiti all'Autorità dall'art. 213 del d.lgs. n. 50/2016, per assicurare il pieno ed effettivo rispetto dei principi su cui sono imperniati gli appalti pubblici (parere Commissione speciale, n. 445/2018, su schema di regolamento di cui al comma 1-quater).

Il nuovo istituto, rispetto allo schema della raccomandazione vincolante, ha operato un ribaltamento della posizione dell'ANAC, che da (eventuale) convenuta in giudizio a difesa del proprio atto, si ritrova a vestire i panni del ricorrente contro atti, emessi da qualsiasi stazione appaltante, che violano le norme in materia di contratti pubblici.

L'art. 211 del d.lgs. 50/2016, ai commi 1-bis e 1-ter, individuava due diverse ipotesi di legittimazione ad agire di ANAC, mantenute immutate (salvo due piccole modifiche) nei commi 2 e 3 dell'art. 220 del d.lgs. n. 36/2023.

La prima fattispecie viene definita come impugnativa diretta o ricorso diretto (art. 211, comma 1-bis del d.l.gs. n. 50/2016, art. 220, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023) ed è esercitabile per l'impugnazione di bandi, altri atti generali e provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, in violazione delle norme in materia di contratti pubblici.

Si tratta di un'ipotesi generale di legittimazione al ricorso non subordinata a particolari regole procedurali, basata solo sul duplice presupposto che il provvedimento impugnato violi le norme in materia di contratti pubblici e che riguardi un contratto di rilevante impatto.

In questi casi, il ricorso è proponibile per qualsiasi vizio che grava gli atti della procedura di affidamento di un contratto di rilevante impatto e la possibilità di ricorrere in via diretta (entro 30 giorni dalla pubblicazione o dalla conoscenza legale dell'atto impugnato) è giustificata da una situazione di maggiore pericolo per l'interesse pubblico che non consentirebbe il rispetto della tempistica più dilazionata imposta dalla previa interlocuzione con l'amministrazione.

In evidenza

In sede regolamentare l'Autorità ha declinato la nozione di contratto di “rilevante impatto”, sia sotto il profilo qualitativo, con l'elencazione di una casistica caratterizzata dalla particolare rilevanza economica e sociale del contratto (art. 3, comma 2, lett. a), b), c) e d), reg.), che sotto il profilo quantitativo (importo per lavori pari o superiore a 15 milioni di Euro e pari o superiore a 25 milioni di Euro per servizi e/o forniture).

Il “Regolamento sull'esercizio dei poteri di cui all'articolo 220, commi 2, 3 e 4 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (Legittimazione straordinaria)”, adottato con Delibera n. 268 del 20 giugno 2023, all'art. 3, comma 2, prevede che “Si intendono di rilevante impatto contratti:

a) che riguardino, anche potenzialmente, un ampio numero di operatori;

b) relativi ad interventi in occasione di grandi eventi di carattere sportivo, religioso, culturale o a contenuto economico, ad interventi disposti a seguito di calamità naturali, di interventi di realizzazione di grandi infrastrutture strategiche;

c) riconducibili a fattispecie criminose, situazioni anomale o sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti;

d) relativi ad opere, servizi o forniture aventi particolare impatto sull'ambiente, il paesaggio, i beni culturali, il territorio, la salute, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale;

e) aventi ad oggetto lavori di importo pari o superiore a 15 milioni di euro ovvero servizi e/o forniture di importo pari o superiore a 10 milioni di euro;

f) di importo pari o superiore a 5 milioni di euro rientranti in programmi di interventi realizzati mediante investimenti di fondi comunitari”.

La seconda fattispecie – maggiormente utilizzata dall'Autorità - viene definita come impugnativa indiretta o ricorso indiretto, previa adozione di un parere motivato (art. 211, comma 1-ter del d.l.gs. n. 50/2016, art. 220, comma 3, del d.lgs. n. 36/2023) ed è esercitabile nei casi in cui una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento affetto da gravi violazioni del codice e non si sia adeguata, entro il termine concesso, al parere motivato emesso dall'ANAC, che, oltre al vizio o ai vizi di legittimità riscontrato/i, indica anche i rimedi da adottare per porvi rimedio.

Tale fattispecie risponde ad una logica sostanzialmente collaborativa, in quanto il parere motivato è volto a sollecitare un intervento in “autotutela” della stazione appaltante, ad annullare i provvedimenti ritenuti illegittimi ovvero ad adottare condotte conformi alla normativa di settore, mentre l'impugnativa di ANAC opera come extrema ratio rispetto al mancato adeguamento al parere.

Il procedimento è più articolato rispetto all'ipotesi di impugnativa diretta e ha struttura bifasica, che ricalca il procedimento dell'art. 21-bis della l. n. 287/1990 per l'AGCM, in quanto vi è una prima fase a carattere consultivo, che concerne l'emissione del parere motivato, ed una seconda fase in sede giurisdizionale, che ha carattere solo eventuale.

La prima fase si conclude con l'emissione del parere motivato, nel quale sono segnalate le violazioni riscontrate e indicati i rimedi da adottare per eliminarle. Il parere deve essere emesso entro 60 giorni dall'acquisizione della notizia. Successivamente, il parere è trasmesso alla stazione appaltante con contestuale assegnazione del termine, non superiore a trenta giorni (il termine previsto nel precedente codice era di 60 giorni), entro il quale la medesima stazione appaltante è invitata a conformarsi alle prescrizioni in esso contenute.

La seconda fase riguarda la valutazione, da parte di ANAC, delle azioni intraprese dalla stazione appaltante per conformarsi al parere ovvero, in caso di esito negativo, del mancato adeguamento della stazione appaltante. Questa fase può concludersi con la proposizione del ricorso al Giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 120 c.p.a., che viene deliberata dal Consiglio o, in caso di urgenza, decisa dal Presidente, salva ratifica del Consiglio. Il ricorso è proposto entro 30 giorni dalla ricezione della risposta della stazione appaltante ovvero, in caso di mancata risposta, dallo scadere del termine assegnato nel parere motivato. Si applica il rito speciale di cui all'art. 120 c.p.a.

In evidenza

L'art. 6, commi 2 e 3, del citato Regolamento definisce i presupposti tassativi legittimanti l'emissione del parere motivato e, in caso di esito negativo, la proposizione del ricorso al Giudice amministrativo.

In particolare, “2. Sono considerate gravi le seguenti violazioni:

a) affidamento di contratti pubblici senza previa pubblicazione di bando o avviso nella GUUE, nella GURI, sulla piattaforma digitale e sul sito istituzionale della stazione appaltante o dell'ente concedente e sulla Banca dati nazionale dei contratti pubblici gestita dall'Autorità, laddove tale pubblicazione sia prescritta dal codice;

b) affidamento mediante una delle procedure previste dal codice fuori dai casi consentiti, e quando questo abbia determinato l'omissione di bando o avviso ovvero l'irregolare utilizzo dell'avviso di pre-informazione di cui all'art. 81 del codice;

c) modifiche sostanziali dei documenti di gara durante lo svolgimento della procedura ad evidenza pubblica, non assistite dalle medesime garanzie di pubblicità dell'originale documentazione di gara ovvero dalla previsione della proroga dei termini per la ricezione delle offerte;

d) omesso svolgimento del dibattito pubblico obbligatorio;

e) procedura di affidamento del contratto svolta da soggetto non adeguatamente qualificato ai sensi degli artt. 62 e 63 del codice oppure svolta in elusione degli obblighi di qualificazione previsti dagli artt. 62 e 63 codice;

f) mancata o illegittima esclusione di un concorrente nei casi previsti dagli artt. 94, 95 oppure 100 del codice;

g) atti in violazione del divieto di artificioso frazionamento, allo scopo di evitare l'applicazione delle norme del codice relative all'affidamento di contratti di importo superiore alle soglie di rilevanza comunitaria;

h) contratto affidato in presenza di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell'UE in un procedimento ai sensi dell'art. 258 del TFUE;

i) clausole, misure, o condizioni ingiustificatamente restrittive della partecipazione e, più in generale, della concorrenza;

j) reiterate violazioni del codice commesse nella fase di affidamento dei contratti. È reiterata la violazione, del medesimo tipo, già accertata con un precedente atto dell'Autorità indirizzato alla stessa stazione appaltante o ente concedente.

3. Sono considerate altresì gravi le seguenti violazioni:

a) atto afferente a rinnovo tacito ovvero ad ingiustificate e reiterate proroghe dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;

b) modifica sostanziale del contratto che avrebbe richiesto una nuova procedura di gara ai sensi degli artt. 120 e 189 del codice;

c) mancata risoluzione del contratto nei casi di cui all'art. 122, comma 2 del codice”.

In evidenza

Secondo la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 3 novembre 2020, n. 6787), il parere motivato “non è riconducibile all'ambito degli strumenti di autotutela, posto che non ha natura vincolante per l'amministrazione destinataria e nemmeno crea un obbligo di agire in autotutela e in conformità al suo contenuto (come, invece, prevedeva l'art. 211, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, per la «raccomandazione vincolante» dell'Anac, al cui mancato adeguamento seguiva l'applicazione di una sanzione pecuniaria: disposizione abrogata dall'art. 123, comma 1, lett. b), del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56). Non si può assumere, quindi, che quel parere costituisca l'atto di avvio di un procedimento di riesame in autotutela da parte della stazione appaltante, (…)”. La stessa pronuncia chiarisce che l'esercizio del potere di ricorso, da parte dell'Autorità, non va motivato, in quanto l'ANAC “è titolata a curare anche in giustizia, seppure nei termini generali e nelle forme proprie del processo amministrativo, gli interessi e le funzioni cui è preposta dalla legge e sintetizzate dai precetti di questa: perciò le è consentito (anche) di agire in giudizio seppur nei limiti segnati dall'art. 211 e dal suo regolamento”.

Rispetto alla disciplina previgente, le sole novità apportate dall'art. 220 del nuovo codice si ravvisano nel potere di impugnativa c.d. indiretto dell'Autorità.

La prima novità è costituita dalla previsione del potere dell'Autorità di individuare, con proprio regolamento, un termine massimo entro cui il parere motivato può essere emesso, considerando la data di adozione o di pubblicazione dell'atto affetto da illegittimità. Tale previsione ricalca la novità già introdotta dall'Autorità, con Delibera n. 528 del 12 ottobre 2022, nel Regolamento sull'esercizio dei poteri di cui all'articolo 211, commi 1-bis e 1-ter, del d.lgs. n. 50/2016, con la quale era stato espressamente previsto che “il parere motivato può essere emesso entro il termine massimo di 120 giorni dall'adozione o dalla pubblicazione dell'atto contenente la violazione”. Il nuovo Regolamento, all'art. 8, comma 2, ha mantenuto la stessa limitazione temporale, al fine di garantire la certezza del diritto.

La seconda novità prevista nel terzo comma dell'art. 220 riguarda, invece, il termine assegnato dall'ANAC alla stazione appaltante per conformarsi al parere motivato, che è dimezzato rispetto a quello previsto dall'art. 211 del precedente codice (non più di 60, ma di 30 giorni), secondo una logica di velocizzazione dei tempi del procedimento.

(Segue). Il potere di segnalazione al Governo e al Parlamento

La lett. c) del comma 3 dell'art. 222 del codice attribuisce all'ANAC il potere di segnalazione al Governo e al Parlamento in ordine alle criticità emergenti dalla normativa, con riferimento a “fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa di settore”, e la lett. d) della stessa disposizione prevede che l'Autorità possa formulare “proposte in ordine a modifiche occorrenti in relazione alla normativa vigente di settore”.

Si tratta di poteri già previsti nella codificazione previgente (art. 6, comma 7, lettere e) ed f) del d.lgs. n. 163/2006, art. 213, comma 3, lettere c) e d) del d.lgs. n. 50/2016) e molto utilizzati dall'Autorità per segnalare le maggiori criticità rilevate in materia di contratti pubblici, soprattutto per evidenziare problematiche interpretative della normativa di settore oppure la necessità di coprire un vuoto normativo, suggerendo anche le soluzioni ritenute più utili per il loro superamento.

Gli atti di segnalazione, nella prassi, possono svolgere due funzioni.

Vi sono quelli volti ad evidenziare le criticità rilevate dall'Autorità in un settore particolare, adottati all'esito di un'attività di indagine condotta dall'Autorità, anche congiuntamente ad altre Authority, nel quale vengono evidenziati aspetti problematici nell'applicazione della normativa da parte delle stazioni appaltanti. Questi atti di segnalazione svolgono per lo più una funzione di indirizzo nell'interpretazione della disciplina vigente, e sono volti a sollecitare l'adozione di best pratices da parte degli operatori di settore ovvero ad invitare questi ultimi ad applicare la normativa in modo conforme ai principi che la regolano, senza suggerire modifiche normative. Si vedano, a titolo esemplificativo, l'Atto di segnalazione congiunta ANAC-AGCM-ART del 25 ottobre 2017, sulle procedure di affidamento diretto dei servizi di trasporto ferroviario regionale disciplina del trasporto pubblico locale; l'Atto del Presidente, in sede di Audizione alla Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, del 30 gennaio 2019).

Vi sono, inoltre, gli atti di segnalazione che hanno natura e funzione propriamente regolatoria, in quanto sono finalizzati a suggerire un intervento del legislatore per integrare, armonizzare o modificare la normativa vigente, ravvisando un contrasto o un vuoto normativo non risolvibile sul piano interpretativo o in relazione al quale sono ravvisati significativi contrasti giurisprudenziali. Si vedano, con questa funzione, a titolo esemplificativo: i) l'Atto di segnalazione del 18 ottobre 2023 “Concernente l'articolo 13 e l'allegato II.4, articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 31/3/2023, n. 36”, con il quale è stata suggerita un'integrazione normativa del nuovo codice dei contratti pubblici con la previsione di disposizioni volte a ripristinare il contenuto dell'art. 1, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016, oltre che di estendere la casistica delle opere finanziate in misura maggioritaria con risorse pubbliche di importo superiore a un milione di euro, anche quando non destinate direttamente ad essere fruite da parte della collettività; ii) l'Atto di segnalazione del 20 luglio 2022 “Concernente l'articolo 47 del codice del codice dei contratti pubblici”, con il quale era stata segnalata l'opportunità di modificare l'art. 47 del d.lgs. n. 50/2016, al fine di adottare una formulazione più chiara della norma che definisca l'esatto ambito applicativo del cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili, chiarendo l'applicabilità di tale meccanismo.

In evidenza

Degne di nota, in quanto aventi la stessa funzione degli Atti di segnalazione a Governo e Parlamento, sono le Note presentate da ANAC alla Cabia di Regia di cui all'art. 221 del codice, per segnalare la necessità di intervenire con modifiche normative. Si veda, a titolo esemplificativo, la Nota del Presidente del 19 aprile 2023 alla Cabia di Regia, al MIT e al MEF, in materia di equo compenso, con cui viene segnalata l'urgenza di un intervento interpretativo o normativo per chiarire il rapporto tra la l. n. 49/2023 e gli artt. 8 e 41 del d.lgs. n. 36/2023; nonché sullo stesso tema l' Atto del Presidente del 27 giugno 2023, avente ad oggetto “Criticità attinenti al coordinamento tra la disciplina del c.d. equo compenso ed il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”.

(Segue). La funzione sanzionatoria e la gestione del Casellario informatico

Il d.lgs. n. 36/2023 ha confermato e rafforzato l'attività sanzionatoria di ANAC nei contratti pubblici, sia prevedendo che tale potere può essere esercitato nell'ambito dell'attività di vigilanza, sia introducendo ulteriori condotte illecite che possono essere oggetto di sanzione.

Come già detto, la principale novità, sottolineata nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato, è l'introduzione, nell'art. 222, comma 3, lett. a), del potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie (con il limite minimo di euro 500 e il limite massimo di euro 5.000), nell'ambito della vigilanza nei seguenti settori: corretta esecuzione dei contatti pubblici, sistema di qualificazione degli esecutori di contratti pubblici di lavori, qualificazione delle stazioni appalti, digitalizzazione.

La disciplina dell'esercizio di tale potere sanzionatorio, connesso alla funzione di vigilanza, è rimessa al potere regolamentare dell'Autorità, il quale, tuttavia, ad oggi, non è stato ancora esercitato.

Nell'ottica del rafforzamento della potestà sanzionatoria dell'ANAC, il legislatore ha previsto anche un ampliamento delle condotte illecite passibili di sanzione, prima per lo più rappresentate dall'omissione o dalla falsità delle dichiarazioni circa il possesso dei requisiti, di ordine generale o speciale, rese dagli operatori economici in sede di partecipazione alle gare o di richiesta di autorizzazione al subappalto (circa il 90% dei procedimenti sanzionatori avviati da ANAC) e solo in piccole parte (circa il 10%) relative a casi di violazione degli obblighi comunicativi all'Autorità da parte delle stazioni appaltanti.

Tra le nuove condotte illecite per le quali l'ANAC può irrogare sanzioni pecuniarie vi sono: in materia del nuovo accesso, la presentazione di richieste di oscuramento di parti dell'offerta rigettate reiteratamente dalla stazione appaltante (art. 36, comma 6), inadempienze del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti (art. 62, comma 10), l'adozione di artifizi volti ad eludere la qualificazione delle stazioni appaltanti (art. 63, comma 11), l'inadempimento degli obblighi di trasmissione dei dati alla BDNCP, anche da parte delle società in house, in violazione dei provvedimenti adottati da ANAC e degli obblighi di trasparenza (art. 222, comma 9).

È stata confermata l'applicazione di sanzioni amministrative in caso di inadempimento degli obblighi di comunicazione e trasmissione delle modifiche e delle varianti in corso d'opera (art. 120, comma 15), mancata o tardiva comunicazione ad ANAC della sospensione dei lavori (art. 121, comma 7), rifiuto o omissione, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dall'Autorità ovvero di presentazione di informazioni o documenti non veritieri richiesti dall'Autorità, mancata comprova dei requisiti di partecipazione da parte degli operatori economici (nei confronti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori o degli organismi di attestazione), presentazione di dati o documenti non veritieri da parte degli operatori economici (art. 222, comma 13).

In prospettiva de iure condendo, va altresì dato atto della previsione contenuta nell'art. 100, comma 10, la quale, con riferimento al sistema di qualificazione degli operatori economici negli appalti di servizi e forniture (che rappresenta una importante novità del nuovo codice) prevede che il regolamento governativo che andrà a sostituire l'allegato II.12 del codice, conterrà anche la disciplina del regime sanzionatorio connesso al nuovo sistema.

Il fondamento normativo generale della potestà sanzionatoria di ANAC è rappresentato dall'art. 222, comma 13, del d.lgs. n. 36/2023(corrispondente all'art. 213, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016), il quale prevede i limiti minimi e massimi delle sanzioni pecuniarie, richiama i principi di cui alla l. 24 novembre 1981, n. 689 e prevede che l'Autorità disciplina con propri atti i procedimenti sanzionatori di sua competenza.

In evidenza

Con Delibera ANAC n. 271 del 20 giugno 2023, è stato adottato il nuovo Regolamento sull'esercizio del potere sanzionatorio dell'Autorità in materia di contratti pubblici, ai fini dell'adeguamento alle nuove disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36; parzialmente modificato con successiva Delibera n. 65 del 10 gennaio 2024.

Le novità più rilevanti rispetto al precedente Regolamento sono state: l'aggiunta di nuove fattispecie sanzionatorie, la previsione dell'avvio del procedimento in seguito all'accertamento di alcune violazioni nell'ambito dell'attività di vigilanza, la riformulazione della facoltà del soggetto responsabile della violazione di aderire al pagamento della sanzione nella misura del minimo edittale previsto, l'aggiunta della possibilità di concludere il procedimento sanzionatorio con la sospensione della qualificazione della stazione appaltante o con l'attribuzione temporanea di un livello di qualificazione inferiore.

Il procedimento si svolge secondo i principi della l. n. 241/1990 e della l. 689/1981 e deve concludersi nel termine perentorio di 180 giorni, decorrenti dalla data di ricezione della contestazione dell'addebito (art. 13).

La contestazione dell'addebito può essere preceduta da una preliminare richiesta di integrazione di informazioni o documenti (per il cui riscontro il termine non può superare 30 giorni); dalla ricezione della documentazione completa, l'Ufficio ha a disposizione 90 giorni per procedere all'archiviazione della segnalazione o alla contestazione dell'addebito. La fase istruttoria è disciplinata dagli artt. 14 e 15 del Regolamento, che prevede anche l'audizione delle parti e si conclude con la comunicazione delle risultanze istruttorie (art. 17, oggi necessaria solamente se l'Ufficio istruttore ravvisa una diversa qualificazione dei fatti o dell'addebito rispetto all'iniziale contestazione).

Il procedimento può concludersi con l'archiviazione, l'irrogazione della sanzione pecuniaria, l'irrogazione della sanzione pecuniaria e della sanzione interdittiva dell'iscrizione nel Casellario, la sola iscrizione nel Casellario informativo, la sospensione della qualificazione ottenuta dalla stazione appaltante e la cancellazione dall'elenco, l'attribuzione temporanea di una qualifica inferiore (art. 18). Diversi sono gli epiloghi del procedimento in caso di falsa dichiarazione alle SOA (art. 19) e di procedimento avviato contro una SOA (art. 20). I criteri per la quantificazione delle sanzioni sono previsti nell'art. 21: rilevanza e gravità dell'infrazione, con particolare riferimento all'elemento psicologico, attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione, valore dell'appalto o del contratto, eventuale reiterazione della condotta.

Per completare il quadro, va fatto un cenno al Casellario informatico dei contratti pubblici che opera presso la BDNCP, in cui sono annotate le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici, secondo le modalità individuate dall'Autorità, ai sensi dell'art. 222, comma 10, del codice.

Il Casellario è stato istituito per la prima volta con l'art. 7, comma 10, del d.lgs. n. 163/2006 e la relativa disciplina era contenuta nell'art. 8 del d.P.R. n. 207/2010. L'iscrizione nel Casellario, per le fattispecie previste dalla legge, comportava la perdita del possesso di uno dei requisiti generali stabiliti nell'art. 38 d.lgs. n. 163/2006 per poter partecipare alle gare (art. 38, comma 1, lett. h), e comma 1-ter).  Nel Codice del 2016 è stata confermata in capo all'ANAC la funzione di gestire del Casellario, istituito presso l'Osservatorio dei contratti pubblici e contenente tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall'articolo 80 del d.lgs. n. 50/2016. L'art. 213, comma 10, del precedente codice prevedeva altresì che “L'Autorità stabilisce le ulteriori informazioni che devono essere presenti nel casellario ritenute utili ai fini della tenuta dello stesso, della verifica dei gravi illeciti professionali di cui all'articolo 80, comma 5, lettera c), dell'attribuzione del rating di impresa di cui all'articolo 83, comma 10, o del conseguimento dell'attestazione di qualificazione di cui all'articolo 84. L'Autorità assicura, altresì, il collegamento del casellario con la banca dati di cui all'articolo 81

In seguito all'entrata in vigore del nuovo codice, l'impianto del Casellario informatico è rimasto sostanzialmente immutato e si basa sull'acquisizione delle informazioni inerenti il comportamento tenuto dagli operatori economici in fase di gara o nel corso dell'esecuzione del contratto. Ciò per consentire alle stazioni appaltanti di effettuare un giudizio prognostico sull'affidabilità professionale degli operatori economici.

Le annotazioni riportate nel Casellario si distinguono in tre tipologie:

  • le annotazioni a contenuto interdittivo che derivano dagli esiti dei procedimenti sanzionatori di competenza dell'Autorità;
  • le annotazioni a contenuto interdittivo che derivano dagli esiti dei procedimenti di competenza delle Prefetture, del MIT e degli altri enti o autorità preposti (interdittive antimafia, commissariamenti ex art. 32 del d.l. n. 90/2014, controllo giudiziario delle aziende, violazione delle disposizioni a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori adottati dall'Ispettorato del Lavoro);
  • le annotazioni a contenuto non interdittivo, che contengono informazioni sugli operatori economici (c.d. notizie utili).

Con Delibera ANAC n. 272 del 30 giugno 2023 è stato adottato il nuovo Regolamento per la gestione del Casellario informatico dei contratti pubblici.

In evidenza

Il nuovo Regolamento sul Casellario informatico non prevede più la comunicazione di avvio del procedimento da parte dell'Autorità, ma solo un obbligo per la stazione appaltante di inviare ad ANAC le informazioni suscettibili di iscrizione, entro 60 giorni, inviando contestualmente una comunicazione all'operatore. L'operatore non riceverà la notifica dell'annotazione nella sezione “notizie utili” del Casellario, non essendo parte del procedimento. Sulla scorta di tale modifica innovativa, la giurisprudenza ha rilevato che “in assenza di una formale comunicazione da parte di ANAC circa l'avvio del procedimento di annotazione, non appare allo stato esigibile dagli operatori economici un monitoraggio costante delle iscrizioni a proprio carico di cui è ben possibile si venga a conoscenza solo su richiesta di chiarimenti di altra stazione appaltante che in occasione delle verifiche sul possesso dei requisiti di partecipazione si sia imbattuta nell'annotazione” (sentenza TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, 22 gennaio 2024, n. 1110).

In evidenza

In merito all'esercizio del potere di annotazione, la giurisprudenza ha chiarito che l'Autorità è tenuta ad apprezzare la non manifesta infondatezza dei fatti oggetto di segnalazione (cfr. TAR Lazio, sez. I, 23 marzo 2021, n. 3535), oltreché la loro utilità in considerazione delle finalità per cui è stato istituito il Casellario (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1318), mentre è escluso che l'ANAC possa sostituirsi al giudice competente a valutare nel merito la sussistenza dell'inadempimento, attività che esula dal corretto esercizio del potere (amministrativo) di annotazione. A ciò deve aggiungersi, come riporta TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, 29 gennaio 2024, n. 1745, che la giurisprudenza è ormai costante nell'affermare che: i) l'obbligo di motivazione in ordine all'utilità della notizia può ritenersi alleggerito nelle ipotesi in cui vengono in considerazione: “…fatti rilevanti quali illeciti professionali gravi, poiché rispetto ad essi il legislatore ha già effettuato a monte una valutazione in termini di «utilità» della annotazione” (TAR Lazio, Roma, sez. I, 7 aprile 2021, n. 4107, TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, 13 maggio 2022, n. 6032; Id., 6 marzo 2023, n. 3742); ii) la risoluzione del contratto e la revoca dell'aggiudicazione costituiscono ipotesi “tipiche” di annotazione (in quanto provvedimenti “negativi” con onere di motivazione dettagliato in capo alla committenza), rispetto alle quali può riconoscersi ad ANAC un'attenuazione dell'obbligo di motivazione circa l'utilità della notizia, salvo che la fattispecie specifica sia connotata da evidenti elementi di straordinarietà tali da escludere ogni sua utilità in concreto in merito all'affidabilità dell'operatore economico (TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, 5 ottobre 2022, n. 12637; con particolare riferimento alla revoca dell'aggiudicazione, si v. TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, 29 dicembre 2023 n. 19991). L'ambito delle “notizie” che devono confluire nel Casellario informatico è circoscritto; il perimetro è dato dalla idoneità delle informazioni a garantire la realizzazione degli obiettivi della legge. Le iscrizioni sono quelle previste dall'art. 94 del d.lgs. n. 36/2023, nonché le ulteriori informazioni rilevanti ai fini della valutazione del grave illecito professionale (ai sensi dell'art. 98), ai fini dell'attribuzione del rating di impresa (di cui all'art. 109), ovvero per il conseguimento dell'attestazione di qualificazione (ai sensi dell'art. 103).

(Segue). La digitalizzazione dei contratti pubblici e la BDNCP

L'art. 222, comma 3, lett. m) del d.lgs. n. 36/2023 ha assegnato ad ANAC il compito di contribuire al coordinamento della digitalizzazione del sistema dei contratti pubblici da parte della Cabina di Regia, a cui, in base all'art. 221, comma 4, lett. d) compete sovrintendere alla suddetta digitalizzazione.

Come si è anticipato, uno degli elementi di maggiore innovatività del nuovo codice è rappresentato dalla completa digitalizzazione dei contratti pubblici, che costituisce una trasformazione epocale del sistema. Il principio di digitalizzazione, come evidenziato nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato, rappresenta il perno della nuova codificazione e all'Autorità è stato attribuito un ruolo centrale in questo processo, essendo intestataria esclusiva della BDNCP di cui all'art. 62-bis del d.lgs. n. 82/2005, abilitante l'ecosistema nazionale di e-procurement.

La BDNCP gestita da ANAC interagisce, da un lato, con le piattaforme di approvvigionamento digitale certificate utilizzate dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti per gestire il ciclo di vita dei contratti, dall'altro, con le banche dati statali che detengono le informazioni necessarie per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti per gestire le vari fasi del ciclo di vita dei contratti.

Le modalità di funzionamento della BDNCP sono state stabilite da ANAC nella Delibera n. 261 del 20 giugno 2023. È stato, in particolare, costruito un sistema che consente la gestione dell'intero ciclo di vita del contratto tramite la BDNCP, per cui, ad esempio quando la BDNCP riceve, da una piattaforma di approvvigionamento digitale certificata, uno specifico flusso di dati relativo alla pubblicazione di un bando, provvede a rilasciare il CIG e ad assolvere ai relativi obblighi di pubblicazione in ambito europeo e nazionale; allo stesso modo quando la BDNCP riceve dalla piattaforma un flusso di dati relativo ai soggetti che hanno presentato un'offerta, consente l'accesso al fascicolo virtuale dell'operatore economico per effettuare le necessarie verifiche.

Diverse le funzioni garantite dall'Autorità tramite la BDNCP, di seguito sintetizzate:

  • Acquisizione dei CIG: a partire dal 1° gennaio 2024, l'acquisizione del CIG viene effettuata attraverso le piattaforme di approvvigionamento digitale certificate (PAD) che gestiscono il ciclo di vita del contratto, mediante lo scambio di dati e informazioni con i servizi della BDNCP. Con il Comunicato del Presidente del 28 giugno 2024, adottato d'intesa con il MIT, sono state fornite indicazioni sulle modalità di acquisizione del CIG;
  • Interfaccia web della Piattaforma Contratti Pubblici (PCP): fino al 31 dicembre 2024 è consentito alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti l'utilizzo dell'interfaccia web attraverso la PCP di ANAC per gli affidamenti di importo inferiore a euro 5.000, per l'adesione ad accordi quadro e convenzioni, per la ripetizione di lavori o servizi analoghi, per gli affidamenti in house e per ulteriori adempimenti. Le indicazioni sono contenute nei Comunicati del Presidente del 10 gennaio 2024 e del 28 giugno 2024, nonché nella Delibera n. 582/2023;
  • Accesso al Fascicolo virtuale dell'operatore economico (FVOE): nell'ambito della BDNCP, dal 1° gennaio 2024, è operativo il FVOE (disciplinato dagli artt. 24 e 99 del d.lgs. n. 36/2023), che consente l'accesso alle informazioni riguardanti gli operatori economici (concorrenti, ausiliari, subappaltatori) ai fini della verifica del possesso dei requisiti di ordine generale e speciale. La verifica può essere svolta sia durante la procedura di affidamento che in corso di esecuzione del contratto. Il FVOE, da un lato, acquisisce dati e informazioni certificate attraverso i servizi di interoperabilità con gli enti certificanti, dall'altro, consente agli operatori economici di inserire informazioni e certificazioni la cui produzione è a loro carico e che sono necessarie per la comprova. Il funzionamento del FVOE è disciplinato nella Delibera ANAC n. 262 del 20 giugno 2023, adottata d'intesa con MIT e AGID. Ulteriori indicazioni sono contenute nella Delibera n. 582 del 13 dicembre 2023;
  • Pubblicità legale: a partire dal 1° gennaio 2024, l'ANAC è diventata e-sender nazionale, ossia l'unico soggetto abilitato a trasmettere bandi e avvisi all'Ufficio delle pubblicazioni dell'UE e, a partire dalla stessa data, per la pubblicità in ambito nazionale, la Piattaforma per la pubblicità legale presso la BDNCP ha sostituito la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (la pubblicazione è gratuita e i relativi effetti giuridici decorrono dalla pubblicazione sulla BDNCP). Gli adempimenti a carico delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti sono semplificati, in quanto è sufficiente la compilazione dei bandi e degli avvisi sulla piattaforma ANAC (tramite i modelli di formulari europei, c.d. “eform”) per la pubblicazione nella BDNCP, mentre sarà quest'ultima a trasmettere i dati necessari per la pubblicazione a livello europeo. Le modalità di attuazione della pubblicità legale tramite BDNCP sono disciplinate nelle Delibere ANAC n. 263 del 20 giugno 2023 e n. 582 del 13 dicembre 2023;
  • Assolvimento degli obblighi di trasparenza: l'art. 28 del d.lgs. n. 36/2023 ha semplificato gli obblighi di pubblicazione a fini di trasparenza a carico delle stazioni appaltanti, demandando ad ANAC l'individuazione delle informazioni, dei dati e delle relative modalità di trasmissione (definite con Delibere n. 264 del 20 giugno 2023 e n. 601 del 19 dicembre 2023). Le pubblicazioni delle informazioni e dei dati relative al ciclo di vita del contratto vengono pubblicate sulla BDNCP (a cui sono trasmesse dalle piattaforme di approvvigionamento digitale certificate), mentre la sezione Amministrazione Trasparente delle stazioni appaltanti dovrà riportare il collegamento ipertestuale che rinvia alla sezione della BDNCP in cui sono pubblicati i dati.

(Segue). Le altre funzioni: la qualificazione delle stazioni appaltanti, il rilevamento dei prezzi e dei costi standard, il rilascio dei pareri sulla congruità dei prezzi, il rating di impresa, il rating di legalità, il commissariamento delle imprese disposto dal Presidente di ANAC, la Camera arbitrale.

La qualificazione delle stazioni appaltanti

L'art. 222, comma 3, lett. l), e il comma 4, del d.lgs. n. 36/2023 affidano ad ANAC la gestione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza.

Sul piano normativo non si tratta, tuttavia, di un'innovazione, in quanto già il previgente codice prevedeva tale funzione, tanto è che con due precedenti provvedimenti (Delibere n.141 e n. 441 del 2022) l'Autorità era intervenuta a disciplinare la materia.

Tuttavia, con il d.lgs. n. 50/2016, tale sistema non era divenuto operato. Il nuovo codice disciplina il nuovo sistema di qualificazione negli artt. 62 e 63 e nell'allegato II.4, affidando all'ANAC la gestione e la pubblicità dell'elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte, in una specifica sezione, anche le centrali di committenza, ivi compresi i soggetti aggregatori.

Ai sensi del comma 13 dell'art. 63, l'ANAC stabilisce i requisiti e le modalità attuative del sistema di qualificazione di cui all'allegato II.4 rilasciando la qualificazione e può stabilire ulteriori casi in cui può essere disposta la qualificazione con riserva.

Non vi è dubbio come la qualificazione delle stazioni appaltanti rappresenti un importante passo verso una maggiore specializzazione e professionalità delle pubbliche amministrazioni, dunque verso la maggiore efficienza del sistema.

Per approfondimenti si rinvia alla Bussola sulla “Qualificazione delle stazioni appaltanti”.

Rilevamento dei prezzi e dei costi standard

Il nuovo codice, all'art. 222, comma 3, lett. i), mantiene in capo all'ANAC la funzione di elaborare costi standard dei lavori e prezzi di riferimento di beni e servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione. Attraverso tale funzione, si mira a favorire l'economicità dei contratti pubblici e la trasparenza delle condizioni di acquisto, soprattutto per quanto concerne i settori del mercato che risultano di maggiore impatto in termini di costo a carico dell'Amministrazione. L'individuazione dei prezzi di riferimento consente alle stazioni appaltanti di verificare se il prezzo che stanno sostenendo sia ottimale o meno e rappresenta un parametro utile sia alle stazioni appaltanti, nella predisposizione degli atti di gara, sia ai soggetti vigilanti, per valutare l'operato delle stazioni appaltanti, permettendo di prevenire fenomeni corruttivi e comportamenti inefficienti.

Tra le indagini più significative svolte dall'Autorità, si ricordano quelle relative all'individuazione dei prezzi di riferimento del servizio di ristorazione in ambito sanitario, quella sui prezzi dei farmaci e dei dispositivi medici, l'indagine conoscitiva sull'esternalizzazione dei servizi medici ed infermieristici c.d. medici a gettone, sui prezzi della ristorazione in ambito scolastico e sulla carta in risme.    

Rilascio dei pareri sulla congruità dei prezzi

È rimessa ad ANAC anche la competenza del rilascio dei c.d. pareri di congruità sui prezzi di cui all'art. 140, comma 10, del d.lgs. n. 36/2023. La norma prevede che limitatamente agli appalti pubblici di forniture e servizi di cui al comma 6 (procedure di somma urgenza), di importo pari o superiore a 140.000 euro, per i quali non siano disponibili elenchi di prezzi definiti mediante l'utilizzo di prezzari ufficiali di riferimento, quando i tempi resi necessari dalla circostanza di somma urgenza non consentano il ricorso alle procedure ordinarie, gli affidatari si impegnano a fornire i servizi e le forniture richiesti ad un prezzo provvisorio stabilito consensualmente tra le parti e ad accettare la determinazione definitiva del prezzo a seguito di apposita valutazione di congruità. Sul sito istituzionale dell'ente sono pubblicati gli atti relativi a tali affidamenti, con specifica indicazione dell'affidatario, delle modalità della scelta e delle motivazioni che non hanno consentito il ricorso alle procedure ordinarie. Contestualmente, e comunque in un termine congruo compatibile con la gestione della situazione di emergenza, sono trasmessi all'ANAC per i controlli di competenza, fermi restando i controlli di legittimità sugli atti previsti dalle vigenti normative.

Tale previsione ha assunto un ruolo rilevante nel periodo emergenziale dovuto alla pandemia da Covid-19, durante il quale l'ANAC ha rilasciato numerosi pareri di congruità dei prezzi soprattutto con riferimento ad acquisti di beni e servizi sanitari. Si tratta di una attribuzione importante che consente, anche a posteriori, di verificare se il prezzo pagato dalla stazione appaltante in una fase di urgenza è congruo o meno.

Rating di impresa

L'art. 109 del d.lgs. n. 36/2023, riprendendo e innovando la disposizione contenuta all'art. 83, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, istituisce, presso l'ANAC, un sistema digitale di c.d. rating di impresa, connesso alla qualificazione degli operatori economici e ora destinato ad operare quale elemento del FVOE.  

Le principali innovazioni rispetto alla disciplina vigente riguardano la semplificazione del sistema e il suo collegamento con il fascicolo virtuale dell'operatore economico. Il sistema è fondato su requisiti reputazionali, valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che esprimo l'affidabilità dell'impresa in fase esecutiva, il rispetto della legalità, l'impegno della stessa impresa sul piano sociale. È attribuita ad ANAC la competenza di definire gli elementi del monitoraggio, le modalità di raccolta dei dati e il meccanismo di applicazione del sistema, al fine di incentivare gli operatori al rispetto dei principi del risultato e di buona fede e affidamento. Sotto il profilo temporale, viene prevista l'attuazione di tale sistema entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del codice.

Rating di legalità

L'art. 222, comma 7, del d.lgs. n. 36/2023 prevede la collaborazione di ANAC con l'AGCM per la rilevazione dei comportamenti aziendali meritevoli di valutazione al fine dell'attribuzione del rating di legalità. Si tratta di uno strumento accessibile solo ad imprese che rispettano determinati requisiti, tra cui un fatturato annuo minimo (euro 2.000.000), come indicato nel Regolamento attuativo in materia in materia di rating di legalità adottato da AGCM con Delibera del 15 maggio 2018 e successivamente modificato con Delibera n. 28361 del 28 luglio 2020. Il conseguimento di un buon punteggio permette di ottenere i vantaggi previsti dalla legge, come la concessione di finanziamenti pubblici o l'accesso al credito bancario.

L'ANAC fornisce il proprio contributo all'AGCM, rendendo disponibili le informazioni possedute relative alla condotta degli operatori economici. In particolare, l'ANAC verifica che le imprese richiedenti il rating non siano destinatarie di provvedimenti sanzionatori in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e contratti pubblici di natura pecuniaria e/o interdittiva, e che nei loro confronti non sia stata adottata la misura della straordinaria e temporanea gestione, prevista dall'art. 32, comma 1, lett. b) del d.l. n. 90/2014.

Il commissariamento delle imprese disposto dal Presidente di ANAC

Il potere di disporre il commissariamento delle imprese ai fini di anticorruzione è attribuito al Presidente dell'Autorità dall'art. 32 del d.l. n. 90/2014, il quale, in presenza dei presupposti previsti dalla legge, può formulare una proposta al Prefetto del luogo in cui ha sede la stazione appaltante di accertare l'esistenza dei presupposti per l'attivazione del procedimento nonché la gravità dei fatti oggetto dell'indagine.

Tra le diverse misure adottabili dall'organo monocratico di vertice dell'ANAC ai sensi dell'art. 32 del decreto citato solo una di queste appare riconducibile alla fattispecie del commissariamento in senso proprio. La disposizione in esame prevede, infatti, tre modalità di intervento, due delle quali possono essere adottate in progressione temporale tra di loro, ed una terza alternativa alle prime due.

Quanto alla prima, di cui all'art. 32, comma 1, lett. a), essa consiste nel riconoscere all'impresa la possibilità di rimuovere in extremis l'elemento di illiceità che impedisce la prosecuzione dell'appalto, estromettendo dalla governance societaria entro trenta giorni il soggetto coinvolto nella commissione dei reati elencati in tale disposizione. Nel caso in cui non si proceda alla dissociazione effettiva dell'impresa in questione dalla fattispecie delittuosa, mediante sostituzione del soggetto indagato dall'Autorità penale, il Prefetto dispone nei successivi dieci giorni la misura del commissariamento. Tale seconda fattispecie di intervento risulta attivabile anche direttamente, ai sensi dell'art. 32, comma 1, lett. b), nei casi più gravi e che necessitano di un intervento non dilazionabile.

L'ultima misura attivabile, disciplinata dall'art. 32, comma 8, attiene invece a quei casi meno gravi di corruzione, ossia ove le indagini riguardino componenti di organi societari diversi da quelli apicali, nei quali risulta sufficiente intervenire attraverso forme di sostegno e monitoraggio delle imprese che non comportano la sostituzione degli organi di gestione, ma esclusivamente l'affiancamento a questi ultimi di massimo tre esperti incaricati di fornire suggerimenti e prescrizioni operative finalizzate a guidare la società verso il ripristino della legalità violata.

La Camera arbitrale (rinvio)

Presso l'ANAC è istituita la Camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, disciplinata dall'art. 214 del d.lgs. n. 36/2023. La Camera arbitrale cura la formazione e la tenuta dell'Albo degli arbitri per i contratti pubblici, redige il relativo codice deontologico e provvede agli adempimenti necessari alla costituzione e al funzionamento del collegio arbitrale.

Per approfondimenti, si rinvia alla Bussola “Camera arbitrale”.

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